Giovani
e disagio
Aprile 2009
Perché in questi ultimi tempi, si verificano fatti delinquenziali
compiuti da adolescenti e giovani adulti, non piu’ e non
solo di bassa estrazione sociale, ma provenienti da famiglie borghesi
e benestanti?
La domanda mi ha fatto pensare ad un’altra dimensione, infatti
a ben guardare persino in una prigione ogni cosa non e’
piu’ al suo posto, “ le gabbie di partenza “
non sono piu’ le stesse, se osserviamo con attenzione, ci
accorgiamo che i tossicodipendenti abbondano, che i giovani non
sono piu’ quelli di una volta, che per una precisa scelta
di vita decidevano di imboccare il vicolo cieco, consapevoli del
rischio di andare a sbattere la testa.
Se il problema sicurezza e’ più legato al crimine
di piccolo cabotaggio, allora i ragazzi che sopravvivono nelle
patrie galere somigliano piu’ ad un groviglio di vite disastrate
in dipendenze di ogni genere.
Quando poi l’irreparabile accade, l’illusione da parte
del nucleo famigliare, di essere per-bene, perché si è
raggiunto un benessere economico, crolla insieme alla convinzione
che ciò non può comportare alcun tipo di rinculo.
Eppure è in questo modo di vivere “ sempre in piedi
“ che nasce l’iconografia del nuovo disagio, in un
imperativo che contempla e avvolge come linguaggio contemporaneo,
che sovverte i lignaggi, le religioni e le politiche, quel linguaggio
che mette a soqquadro e drammaticamente inverte il concetto di
“ essere con l’avere “.
Quale famiglia resiste ai conflitti se gli stili educativi corrono
sull’atomizzazione dell’ascolto, in rifugi costruiti
a misura che deresponsabilizzano, così facendo è
ben più stimolante non subordinare mai le passioni alle
regole, a tal punto da trovarsi disarmati e arresi gia in partenza.
Le responsabilità penali sono sempre individuali, come
le vite a perdere di tanti ragazzi, ma forse le armi usate nelle
loro contese, sono quelle che i grandi lasciano senza protezione
all’intorno, sono le armi delle parole, quelle parole che
teatralmente condannano la violenza, per poi esortare i propri
figli a non credere a nessuno, neppure alle tante storie anonime,
drammatiche, devastanti, scritte e cancellate nella frazione di
uno sparo.
Vincenzo Andraous
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