Centro
di aiuto alla vita di Erba
Febbraio 2008

Ha già compiuto 25 anni, ma molti
ancora non lo conoscono o non sanno neppure che esiste. Il Centro
di aiuto alla Vita di Erba, fondato nel 1982, è stato uno
dei primi CAV sorti in Italia dopo l’approvazione della
legge 194, la legge che legalizza l’aborto. A volerlo furono
un gruppo di volontari e i sacerdoti dei Decanati di Erba e di
Asso al fine di aiutare la donna in difficoltà per l’attesa
di un bambino, dandole solidarietà e l’aiuto necessari.
In venticinque anni di attività, i volontari del CAV hanno
evitato un centinaio di aborti e hanno assistito circa 800 partorienti.
Se negli anni ottanta e novanta a rivolgersi al CAV erano le mamme
italiane, da un po’ di tempo sono per lo più le donne
immigrate, anche di religione islamica. “Non perchè
le madri italiane non abbiano più problemi, ma la sensazione
è che li risolvono con la pillola del giorno dopo –
afferma il presidente del Centro di aiuto alla vita di Erba, Antonio
Zanetti - L’80-90 per cento di coloro che si rivolgono al
nostro Centro sono immigrate, con difficoltà di ogni genere,
ma soprattutto economiche: disoccupate, con altri figli, con il
marito pure disoccupato, magari senza casa. Generalmente non sono
giovanissime, ma di età intermedia, tra i 25 e i 35 anni.
Non rifiutano il figlio, ma vogliono un aiuto per far sì
che nasca”.
“Molte di esse sono musulmane - interviene Mafalda Ciceri
coordinatrice del CAV - e si rivolgono a noi perché sanno
di trovare un sostegno: noi non guardiamo nè il colore
della pelle né l’appartenenza religiosa”. “In
venticinque anni di attività - continua Ciceri - abbiamo
salvato dall’aborto un centinaio di bambini e abbiamo soccorso
circa 800 partorienti. Per noi volontari è una grande soddisfazione
sapere che se centinaia di bambini vivono, è anche grazie
a noi: ci ripaga di tanti sacrifici. Solo un rammarico: se avessimo
più finanziamenti….!”
E’ sempre il solito “punctum dolens” ”:
la mancanza di soldi. Il CAV di Erba si regge in gran parte su
contributi di privati. Non riceve finanziamenti pubblici dalla
Regione o dalla Provincia. Solo 7 o 8 comuni dell’area erbese
offrono un sussidio. E per il resto? “Per il resto ci pensa
la Provvidenza – risponde Zanetti - . Un sostegno notevole
ci viene dal Progetto Gemma, un’iniziativa che promuove
l’adozione prenatale a distanza. In sede esiste un guardaroba
per raccogliere i vestiti e i pannolini per i neonati. A Pontelambro
abbiamo due monolocali messi a disposizione dal comune e ristrutturati
dal CAV, che teniamo per la pronta accoglienza, ma che praticamente
sono sempre occupati”.
Negli anni ottanta il CAV erbese fu anche uno dei primi in Italia
a firmare una convenzione con il consultorio pubblico locale.
“Secondo la convenzione – spiega la coordinatrice
Ciceri - il consultorio pubblico di Erba avrebbe dovuto informare
le donne che intendevano abortire della nostra presenza sul territorio
e delle nostre finalità. Una collaborazione, però,
che non sempre c’è stata. Decisamente diversa è
invece la collaborazione con il Consultorio privato “La
Casa”, gestito dai Decanati di Erba e di Asso. Con gli operatori
di “La Casa” si è creata una tangibile sinergia:
oltre ad ospitarci nella loro sede, ci offrono il supporto medico-
specialistico”.
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