Ancora
una volta Emilio Magni
Dicembre 2007

Cari amici,
sono contento di annunciarti l’uscita del mio libro “Il
dialetto dei mestieri perduti” edito da Mursia, Milano.
Il tema dell’opera è dentro quella atmosfera che
ha avvolto il precedente volume “L’è tua l’è
mia l’è morta a l’umbrìa” e che
è un po’ il mio mondo e la mia passione: la tradizione,
il dialetto, i valori umani della schiatta contadina e popolare.
Il libro è corredato da un’ampia sequenza di immagine
alcune delle quali del lavoro di altri tempi.
Sarò lieto di poterti incontrare alla presentazione del
libro “Il dialetto dei mestieri perduti” la sera del
17 dicembre, nell’auditorium della Comunità Montana
del Triangolo Lariano, a Canzo, in via Vittorio Veneto. Il libro
sarà presentato anche nella “Libreria di via Volta”,
in Via Volta a Erba, la sera de giorni 13 e 18 dicembre.
Vi aspetto, un abbraccio
Emilio Magni
Dopo il successo di “L’è
tua l’è mia l’è morta a l’umbrìa”,
cinquemila copie vendute, Emilio Magni torna a percorrere i sentieri
antiche legate al vernacolo e alle tradizioni con il libro “Il
dialetto dei mestieri perduti”, edito da Mursia. L’opera
ripropone una lunga sequenza di vecchi lavori, mansioni piene
di talento e di esperienza, oltre che di fatica, alcune delle
quali quasi completamente dimenticate. Magni è andato a
cercare indietro nel tempo ricorrendo al racconto degli anziani
e attingendo anche nei ricordi di quando la sua curiosità
di ragazzo lo conduceva a guardare dentro le botteghe, le cascine,
le stalle, le vecchie corti popolari e in qualche fabbrica, ovvero
dentro la vita della gente e del mondo del lavoro. I mestieri
sono raccontati attraverso storie alcune delle quali vissute realmente
dall’autore. “Contarla su” in prima persona,
o attraverso storie ascoltate è infatti il metodo prediletto
da Magni per coinvolgere il lettore. Magni è andato molto
oltre i “soliti mestieri”, come quelli del “muleta”,
dell’ombrellaio, del cioccolataio, del “ciclista”,
o del “pizzicagn”. Ha “ritirato qua” lavori
come “ul serpentadur”, “ul lampadee”,
“ul cucui”, “ul baslutee”, “ul martinatt”
e molti altri. Ve ne sono pure alcuni un po’ balordi come
“ul ruchettee”, “ul bambò”. Alcuni
sono addirittura sconosciuti a chi non “era proprio del
mestiere”. “Ul serpentadur”, per esempio non
era l’incantatore di serpenti, ma l’operaio, assai
abile ed addestrato, oltre che coraggioso, che afferrava la vergella
incandescente che usciva dimenandosi come un serpente dal laminatoio.
Di ogni lavoro vi è un racconto legato alla professione,
vi sono anche aneddoti, ricordi personali e tutto uno spaccato
di vita vissuta e ormai perduta. Il libro presenta anche tutta
una fioritura di detti, modi di dire, semplici locuzioni e espressioni
caratteristiche in dialetto e legate al mondo del lavoro. Anche
se il “dialetto” è nel titolo, il testo è
in gran parte in italiano. Il vernacolo sono i nomi dei mestieri
(in dialetto erbese e milanese) e i modi di dire, di cui c‘è
anche la versione in lingua. L’opera è corredata
da una lunga serie di fotografie dei tempi andati e alcune attuali.
Emilio Magni
“Il dialetto dei
mestieri perduti”
Mursia Editore Milano
18 Euro
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