
di I.P.
Gennaio 2005
Prima i Giapponesi, poi le "Tigri Asiatiche"
e i Cinesi, gli ingegneri indiani, i Pesi dell'est europeo e fra
poco anche il Sud America ... tutti sono entrati in quel mercato
globale di cui fino a pochissimo tempo fa avevamo, il totale monopolio.
Si parla di concorrenza sleale, tutta basata sui bassissimi salari,
dimenticando che questa, e non certo le grandi tecnologie, è
stata la principale risorsa anche del nostro boom post bellico,
il che fa pensare che sia una legge generale dello sviluppo di
un sistema economico che voglia emergere servirsi dell'unico vantaggio
in suo possesso per fare concorrenza ai sistemi già affermati:
la povertà e la disoccupazione. Resta il fatto che tutti
noi sentiamo di trovarci in un momento molto difficile, in cui
non funzionano più tante piccole astuzie, delle quali si
è vissuto per decenni, quali l'elusione fiscale (se non
evasione), gli aiuti governativi e la svalutazione della moneta.
Sembra che molti si stiano impoverendo e che l'industria manifatturiera
nazionale si stia disgregando, sopraffatta dall'incapacità
di reggere la concorrenza sul mercato globale.
Questo è più o meno il quadro che ci viene presentato
dagli economisti, i quali indicano come unica soluzione possibile
quella di elevare la qualità delle nostre produzioni, qualunque
esse siano, attraverso grandi investimenti sulla ricerca. Tuttavia,
se noi ci guardiamo attorno qui, nei nostri paesi affacciati sulla
dolcezza del lago e la maestosità della montagna, sembra
che non stia succedendo nulla: si lavora come sempre, visto che
la provincia di Lecco vanta una disoccupazione dell'1,5 %, si
restaurano le vecchie case trasformando paesini cadenti in cartoline
svizzere, i bambini vanno a scuola con il bus che praticamente
va a prenderli sotto casa, si va in vacanza a Zanzibar o sul Mar
Rosso come un tempo si andava a … Rimini.

E allora? Sono tutti matti quelli che parlano di crisi del sistema
o siamo come quelli del Titanic che ballavano mentre la nave affondava
PERCHE' NON VOLEVANO ACCORGERSENE?
Questa è la domanda che facciamo a tutti i lettori, soprattutto
a quelli più direttamente coinvolti nel sistema produttivo
locale. Certo che se la risposta fosse che per ora le imprese
reggono, ma non si sa fino a quando, forse c'è da riboccarsi
le maniche cominciando a rispondere ad un'altra domanda: in attesa
che a livello nazionale si decidano a fare qualcosa di intelligente
CHE COSA SI PUÒ FARE QUI, A LIVELLO LOCALE, PER MIGLIORARE
LA QUALITÀ TECNOLOGICA E FAVORIRE LE IDEE INNOVATIVE?
Paradossalmente succede nella nostra Regione - che ha stanziato
molti fondi per co-finanziare la ricerca e l'innovazione tecnologica
industriale - un fatto assai preoccupante: vengono finanziati
progetti scarsamente significativi non tanto per devolvere danaro
ai soliti amici degli amici (come qualche maligno potrebbe subito
ipotizzare), ma perché non ci sono progetti validi, perché
agli imprenditori mancano le idee innovative e la voglia di rischiare.
Ormai è più semplice delocalizzare le produzioni
in Romania che impegnarsi con capitali e uomini in una ricerca
effettiva i cui risultati non certi dovrebbero far partire nuove
attività produttive in un Paese pieno di regole ,vincoli
burocratici e angherie di ogni sorta. Altrettanto dicasi per le
nostre Università che non sanno "fare sistema"
né per la ricerca promossa dai loro stessi docenti né
per offrire alle imprese che a loro si rivolgono un serio apporto,
perché non sanno nulla di come si lavora nelle industrie
e quindi non capiscono le esigenze aziendali, prima fra tutte
che il tempo è danaro.
In attesa di qualunque contributo vogliate inviarci sul tema,
soprattutto se basato sulle vostre dirette esperienze locali,
noi andremo a porre le stesse domande a quanti, in Provincia,
dovrebbero avere anche delle risposte.
Alla prossima puntata! |