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di Ghiulbin Omer
Gennaio 2005

Vi dicevo come le storie dell'emigrazione possono essere a lieto fine, ma ci arrivano sempre dopo un travaglio di dolore e difficoltà. Vi vorrei raccontare di un ragazzo che conosco: lo chiamerò Ivan. Ivan abitava in un quartiere vicino al mio, in una grande città della Romania. La sua famiglia era numerosa e molto povera tant'è che la madre un giorno gli disse: "io ho fatto il massimo che potevo, non posso più occuparmi di te; il mondo è grande ed è ora che tu riesca pensare a te da solo". Aveva 16 anni!
Con un cugino partì per la Turchia: lì c'era la possibilità di avere un lavoro ben retribuito.
La fatica e la lontananza dalla famiglia e dagli amici gli fecero passare momenti molto tristi. Il pensiero tornava sempre a casa dove immaginava la madre in apprensione. Guadagnato a sufficienza decise di tornare: non c'era più nessuno!
I fratelli si erano sparpagliati chissà dove e da uno zio, rompendo una promessa di silenzio, seppe che la madre era andata in Italia in cerca di fortuna. Ivan non ci pensò molto, spese tutti i soldi che aveva risparmiato e venne in Italia alla ricerca della madre. Aveva in mano un indirizzo e qualche spicciolo. Dopo mesi di ricerche, richieste di ospitalità e grandi umiliazioni ritrovò la madre.
La madre aveva però trovato un altro uomo e con lui si era rifatta una nuova vita: di lui non ne voleva sapere più nulla! Ivan a un passo dalla disperazione si trovò di colpo a ragionare sulla sua tragica condizione: lontano dalla propria patria, una lingua che non conosceva, il frantumarsi dell'idea della famiglia che si era costruito e la sensazione di essere solo, completamente solo.
Ad un tratto un colpo di magia e la svolta nella sua vita. Un ragazzo, diciamo Stefan, senti il racconto che Ivan piangente stava facendo in stazione ad un amico conosciuto in Italia; commosso gli offrì la possibilità di lavorare con lui. Ivan convogliò tutte le energie lavorando come meglio non poteva, tanto da convincere Stefan che sarebbe stato bello fargli conoscere sua sorella, diciamo Cristina.
Oggi Ivan e Cristina sono sposati, hanno una bella casa, una comoda macchina e due bellissimi bambini. Il suo datore di lavoro italiano dice: " è il più bravo dipendente che ho, ma … è rumeno".
Ivan ha vinto molte battaglie e gli auguro di cuore di vincere anche quella di far cancellare quel " … ma".

 
 
 
       

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