I
corni di Canzo
Dicembre 2007

Con “Corni di Canzo” (in lingua
locale, Còrni o Curunghèj o Culunghèj) vengono
denominate tre cime rocciose, disposte da est a ovest, tali da
sembrare dei “corni” ben visibili arrivando da Milano.
Queste cime prendono il nome dal comune di Canzo entro cui si
sviluppa la Val Ravella e di cui, le prime due occidentali, ne
delimitano la testata settentrionale ed al contempo costituiscono
il confine fra il comune di Canzo e quello di Valbrona, mentre
la terza cima, la più bassa, è nel territorio del
comune di Valmadrera. Il Corno occidentale e quello centrale sono
alti rispettivamente 1.371 e 1.368 metri (sembra che il secondo
sia più elevato di alcuni centimetri), mentre quello orientale
raggiunge un’altitudine di 1.232 metri. Sono meta prediletta
degli escursionisti e in alcuni tratti ci sono delle ferrate.
A 1.125 m di quota, proprio sotto il Corno centrale, sul versante
rivolto a nord, è situato il rifugio SEV. I Corni di Canzo
sono le cime più elevate della costiera che separa il corso
del Lambro dal lago di Lecco. Si presentano con un versante settentrionale
in gran parte roccioso e con i restanti versanti, quello meridionale
e quello occidentale, generalmente erbosi. Il panorama che l’alpinista
può godere dalle cime del gruppo è vasto e attraente.
In basso si stendono la Valassina percorsa dal Lambro, i Piani
d’Erna, le colline della Brianza, la Valbrona, che si affaccia
sul ramo di Lecco, i laghi di Oggiono, di Olginate e di Garlate,
e il pigro corso dell’Adda, che solca la pianura lombarda,
limitata dai profili delle prealpi. Più nel dettaglio,
la Val Ravella divide due catene parallele e vicine: quella del
Cornizzolo-Rai e quella dei Corni di Canzo-Moregallo. Entrambe
le catene sono estremamente complicate ed interessanti da un punto
di vista morfologico. Da un punto di vista geologico il “Triangolo
Lariano” presenta alcuni anticlinali che toccano i diversi
raggruppamenti montuosi interessati durante le ere geologiche
da fenomeni comuni. Riusciamo quindi a tracciare linee ben definite,
quali :
- Brunate-Cornizzolo-Rai;
- Bolettone-Corni di Canzo-Moregallo;
- Palanzone-Moregallo nord.
A Valbrona, nei pressi della chiesetta di San Rocco, parte una
strada asfaltata che porta al rifugio S.E.V. (Società Escursionisti
Valmadreresi), sito in località Pianezzo, sotto il Corno
Centrale. Però, attenzione, una sbarra impietosa impedisce
l’accesso agli automezzi ad un’ora di marcia dal rifugio.
Decisamente più impegnativo, l’accesso dalla Val
Ravella, via rifugio Terz’Alpe, con partenza dalla fonte
Gajum di Canzo. Ancora maggiore il dislivello, partendo da Valmadrera
o Malgrate, lungo l’itinerario che passa da Sambrosera o
da S. Tomaso. Storicamente i Corni di Canzo campeggiano nel simbolo
e nel gonfalone del Comune di Valmadrera quasi a significare che
la forza e le risorse di questa città si fondano sui suoi
monti, i Corni, sotto i quali il Corno Rat chimato su qualche
rivista alpinistica Quarto Corno, “protegge” il conosciuto
abitato di S. Tomaso.
LEGGENDA DEI CORNI DI CANZO
Ci sono stati tempi lontanissimi in cui
gli Arcangeli facevano guerra ai Diavoli e le due opposte schiere
erano fittissime, così che non c’era pace in nessun
angolo del cielo e della terra; dall’una e d’altra
parte si combatteva e si picchiava. Da quaranta giorni era tutto
un turbinare d’ali bianche e nere, di spade fiammeggianti
e di palle di fuoco, parolacce e scherzi umilianti; né
si veniva a capo di nulla. Gli Arcangeli, furenti come non erano
mai stati in grazia della loro natura angelica, decisero di porre
fine alla lotta con uno scherzo malvagio o una fregatura solenne,
insomma con un’estrema soluzione per sconfiggere Canzio
generale dei Diavoli e tutta la sua diavoleria. Era Canzio un
essere gigantesco e cattivissimo, con orribili corna sulla testa,
grande come l’attuale Pian d’Erba; quando apriva la
bocca era come se si spalancasse una voragine e quando bestemmiava
era come se mille tuoni rombassero tutti insieme. Della delicata
questione fu incaricato un Arcangelo che anche lui un “ciappino
dell’altro mondo” quanto a furberia e che colse l’occasione
di domenica, all’alba. Innanzitutto la domenica è
già un giorno gramo per i diavoli, poi suonano le campane
della Messa solenne, inoltre i villani tirati a lucido si riuniscono
per cantare inni al Signore. Come se non fosse sufficiente tutto
ciò, il gran Canzio non stava affatto bene: aveva due denti
infiammati e bestemmiava come un turco a causa di un callo, che
gli faceva vedere le stelle e lo costringeva a stare carponi.
In quei tempi, come ognuno sa, non si portavano brache e da qualunque
punto del cielo erano visibili i giganteschi emisferi sotto la
coda, sollevata e attorcigliata per il dolore. Vide questo l’Arcangelo
e preso un pugno di grani di pepe primordiale, li infilò
veloce nel sottocoda di Canzio. Questi per il bruciore intollerabile
che sentiva, girò la testa e non fece in tempo a dire nemmeno
“porca miseria”, che l’Arcangelo gli soffiò
in faccia polvere di elleboro, massimamente starnutoria, attraverso
una cannuccia. Il gran diavolo non riuscì a reprimere un
colossale starnuto, così potente che la sua testa andò
a conficcarsi in terra, staccandosi di netto le corna dalla fronte
nel tentativo di svellerle; il cozzo rese instabile la protesi
e alcuni denti finti gli uscirono di bocca, fissandosi qua e là
nel terreno. Della sua schiera alcuni dissero “salute”
e uno disse “crepa”: si trattava di un grosso Diavolo
di nome Piombo. Canzio furibondo, a pedate potenti lo sprofondò
fino al centro del mondo, poi dette l’ordine di ritirata.
Neppure questa fu eroica: doveva andar piano, claudicante per
via del callo e per il bruciore al sottocoda e come piangeva di
rabbia! Tanto da riempire di lacrime le sue gigantesche orme...
così va il mondo! Gli Arcangeli, a cui si unirono i Serafini
e i Cherubini, levando grida di gioia e di clamore, chiesero a
Dio di unirsi a loro e dare un segno della propria soddisfazione.
Dio Onnipotente volle che le corna di Canzio e i suoi denti fossero
mutati in pietre e prendessero forma di monti col nome di “Corni
di Canzo”, delle “Grigne” e del “Resegone”.
Poi dette ordine che il baratro aperto dal luogotenente Piombo
sì chiamasse “Buco del Piombo”; che le lacrime
dessero origine a un fiume perenne, da chiamarsi “Lambro”;
che le impronte colme di liquido incolore diventassero azzurri
laghi e che quella regione, teatro di tante lotte e ora dolce
e bellissima, si chiamasse “Brianza”.
Il testo di questa curiosa leggenda è stato pubblicato
per la prima volta sulla rivista “Amici della Brianza”
nel 1961.
Anche quest’anno il Comune di Valmadrera – Assessorato
alla Cultura – ha realizzato un’acquaforte attraverso
l’opera di Piermario Sala che riproduce l’immagine
dei Corni di Canzo che da sempre campeggiano sullo stemma del
Comune di Valmadrera. Sarà possibile dal 18 dicembre acquistare
o prenotare 1 copia della stampa presso l’ufficio Economato
del Comune di Valmadrera al costo di 50 €.
Comune di Valmadrera
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