Droga
? No Grazie
Aprile 2009
Alle nove di un qualunque mattino di una scuola superiore, uno
studente del 1° anno è stato trasportato d’urgenza
al pronto soccorso: diagnosi, coma etilico.
Il Preside dell’Istituto mi ha invitato a dare un contributo
con la mia testimonianza.
Mi sono recato all’appuntamento con angoscia, di fronte
a un episodio davvero grave; la sensibilità della parola
deve camminare con la responsabilità del confronto.
Nel dialogare per conoscere le problematiche della trasgressione
che diventa spesso devianza, di come e quanto nell’assunzione
di sostanze, nella più grande discesa c’è
solamente la più dura salita, lo spavaldo di turno mi diceva
che lui la canna la fumava, ma non si considerava assolutamente
un drogato.
Un altro simpatico provocatore mi sgridava, perché a suo
dire non aveva bisogno di nessuno, si aiutava da solo per risolvere
i suoi problemi.
Infine qualcuno ha sostenuto che non c’è necessità
di chiedere una mano all’altro, né di affidare ad
altri il proprio dolore, meglio custodire nel silenzio le proprie
sofferenze, proprio perché gli altri “ ti fregano
quando dai fiducia “.
Senza rendersene conto stavano sciorinando i colpi bassi che avevano
condotto in sala rianimazione il loro compagno: le presunzioni,
le assenze, le fughe in assunzioni di coraggio al millesimo, il
nuovo disagio, quello dell’angolo autistico.
Fin troppo facile ricorrere all’eredità lasciata
e trapassata dalla mia adolescenza, per tentare di avvertire chi
ho innanzi del pericolo insito nei rischi estremi, quelli che
non hanno parentela con alcuna capacità di scelta né
di libertà.
I ragazzi ora tacciono, riflettono sull’intorno reale, su
qualcuno che manca all’appello, ma in questa aula magna,
mi accorgo improvvisamente che non riesco a sbattere contro l’inadeguatezza
e l’indifferenza dei docenti, di quanti hanno giudicato
e condannato, e con la stessa superficialità hanno scelto
di andare a fare la spesa o qualche altra commissione, assai meno
impegnativa del partecipare a questo incontro, sottraendo alla
discussione quella parte di criticità vitale, affinché
all’istruire trasmettendo nozioni, possa affiancarsi l’arte
dell’educare, tirando fuori e costruendo insieme, intuizioni
e passioni e ideali nuovi, perché questo disagio non abbia
a decantare lodi all’imbocco dei vicoli ciechi…..
Vincenzo Andraous
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