GIUSEPPE
PARINI: IL POETA BISTRATTATO
(PARTE OTTAVA)
Dicembre 2006
di Eros Baseotto
Lo
scorso mese abbiamo lasciato Parini alle prese con la composizione
dell’elogio funebre commissionatogli in onore di Maria Teresa
d’Austria, ma ora è tempo di lasciarci l’augusta
imperatrice alle spalle e onorare il nuovo imperatore: Giuseppe
II, figlio di Maria Teresa. Il nuovo regnante diede immediatamente
il via a una cospicua serie di riforme che portarono a un vero
e proprio scombussolamento dell’ordine costituito. L’imperatore
cercò anche di riformare le Scuole Palatine. Tanto zelo,
però, causò non poco malumore nei sudditi e anche
Parini ebbe a preoccuparsi per il suo futuro di insegnante; ma
il poeta si doleva a torto poiché l’insegnamento
gli venne confermato senza indugio. L’anno 1780 vide anche
la morte di Domenico Balestrieri di cui Parini fu grande amico,
tant’è che gli dedicò uno dei pochissimi sonetti
scritti in lingua milanese. In quello stesso anno pubblico nel
tomo XII delle “Rime degli Arcadi” ben quindici sonetti
e “La vita Rustica”. Due anni dopo morì il
ministro plenipotenziario Firmian per cui il poeta bosisiese perse
il suo più grande protettore. Ma i guai non vengono mai
da soli, recita un antico adagio, e anche in questo caso non possiamo
far altro che dar ragione al proverbio. Parini perse infatti anche
il beneficio ecclesiastico legato a Santa Maria Assunta di Lentate
e naturalmente perse anche gli introiti ad esso collegati. Tuttavia,
nonostante gli eventi negativi, qualche raggio di sole venne a
scaldare l’animo del poeta. Egli infatti passò parte
del suo tempo in compagnia dei suoi amici letterati, tra i quali
possiamo annoverare l’Alfieri e… tanto per aggiungere
una nota piccante alla cronaca del tempo… non va certo dimenticata
la compagnia di belle donne quali Cecilia Tron. A proposito di
Alfieri va detto che nel 1783, trovandosi egli a Milano, si recò
a Brera per far visita all’amico. Gli incontri fra i due
uomini di cultura furono parecchi e Alfieri fece tesoro dei suggerimenti
di Parini. A testimonianza di quanto dico ci sono le parole stesse
del letterato astigiano: «Di Masino tosto ritornai a Milano,
e ci vidi assai spesso l’originalissimo cantore del Mattino,
vero precursore della futura satira italiana. Di questo celebre
e colto autore procurai d’indagare, con la massima docilità,
e con sincerissima voglia di imparare, dove consistesse principalmente
il difetto del mio stile in tragedia. Il Parini, con amorevolezza
e bontà, mi avvertì di varie cose, non molte, a
dir vero, importanti...» Nel 1785 accadde a Parini una disavventura,
che egli tradusse in rima, con quella che sarebbe passata alla
storia come “La caduta”. Ancora una volta a fornire
materiale per la nostra “storia” è un accadimento
banale: Il poeta sta camminando per strada in una fredda giornata
d’inverno e inciampando fa’ un ruzzolone andando a
finire disteso in mezzo alla pubblica via. Viene immediatamente
soccorso da un passante che, riconosciutolo, tesse le lodi per
la sua opera e lo incita a usare un po’ più la carota
e un po’ meno il bastone con la nobiltà milanese.
Il poeta, però rimprovera il suo soccorritore apostrofandolo
con le parole: “Umano sei, non giusto”. Tradotta in
soldoni la vicenda può essere letta in questo modo. Il
soccorritore cerca di far capire a Parini che se ogni tanto piegasse
il capo dinnanzi alle nefandezze dei nobili potrebbe, in cambio,
ricevere da questi maggiori favori e magari una posizione economica
migliore. Il poeta controbatte sostenendo che il suo salvatore
analizza la vicenda solo dal lato umano, ignorando quello che
richiede la giustizia; il che vale a dire che Parini, nonostante
tutto e tutti, rimase sempre coerente con sé stesso. Non
a caso, se andiamo a rileggere i versi de “La vita Rustica”
vi troviamo propugnato il testamento spirituale del poeta: “Il
secol venditore mercar non mi vedrà”. Che potremmo
tradurre con un qualcosa del tipo: “In questo tempo in cui
tutti possono essere comperati con il denaro io non sono certo
in vendita”. E dire che ci sono persone che mettono in dubbio
l’attualità della poetica pariniana (n.d.r.). Come
è noto l’anno 1789 segnò l’inizio della
Rivoluzione Francese, ma al di qua delle alpi le acque sono più
calme, per cui vediamo Parini intento a scrivere lettere a…
Silvia Curtoni. Come ormai ben sappiamo le lettere del poeta vertono
a esaltare la bellezza femminile e certo non possiamo dargli torto.
Mentre il letterato bosisiese scrive le sue missive accade però
che anche Giuseppe II segue la madre, passando a miglior vita
per cui si prospetta un nuovo cambio al vertice. Il nuovo regnate
è Leopoldo II e, tanto per cambiare, anche il nuovo imperatore
viene invaso dal “sacro furore” di voler cambiare
lo stato delle cose e… tanto per cambiare… ancora
una volta Parini teme per la sua cattedra, ma… tanto per
cambiare… il poeta viene riconfermato e, anzi, gli viene
pure assegnato un aumento di stipendio! A sottolineare il miglioramento
delle condizioni economiche di Parini è il suo stesso biografo;
l’ormai famoso Francesco Reina; il quale scrisse: «Succeduto
nell’Austriaca Eredità, e nell’Impero Germanico
Leopoldo II recossi a Milano; e si avvenne in Parini. L’imperadore
osservò fisso questo sciancato, che maestosamente zoppicava,
e per maraviglia ne domandò ad uno del corteggio, che dissegli:
quello essere il Parini. Stupì l’Imperadore che un
uomo sì celebre e venerando si strascinasse pedestre, e
comandò che gli si desse stipendio maggiore. Gli fu allora,
per la sollecitudine di Emanuele Kevenhüller, conferita la
Prefettura degli studj di Brera con migliori condizioni.»
Beh, anche per questa volta ci fermiamo e lasciamo Parini a godersi
il suo meritato aumento di salario. Pian piano ci stiamo avviando
verso la fine di questa biografia informale del letterato bosisiese.
Finalmente direte voi! A me invece un pochino dispiace e dopo
la prossima, che credo sarà la nona ed ultima puntata della
saga mi sentirò un po’ più solo, come se un
amico venuto a trovarmi fosse ripartito! E voi che ne pensate?
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