Giornale della Brianza
"Un giornale scritto dai propri lettori ..."
Direttore: Giovanni Marcucci

  Sezioni  
 


PRIMA PAGINA
Politica
Cronaca
Sport
Economia
Curiosità
Associazioni
Approfondimenti
Tempo libero
Cultura e Arte
Ambiente

 
  La Goccia ...  
 
del direttore
che fa traboccare il vaso
comics
collegio 10
dal futuro
del lago di Pusiano

d'arte

dal web

da togliere
di evasione
di filosofia
di giustizia
di salute
di sapore
di sudore
di umorismo
di vino
d'oriente
iridata
sullo spartito
a quattro zampe



 
  Le altre pagine  
 
I links

Numeri utili
 
 
 

GIUSEPPE PARINI: IL POETA BISTRATTATO

(ULTIMA PARTE)

Febbraio 2007
di Eros Baseotto

Non so se i miei tre lettori (perdonatemi la citazione manzoniana rivista al ribasso) ricorderanno che l’intento con il quale mi accinsi a scrivere questa serie di articoli era quello di riabilitare la figura di Parini, poeta decisamente poco amato dal grande pubblico. Ora siamo giunti all’ultima puntata di questa biografia informale e qui termina anche il cammino fatto in compagnia di quello che ormai possiamo considerare un “vecchio amico”. Bando alle malinconie e affrontiamo invece quest’ultima puntata delle vicende del poeta bosisiese. Il periodo della vita di Parini che ci accingiamo ad esaminare fu caratterizzata dalla scrittura delle ultime grandi odi e a tal proposito possiamo ricordare “La gratitudine”; ode indirizzata al cardinale Angelo Maria Durini, grande estimatore di Parini. Questa ode è, per la verità, piuttosto prolissa e denota una certa mancanza di ispirazione, tuttavia al cardinale piacque. Nell’ottobre di quello stesso anno il nostro poeta venne insignito della carica di soprintendente delle scuole pubbliche di Brera; incarico che comportava certo un gran prestigio, ma anche una maggiorazione di quattromila lire nel salario annuo. L’anno successivo, dietro richiesta dello stesso Parini, gli venne assegnato un appartamento più grande e confortevole. Per sollecitare questa nuova sistemazione il poeta scrisse una missiva indirizzata al ministro Wilzeck. Nella lettera si legge: «Eccellenza, l’umilissimo servitore di Vostra Eccellenza, il professore Parini, trovasi già da più di un mese obbligato continuamente a letto per incomodo di podagra. In tale situazione sente più che mai la necessità di avere qualche stanza in più delle quattro, che ora gode, massime per tenere presso di sè il domestico che lo assista. Altronde si risovviene con sentimenti di riconoscenza dell’umilissima disposizione mostratagli da Vostra Eccellenza per fargli assegnare questo comodo ulteriore. Quindi ardisce di supplicare la medesima Eccellenza Vostra che si degni di commettere al signor conte Pertusani, che visiti e concerti ciò che sarà opportuno, affine di accrescere qualche stanza al Parini, senza ingiuria di verun altro, che abiti legalmente in Brera» Nel 1793 Parini scrisse “Il messaggio”: ode nella quale compare il nome arcadico di Nice, sotto le cui mentite spoglie si cela la contessa Maria di Castelbarco. Come abbiamo visto nelle scorse puntate l’ode fornisce al poeta il mezzo con il quale trasmettere alla nobildonna i suoi sentimenti in maniera più o meno velata. «L’inclita Nice è supplicata di riconoscere, sotto la forma poetica de’ seguenti versi, i veri sentimenti da cui provengono, cioè il rispetto e la ricoscenza dell’autore per l’esimie qualità di Lei, e per la singolare benignità con cui Ella si degna di onorarlo» L’etichetta vuole che le parole di Parini nascondano i suoi veri sentimenti. Si tenga però presente che al momento in cui l’ode venne scritta il poeta aveva sessantaquattro anni, mentre la contessa ne aveva trenta di meno. Parini è ben conscio di questa differenza di età e questo è dimostrato dallo stile garbato con il quale l’ode è stata stilata. In quello stesso anno Parini scriverà anche un sonetto; questa volta dedicato a Teresa Bandettini Landucci, mentre sembra lasciar perdere la sua idea di “poner fine al giorno” come si recita ne “La caduta”. Il motivo di questa sua rinuncia è semplice: Parini ritiene quasi pleonastica la sua invettiva nei confronti di una classe sociale che è ormai inesorabilmente destinata a estinguersi. Il 1796 vide l’ingresso di Napoleone a Milano e il 24 maggio di quello stesso anno il poeta bosisiese venne chiamato a far parte della municipalità milanese. Dunque l’impegno sociale continua e il poeta prende parte al nuovo ordinamento sociale voluto dal condottiero corso e pur non condividendo l’ideologia di Bonaparte si impegnò, come viene testimoniato da Pietro Verri, nel terzo comitato della municipalità cittadina. Parini è dunque collaborativo, ma certo non ha perso la sua verve polemica e spesso interviene nell’ambito delle sedute con uscite che possono, a dir poco, definirsi ardite. Come talvolta accade chi dice la verità diventa “antipatico” per chi sta al potere e Parini venne qunidi allontanato insieme ad alcuni altri municipalisti definiti “ribelli”. L’avventura napoleonica del bosisiese durò solo due mesi e diciassette giorni; per i quali percepì milleventisei lire che fece distribuire segretamente ai poveri. In seguito Parini non accettò più incarichi ufficiali, dedicandosi unicamente agli amati studi e all’insegnamento. Ancora una volta viene fuori la grande coerenza del poeta! Con l’aumentare degli anni la salute del poeta peggiorò. Alla debolezza di gambe si aggiunsero anche altri acciacchi, tra cui una cataratta mal operata che gli causò la cecità di un occhio e compromise la funzionalità dell’altro. I medici gli consigliarono la campagna, ma dopo un solo mese di soggiorno ad Arluno fece ritorno a Milano. Ormai si muoveva pochissimo a causa dei molti acciacchi che lo costringevano a stare in casa. La mattina del quindici agosto 1799 dettò all’amico Paolo Brambilla il sonetto “Predaro i Filistei l’Arca di Dio” che poi volle ritoccare e copiare da sé. Dopo la stesura del sonetto fu visitato da Febo D’Adda, Angelo Vecchi, Angelo Airoldi e dal medico Giacomo Locatelli. Alle quattordici congedò gli amici Febo D’Adda e Angelo Vecchi; si fece accompagnare dal domestico verso la finestra. Passeggiò da una stanza all’altra e poi tornò a letto.Come dicono le cronache dell’epoca, mentre veniva svestito gli si torse la bocca e non parlò più. Dopo un quarto d’ora morì alla presenza del parroco, del servitore, del portinaio e della portinaia.
La morte di Parini segna anche la fine di questa serie di articoli a lui dedicati. Nella speranza di non aver annoiato coloro che hanno avuto la benevolenza di volerli leggere segnalo le preziosi fonti dalle quali ho attinto le informazioni necessarie per la stesura di questi articoli. “Vita di Giuseppe Parini” – Francesco Reina “Giuseppe Parini (biografia)” – Ferdinando Cesare Farra “Parini e le feste di Milano” – Paolo Bartesaghi Parini il milanese di Bosisio. Piece teatrale scritta dal professor Paolo Bartesaghi e messa in scena dalla compagnia teatrale Briciole di teatro nel 1999. Prima di chiudere questo articolo voglio proporvi un nuovo argomento da sviluppare nei prossimi numeri de “la goccia”: che ne dite di rispolverare usi e costumi che hanno caratterizzato la Brianza di… una volta?
Magari potremmo intitolare questa nuovi pezzi: “C’era una volta il Brianza”!

Eros Baseotto

 
 
 
       

La Goccia Briantea è un periodico mensile di informazione, politica,
cultura, spettacolo, umorismo e associazionismo.
Il sito, ottimizzato per versioni di INTERNET Explorer e NETSCAPE superiori alla 4.0,
è gestito dall'Associazione "La Goccia" (Rogeno - LC)