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L'esproprio proletario

Febbraio 2006
di Dario Meschi

La sinistra radicale ha gettato la maschera, creando notevole imbarazzo tra i partiti alleati dell’Unione; infatti in Liguria, Rifondazione Comunista ha formulato una proposta di legge destinata a far discutere, una proposta che metterà sicuramente sotto choc una buona parte degli elettori del centro e dell’area moderata progressista, e che dimostrerà la difficile convivenza presente nella coalizione, a tutti i livelli istituzionali, soprattutto tra i partiti di centro e la sinistra più radicale. Il proverbio, “il lupo perde il pelo ma non il vizio”, rischia di rivelarsi una cruda ed amara realtà per molti italiani, e un vero e proprio boomerang per la coalizione di centrosinistra, in una campagna elettorale dall’esito ancora incerto. Rifondazione, come aveva annunciato in campagna elettorale prima delle Regionali della scorsa primavera, con un inquietante tempismo ha depositato una proposta di legge, che farà perdere il sonno a milioni di italiani che hanno investito nell’acquisto della prima, ma anche della seconda o della terza casa, i propri risparmi, per difenderli dalle speculazioni finanziarie, dalle truffe e dalle disavventure nelle quali sono incorsi numerosi investitori grazie alla compiacenza delle banche, basti ricordare la “vicenda Argentina”, e gli scandali Cirio e Parmalat. La rivoluzionaria proposta, che prevede l’espropriazione degli alloggi sfitti a vantaggio degli sfrattati e delle giovani coppie, è stata definita “pilota” dai suoi promotori, in quanto sarà estesa dai nostalgici del comunismo in tutte le regioni italiane, e potrebbe indurre a livello governativo, in caso di vittoria del centrosinistra nelle prossime politiche, ad altri provvedimenti non meno lesivi della proprietà privata. Una legge di questo tipo penalizzerebbe il ceto medio e quello medio-alto, i due destinati a fare la differenza nel risultato elettorale della prossima primavera, e non certo i grandi capitali, in quanto gli investitori istituzionali e le aziende immobiliari che producono immobili, considerati nei loro bilanci spesso come “rimanenze”, sarebbero con ogni probabilità esclusi dalle penalizzanti normative dal forte sapore autoritario...

... Secondo i promotori non si tratterà di una proposta punitiva per i legittimi proprietari, ma di un mezzo per rimettere in moto “un mercato altrimenti immobile e gonfiato”. Un’interpretazione Indubbiamente pittoresca e populista che contrasterebbe però con la realtà dei fatti e con l’assetto liberista e liberale dell’economia nazionale. Inoltre, il pericolo di esproprio proletario allontanerebbe dal mattone buona parte degli investitori, soprattutto i più prudenti, ed anzi potrebbe portare ad un’inflazione nel mercato immobiliare di beni offerti in vendita, proprio per non incorrere nella scure della demagogia da soviet sovietico. In pratica, la legge regionale darebbe alle amministrazioni comunali dei centri ad alta densità abitativa la possibilità di requisire gli alloggi sfitti di proprietà dei privati cittadini, delle banche, delle immobiliari, delle fondazioni e degli istituti religiosi, dalla terza unità abitativa in poi, se non utilizzati da almeno 12 mesi. La requisizione durerebbe 18 mesi rinnovabili per altri 18, dopo di che l’appartamento non potrà più essere espropriabile. Nei 36 mesi di occupazione forzata il proprietario sarà esentato dal pagamento dell’Ici, e l’alloggio entrerà sotto la giurisdizione di Arte, l’agenzia regionale per la gestione dell’edilizia pubblica, che lo assegnerà entro 15 giorni in base a delle graduatorie comunali di aventi diritto, tra cui sfrattati e giovani coppie di fatto o regolarmente sposate, purché dispongano dei requisiti per la presentazione di una normale richiesta di concessione di un alloggio popolare. A questo punto è lecito domandarsi, dopo un’azione tanto lesiva della proprietà privata, in che condizioni saranno riconsegnate le unità abitative dopo tre anni di forzata occupazione, e chi provvederà alle eventuali spese di ripristino dei danni causati. Inoltre, quali saranno le possibilità concrete di riavere la disponibilità dell’immobile dopo la scadenza dei trentasei mesi, se il comune non reperirà per gli occupanti un’altra analoga sistemazione. Due quesiti inquietanti che nessun cittadino vorrebbe affrontare, ma che la mano violenta dell’estrema sinistra, supportata dalla compiacenza delle altre forze alleate, calerà sulle inermi vittime, che disporranno per difendersi di una sola arma di difesa: il voto.

 
 
 
       

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