
Il pozzo di Talete a cura di Lorenzo Buttini
febbraio 2008
CHE COSA E’ LA FILOSOFIA
(Quinta parte)
Dopo aver esaurito il tema dell’etica
applicata allo sport riprendiamo il discorso interrotto nel settembre
2006 su “Che cosa è la filosofia”. La filosofia,
vista come conquista dell’uomo, dal punto di vista storico,
ha avuto due interpretazioni fondamentali, una che la riteneva
una forma di contemplazione, l’altra che la concepiva come
attività. La prima interpretazione è propria delle
c.d. filosofie orientali, del Pitagorismo, si pensi alla nota
definizione della filosofia di Pitagora “osservare disinteressatamente
quello che accade intorno”. Il primo a parlarne espressamente
fu però Aristotele, per il quale, posto che l’oggetto
della filosofia è “ciò che non può
essere altrimenti da quello che è”, è cioè
l’oggetto necessario, desumeva che la filosofia era sapienza
e non saggezza, perché la saggezza consiste nel deliberare
bene e non è possibile deliberare nulla sulle cose necessarie,
cioè quelle che non possono essere diversamente da come
sono.

Il sapere, invece, si realizza con una vita
contemplativa volta a conoscere il necessario. Questa è
pure la concezione degli Stoici, degli Epicurei e dei Neo-platonici.
Anche Hegel vi rientra quando paragona la filosofia alla nottola
di Minerva che si leva in volo sul far del crepuscolo, a significare
che la filosofia giunge a cose compiute, quando la realtà
è gia bella e formata senza che essa vi abbia contribuito
e,comunque, troppo tardi per poter dire come il mondo “
deve” essere. Non rimane allora alla filosofia altro compito
che evidenziare la necessità di ciò che esiste,
cioè la razionalità del reale. Questo è il
senso della nota formula hegeliana “tutto ciò che
è reale è razionale e tutto ciò che è
razionale è reale”, in cui si concretizza quella
definizione citata in precedenza della filosofia come considerazione
pensante degli oggetti La seconda interpretazione vede nella filosofia
un mezzo per attuare la trasformazione del mondo. In un certo
senso è una concezione che troviamo presente nei Sette
Savi. Essi sono stati in vario modo elencati dagli antichi: solo
quattro (Talete, Biante Pittaco e Solole) sono rientrati in tutte
le liste; per completare la nostra ci rifacciamo a Platone e aggiungiamo
Cleobulo, Misone e Chilone. I loro motti, che erano brevi sentenze
morali, da cui anche l’appellativo “Gnomici”,
concernevano il modo di vivere e relazionarsi con gli altri: “Conosci
te stesso”(Talete), “Sappi cogliere l’opportunità”(Pittaco),
“Prendi a cuore le cose importanti” e “Nulla
troppo”(Solone), “I più sono malvagi”(Biante),
“Ottima è la misura”(Cleobulo), “Indaga
le parole a partire dalle cose, non le cose a partire dalle parole”(Misone),
“Non desiderare l’impossibile” e “Bada
a te stesso”(Chilone). Il primo grande esempio di filosofia
come strumento di trasformazione lo troviamo però in Platone.
La sua filosofia può sembrare contemplativa solo ad una
visione superficiale, perché il compito del filosofo, come
insegna il mito della caverna, non è quello di arrivare
alla contemplazione del Sommo Bene, posto al vertice della piramide
del mondo intelligibile, anche se il filosofo una volta giunto
lì non vorrebbe più staccarsene, ma di ritornare
nella caverna per aiutare gli altri prigionieri a liberarsi dalle
catene, che sono quelle della conoscenza sensibile ovvero dell’opinione,
anche se costoro, probabilmente ritenendolo pazzo e pericoloso,
tenteranno di ostacolarlo se non di sopprimerlo: chiara allusione
alla vicenda del suo maestro Socrate. La filosofia per Platone
ha, quindi, il principale compito di modificare la vita associata
fondandola saldamente sulla giustizia. Questa concezione è
presente pure negli Umanisti del Rinascimento e negli Illuministi,
per i quali la filosofia era uno sforzo della ragione (la luce
che “illumina”) di liberare il mondo degli uomini
dagli errori e incamminarlo verso il progresso. Abbiamo visto
i due fondamentali atteggiamenti che la filosofia può assumere,
essere cioè un’attività volta a contemplare
la realtà oppure a trasformarla. Non è agevole determinare,
senza un’attenta riflessione, se un tipo di filosofia rientri
nell’una o nell’altra categoria. Si pensi alla filosofia
di Marx, che a prima vista sembrerebbe rientrare tra quelle che
si prefiggono di modificare il mondo umano, tenendo presente quanto
espressamente dichiarato da Marx “i filosofi si sono finora
limitati ad interpretare il mondo, ora si tratta di trasformarlo”,
però a ben vedere il passaggio da una società di
tipo capitalistico, caratterizzata dalla proprietà privata
dei mezzi di produzione con il conseguente sfruttamento della
classe operaia, ad una società di tipo comunista, caratterizzata,essendo
venuta meno la proprietà, dall’assenza di classi
e, quindi, dall’assenza di ogni conflitto, si presenta quasi
una necessità storica, una sorta di fatalità, in
quanto sbocco ineluttabile del percorso della storia e allora
il compito della filosofia, più di essere quello di farsi
promotrice e garante della trasformazione, sembra ridursi a quello
di una profetica Cassandra.
lbuttinifilos@alice.it
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