Il
signornò
Dicembre 2007
di Dario Meschi
Il
signornò, alias il ministro dell’Ambiente, della
tutela del territorio e del mare, leader dei Verdi, Alfonso Pecoraro
Scanio, ha bloccato tutti gli interventi nel settore delle infrastrutture,
delle costruzioni e dell’energia, mettendo in ginocchio
l’Italia. E, mentre il Parlamento europeo definisce indispensabile
l’energia atomica per soddisfare il proprio fabbisogno energetico,
nonostante vi siano ben 152 reattori nei 27 Paesi UE, insiste
nella politica della negazione, che rischia di compromettere lo
sviluppo, la disponibilità di energia, e l’economia,
grazie ai maggiori costi subiti che favoriscono le agguerrite
aziende straniere. Tutti i Paesi civili si sono affidati al nucleare,
per disporre di energia pulita a basso costo e solo l’Italia,
differenziandosi dagli altri, deve dipendere da fonti energetiche
meno convenienti, e spesso più inquinanti. La scelta del
ministro che, in virtù della sua intransigente ostinazione
ha ottenuto la copertina del settimanale “Panorama”,
di non investire in oleodotti, in autostrade, in centrali nucleari
e in rigasficatori costerà in termini economici, aumentando
così la dipendenza energetica dagli altri Paesi europei.
L’accanimento ideologico di Pecoraro Scanio comporterà
una riduzione degli investimenti nel settore delle infrastrutture,
pari a 36 miliardi di euro, e nel settore dell’energia elettrica,
in quanto l’Enel sarà privata di ben 40 miliardi
di euro, e questo solo nel periodo intercorrente dal luglio di
quest’anno a quello successivo. Di fatto il ministro ha
bloccato l’amministrazione dell’ambiente: da un lato
ha effettuato un’operazione di pulizia etnica eliminando
buona parte di dirigenti, funzionari e impiegati nominati dal
precedente governo o di gradimento dell’opposizione, causando,
in virtù dell’allontanamento di persone dotate di
esperienza e memoria storica, un rallentamento dell’attività
del ministero; dall’altro ha sostituito gli epurati con
altre persone spesso prive dei requisiti e dell’esperienza
necessaria per svolgere adeguatamente il loro compito. La concomitanza
di queste scelte ha ridotto la produttività, generando
il ristagno di tutte le attività burocratiche, com’è
dimostrato dalla quantità di provvedimenti che si sono
arenati per illegittimità formali o per motivi sostanziali,
trovando negli organi di controllo ostacoli insormontabili: lo
stato di assoluta inefficienza comporta, senza apprezzabili miglioramenti,
ma con costi certi ed elevati, l’impiego di ben 344 consulenti
esterni. Il ricorso a consulenze private, spesso affidate ad amici
e conoscenti, o a persone politicamente “affidabili”,
è al centro delle contestazioni, interessa tutti i settori
della pubblica amministrazione e porta discredito sul modo di
intendere il governo della cosa pubblica, e, proprio per questo,
appare ancor più riprovevole il ricorso a tale pratica
da parte di un ministro in un momento di assoluta emergenza finanziaria.
La confusione regna sovrana al punto che il “verde per eccellenza”
in merito alla normativa ambientale, contenuta nel Decreto legislativo
n°12 del 2006, inserita nel programma di governo, è
riuscito a perdere la facoltà di operare con la delega
per aver trasmesso al Parlamento il testo da esaminare in ritardo
rispetto al termine perentorio previsto. Questo ed altri simili
episodi confermano l’inefficienza degli uffici, mettendo
in evidenza la differenza che intercorre tra la politica parolaia,
populista e inconcludente di certa sinistra, e la realtà.
Il malessere degli uffici non riguarda un solo ministero, e rende
più condivisibili le critiche di Luca corsero di Montezemolo,
poco disposto nella sua funzione, a sopportare oltre l’inefficienza
dei numerosi “tromboni della politica”, abituati a
suonare uno spartito zeppo di note stonate.
Dario Meschi
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