Il
Dono più grande
Dicembre 2007
Tra i pastori che, in quella notte di tanti
tanti anni fa, a Betlemme e dintorni, vegliavano custodendo il
gregge, vi era anche Iorim.
Era un giovane pastore o meglio un garzone a servizio di tutti
i pastori e a lui erano riservati i lavori più umili. Era
molto povero, anzi non possedeva nulla. Quel poco che riceveva
dai pastori lo mandava ai suoi genitori, anziani e bisognosi di
tutto. Iorim era benvoluto dai compagni, perché era buono,
servizievole, e lo aiutavano come potevano, perché anche
loro erano poveri. Quella notte il giovane garzone vegliava, come
gli altri pastori. Guardava il cielo limpido, trapuntato di stelle
e si interrogava sulla propria esistenza. Ed era triste. Aveva
sognato un gregge, magari piccolo, tutto suo per dare ancora di
più alla sua famiglia, ma era rimasto un semplice garzone,
privo di tutto. Non aveva avuto nulla dalla vita e l’affetto
dei compagni non bastava a colmare il vuoto che si sentiva dentro.
Mentre guardava il cielo uno strano bagliore si diffuse attorno
a lui. Tutti i pastori alzarono lo sguardo e furono ripieni di
un grande spavento e meraviglia: dentro la luce si intravedeva
la figura di un giovane alato, che riconobbero come un angelo
del Signore. Iorim, più di tutti, fu ripieno di stupore
e si inginocchiò, con la faccia a terra. Sentì risuonare
la dolce voce dell’angelo; “ Non temete, ecco vi annunzio
una grande gioia, che sarà di tutto il popolo: oggi vi
è nato nella città di Davide un salvatore, che è
il Cristo Signore. Questo per voi il segno: troverete un bambino
avvolto in fasce, che giace in una mangiatoia”.
Iorim sentì una grande commozione: come tutti in Israele
aspettava l’arrivo del Messia, il Salvatore, che avrebbe
risollevato il suo popolo dalla miseria e dalla decadenza e portato
la pace sulla terra, proprio come aveva detto l’angelo prima
di scomparire : “ pace in terra agli uomini”, perché
amati dal Signore. I pastori si alzarono e si prepararono con
gioia ad andare a Betlemme. Ognuno prese un dono da offrire al
bambino, per dimostrargli il loro amore. Iorim divenne molto triste
e lacrime gli scesero dagli occhi: lui non aveva nulla da portare
al nato Messia. Disse ai compagni che non sarebbe andato con loro:
non poteva presentarsi all’Atteso a mani vuote. Ma i pastori,
pur non avendo alcun dono avanzato da dargli, lo convinsero a
seguirli. Iorim si mise alla fine del piccolo corteo e camminava
a testa bassa, con il pianto nel cuore. Aveva invocato con tanto
desiderio la venuta del Messia, ma ora che cosa aveva da offrirgli?
Arrivarono ad una piccola grotta, entrarono e videro il bambino:
era in braccio a sua madre, Maria, e dormiva sereno.
I pastori si avvicinarono lentamente alla mangiatoia, con i loro
doni ben in vista. Iorim si nascose in un angolo della grotta,
piangendo: non poteva avvicinarsi al bambino a mani vuote. I suoi
compagni si inginocchiarono davanti alla madre e incominciarono
a porgere i loro doni. Maria aveva tra le braccia il bambino e
non poteva accoglierli nelle sue mani. Si guardò attorno
e vide Iorim in fondo alla grotta. Gli fece cenno di avvicinarsi.
Il giovane si mosse lentamente, pieno di vergogna per le sue mani
vuote. Maria gli sorrise e, per avere le mani libere per prendere
i doni dei pastori, mise il bambino tra le braccia di Iorim. E
così, colui che non aveva nulla da portare al bambino,
se non l’amore sincero del suo cuore, ricevette il dono
più grande di tutti. Il bambino si svegliò e sorrise.
Ed allora Iorim capì: il Messia non era venuto per ricevere
i doni dagli uomini, ma per essere lui il dono per gli uomini.
E fu, finalmente, contento della sua povertà.
E. B.
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