
Il pozzo di Talete a cura di Lorenzo Buttini
Giugno 2006
CHE COSA E’ LA FILOSOFIA
( Terza parte)
Nel I° articolo dedicato a questo
tema abbiamo dato varie definizioni della filosofia, ma l’elenco
non era completo. Tra le mancanti ve ne è una di Platone
nell’ “Eutidemo”, per me una delle più
esaustive. Vi si dice, infatti, che “la filosofia è
l’uso del sapere a vantaggio dell’uomo” aggiungendo
poi che a nulla servirebbe all’uomo la padronanza di una
scienza che trasformi le pietre in oro se poi non sa servirsi
dell’oro come pure a nulla servirebbe una scienza capace
di rendere immortali se poi non si sa che farcene dell’immortalità.
Quale il significato? Che occorre una scienza in cui vi sia coincidenza
tra il fare ed il sapersi poi servire di questo fare e questa
scienza è la filosofia, la quale comporta così due
elementi:
- possesso di una conoscenza quanto più valida ed estesa
possibile;
- uso di questa conoscenza a vantaggio dell’uomo.
Se esaminiamo alcune filosofie vediamo come realizzano il concorso
dei due elementi.
Per Cartesio “la filosofia è studio della saggezza
con cui si vuole indicare non solo la prudenza negli affari ma
una completa conoscenza di tutte le cose che l’uomo può
aspirare a conoscere per la condotta della vita, la salvaguardia
della salute e l’invenzione delle arti” .
Per Hobbes”la filosofia è certamente una conoscenza
delle cause, ma anche il suo utilizzo a profitto dell’uomo”
Kant definirà la filosofia “scienza della relazione
di ogni conoscenza al fine essenziale della ragione umana”,
fine che per lui coincide con la “felicità universale”.
Sono definizioni che soddisfano la formula platonica, la quale
contiene un ulteriore vantaggio perché nulla dice sulla
natura ed i limiti del sapere dell’uomo né le finalità
cui il sapere mira. Il sapere allora può essere inteso
sotto un duplice aspetto: rivelazione o possesso oppure conquista
o ricerca ed il suo utilizzo finalizzato o alla salvezza ultraterrena
o mondana dell’uomo oppure all’acquisizione di beni
di natura spirituale o materiale o, infine, alla realizzazione
di un mutamento nel mondo. Nella formula platonica possono allora
rientrare tanto le filosofie positive o dommatiche quanto quelle
negative o scettiche.
Quando lo Scetticismo classico, attraverso la sospensione dell’assenso,
propugnava il raggiungimento dell’imperturbabilità
dell’anima, non concepiva forse la filosofia come uso del
sapere per un vantaggio dell’uomo? E quando Wittgenstein
vedeva lo scopo della filosofia nella guarigione dai problemi
che essa stessa poneva non troviamo una concezione della filosofia
volta ad un vantaggio, anche se nella fattispecie questo vantaggio
è liberarsi dalla stessa filosofia?
Nella formula dell’Eutidemo vi è il concorso di due
elementi: il sapere filosofico ed il suo correlato scopo. Tenendo
presente l’uno o l’altro, cioè la natura o
la validità del sapere oppure lo scopo cui finalizzarlo,
da un punto di vista storico possiamo distinguere vari significati
della filosofia.
Troveremo filosofie che parlano dell’origine divina del
sapere, lo concepiscono come una rivelazione, un dono dato dalla
divinità all’uomo, oppure filosofie che parlano dell’origine
strettamente umana del sapere che è, quindi, solo una faticosa
conquista dell’uomo.
La più antica concezione è la prima, dove la rivelazione
del Dio è un privilegio concesso solo ad uno o più
uomini e viene trasmessa esclusivamente all’interno di una
ristretta cerchia di “privilegiati” che nel loro insieme
danno luogo ad una casta, una setta o una chiesa, Gli altri comuni
mortali vi possono accedere solo attraverso l’aiuto dei
depositari della divina illuminazione. Il sapere, ovviamente,
non può essere sottoposto a verifica perchè vi contrasta
il suo carattere di rivelazione divina; il vantaggio che dà
è la salvezza oltremondana. In tali filosofie non ha senso
il lavoro del filosofo o, se lo ha, è molto limitato in
quanto deve solo adattare la rivelazione al livello intellettivo
dell’uomo oppure difenderla contro eventuali eterodossie.
Il ruolo della ragione è “ancillare”.
Appartengono a questo gruppo le filosofie “orientali”,
di cui si dubita che possano essere tali, ma ne fanno parte anche
quelle occidentali, le c.d. “filosofie scolastiche”
che diversamente dalle orientali vogliono illuminare verità
religiose, essere strumento di educazione dell’uomo (da
ciò la definizione “scolastica”) per avvicinarlo
ad un sapere che in se stesso è immutabile.
Gli esempi di tali filosofie sono numerosi perché si va
dalla setta filosofico-religiosa degli Esseni al Neo-platonismo,
dalla filosofia giudaica a quella islamica, dalla Patristica alla
Scolastica, dall’Immaterialismo allo Spiritualismo del ‘900,
dall’Occasionalismo alla Destra hegeliana. Sono accomunate
dal fatto di essere filosofie che richiamandosi ad autori quali
Platone, Aristotele, Cartesio, Hegel, ecc. tentano attraverso
loro di interpretare credenze non rettificabili o negabili.
(Continua)
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