Nelle
nostre scuole a Natale si può ancora parlare di Gesù
Bambino?
Gennaio 2008
di Enrico Viganò

Cosa abbia ancora di cristiano il Natale
a volte si fatica a vederlo. Anche nei nostri paesi. E’
difficile trovare segni esteriori che richiamino la nascita di
Gesù. Tante luminarie, tanti Babbo Natale, tanti regali,
ma pochi Gesù Bambino. Il relativismo imperante nella nostra
società ha colpito anche una delle feste più care
e importanti della cristianità. Festeggiamo pure, ma non
parliamo di presepe, non parliamo di Cristo: è questo il
messaggio che subdolamente viene trasmesso in ogni ambiente e
grado della nostra società. A cominciare dalla scuola.
In molte nostre scuole si fatica a parlare del Natale in senso
cristiano. Il Bambinello non è più il cuore della
festa. E’ stato sostituito da Babbo Natale, personaggio
pacioccone e bonaccione, che va bene a tutti, perché porta
i regali a tutti, piccoli e grandi. A scuola le canzoni natalizie
devono contenere le parole “pace”, “serenità”,
“bontà”, ma il meno possibile Gesù,
Maria, Giuseppe, Angeli, “per non urtare la sensibilità
di chi non crede nella religione cattolica”. Ma non ci si
chiede se questa preoccupazione degli insegnanti abbia una qualche
consistenza oggettiva, se cioè i bambini siano veramente
sconvolti nel sentire parlare di Gesù. Insomma si ha la
netta sensazione che i “grandi” per giustificare il
loro ostracismo verso la religione si nascondano dietro a immaginari
traumi psicologici infantili pur di imporre alla maggioranza il
loro pensiero “politicamente corretto”. “L’esperienza
– afferma Matteo Isella, giovane insegnante di religione
in quattro plessi lecchesi della scuola elementare - mi dice che
a volte sono proprio gli alunni extracomunitari presenti in classe
ad ascoltarmi di più e ad accogliermi con più entusiasmo:
non di rado mi fanno domande appropriate e aspettano risposte
con quel desiderio di conoscere le verità della nostra
religione che “i nostri” non hanno. In una classe
ho preparato come tutti gli anni un presepe tradizionale in corridoio.
Ebbene gran parte del presepe, il cui allestimento ha provocato
tra l’altro in alcuni insegnanti un velato malcontento,
sono riuscito a realizzarlo grazie alla collaborazione di due
bambini musulmani. Come erano contenti! Ma veramente contenti!
E l’unico alunno che ha espresso spontaneamente la sua riconoscenza
nei confronti della mia proposta e del mio operato è di
religione musulmana”. “Ad ogni modo – continua
Isella - è vero che anche nella scuola si sta diffondendo
a grande velocità una mentalità “laicista”.
Ma è più facile incontrare pregiudizi nei confronti
della religione soprattutto nelle scuole delle città, dove
la percentuale di stranieri è superiore e quindi da parte
di certi insegnanti diventa più semplice strumentalizzare
“il rispetto delle minoranze” per far passare la linea
laicista del Natale. Nelle scuole dei piccoli paesi, invece, sono
ancora radicate le tradizioni come la preparazione di spettacoli
natalizi con canti e poesie ricchi di riferimenti religiosi, e
l’allestimento del presepe”. “Posso dire di
non aver mai trovato tra i ragazzi di altre religioni alcuna remora
nei confronti del Natale – conferma a sua volta Massimiliano
Canali, insegnante di religione alla scuola media Puecher di Erba
– Le difficoltà vengono dagli adulti che pongono
problemi che i ragazzi proprio non sentono. Presso la nostra scuola,
per fortuna, non ci sono state finora polemiche al riguardo, tanto
è vero che l’insegnante di educazione artistica ha
fatto il presepe davanti alla scuola e nessuno ha avuto da ridire”.
Enrico Viganò
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