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Il pozzo di Talete a cura di Lorenzo Buttini
Dicembre 2005

LA STORIA
DELLA FILOSOFIA

Ha ancora senso studiare i filosofi, specie quelli più antichi? La storia della filosofia ha ancora qualcosa da dire all'uomo d'oggi o è solo una sequela di opinioni succedutesi nel tempo?
A tali quesiti non posso che rispondere positivamente, anche se qualche articolo ha potuto generare equivoci.
La filosofia, intesa come crescente consapevolezza che l'uomo acquista di se stesso, non va mai separata da quella che è la sua dimensione storica. Hegel vedeva una coincidenza tra filosofia e storia della filosofia, per lui ogni filosofia era stata un passo necessario e, perciò, nessuna poteva essere accantonata, ma ognuna andava conservata come momento di un tutto organico: "ogni filosofia rappresenta il risultato dei principi precedenti ed i principi vanno mantenuti". La storia della filosofia, pur essendo una vera e propria storia, non tratta però un mondo scomparso, perché il contenuto di questa specifica storia sono i prodotti della razionalità e questi non svaniscono. Nella filosofia si raggiunge il vero che è eterno in quanto "non può esistere in un tempo e in un altro no, è vero sempre e in ogni tempo". Ritorna allora attuale quanto sostenuto dagli umanisti:"non siamo che nani sulle spalle dei giganti". Lo diceva anche Bernard de Chartres: la nostra ragione sarà tanto più potente e tanto più potrà guardare in lontananza quanto più avremo acquisito il pensiero dei "classici"(i giganti), perché issandoci sulle loro spalle possiamo dirigere il nostro sguardo più in lontananza. I filosofi non possono fare a meno delle conquiste dei loro predecessori: il patrimonio di razionalità è il risultato del lavoro di coloro che hanno operato prima.
Pure le altre scienze ampliano i propri orizzonti partendo da quanto già raggiunto. Nella filosofia però gli stadi precedenti sono sempre presenti nella comprensione del mondo, perché essa è sorta come conoscenza razionale e come tale non è conoscenza immediata, ma "mediata", poggia su una concatenazione di termini ognuno dei quali è l'anello di una catena. Nella filosofia nessun termine della catena del ragionamento è superfluo. Al contrario della conoscenza sensibile che è immediata e diretta (vedo un albero, sento un fruscìo, gusto un frutto, ecc.) il ragionamento è "mediato", cioè passaggio da un termine all'altro, e perciò non può essere istantaneo ma deve svilupparsi nel tempo. La filosofia si sviluppa nella sua storia. Ciò che trasformò le varie scienze nella filosofia fu un mutamento qualitativo delle stesse che, da conoscenze settoriali e finalizzate a scopi pratici, divennero aspetti di una riflessione globale che voleva comprendere la totalità delle cose mediante una spiegazione razionale e a prescindere da ogni scopo pratico. Più volte parleremo del carattere teoretico della scienza greca, ma un aneddoto può chiarire meglio di ogni ragionamento: si narra di un giovane che, avendo appreso da Euclide una nozione geometrica, chiese al maestro cosa avrebbe potuto ricavarne; Euclide gli fece consegnare dal suo schiavo una moneta d'oro allontanandolo dalla scuola. Le scienze settoriali descrivono e classificano i vari aspetti della realtà (piante, animali, ecc.), la filosofia, invece, vuole cogliere l'unità del reale al di là dell'apparente disordine della molteplicità
Giustamente Reale ha detto che la filosofia alle sue origini ha tre elementi di base:
1) si rivolge alla realtà globalmente intesa (il "tutto") e non ad un suo aspetto;
2) vuole essere una spiegazione razionale di questa realtà;
3) mira alla conoscenza pura, scevra da ogni utilità pratica.
Già in Talete,il primo filosofo, notiamo la loro presenza :
1) pur essendo astronomo, fisico, matematico ricerca il principio del tutto, utilizza le sue conoscenze settoriali per una comprensione globale della realtà;
2) ritiene che tale principio è l'acqua. Anche nella mitologia omerica, come abbiamo avuto occasione di dire, vi era una spiegazione simile, ma qui cambia totalmente la prospettiva perché Talete formula questo principio attraverso una riflessione razionale. Nella spiegazione del reale il mito è sostituito dal "logos";
3) come visto nell'aneddoto di Aristotele, Talete dimostrò che per il filosofo è facile arricchirsi, ma non è ciò che egli vuole.
Ritornando all'utilità dello studio della storia della filosofia dobbiamo rilevare che molti manuali tendono a presentarla come una sequela di opinioni la cui conoscenza diventa solo semplice erudizione che nessun valore aggiunto apporta alla comprensione che si vuole avere di sé, degli altri e della realtà tutta. Una tale storia appare del tutto inutile perché l'opinione è una rappresentazione soggettiva e non può diventare pensiero universalmente valido. Hegel diceva che chi parla di opinioni filosofiche, anche se ha scritto di storia della filosofia, è privo dei primi fondamenti perché "la filosofia è scienza oggettiva della verità, scienza della necessità della verità, conoscenza concettuale e non già un opinare o una sfilza di opinioni". Per Hegel filosofare è un po' come nuotare e come non si può pretendere di imparare a farlo senza immergersi nell'acqua così non si può comprendere la filosofia prima di esercitarsi in essa, prima cioè di filosofare e per farlo occorre conoscerne la storia.

lbuttinifilos@aliceposta.it

 
 
 
       

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