I
Bej
Gennaio 2009

Bej nascono in quella che una volta era
la Brianza contadina, rapidamente trasformata in una fiorente
zona commerciale, dove l’industria e l’artigianato
hanno saputo trovare forme di convivenza assai vantaggiose. In
questa terra dove le abitudini sono state stravolte , un gruppo
d’amici decise nel 1927, di mantenere viva la cultura della
zona con i costumi, i canti e le danze che ricordano i tradizionali
e festosi appuntamenti con la natura. Il retrobottega di Giulio
Beretta, primo Presidente del Gruppo, divenne così il punto
di ritrovo per i primi componenti: Romeo Molteni, Livio Beccalli,
Mario Perego e Francesco Carcano. Questi amici decisero di fondare
un gruppo musicale, una banda. Gli strumenti di ottone erano troppo
costosi e così si decise di scegliere il carattereistico
flauto di Pan, tipico strumeto musicale agreste e molto economico,
essendo costituito da canne palustri, legate tra di loro con uno
spago incerato. Decisi ad abbandonare l’idea di un complesso
tradizionale, i cinque amici si dedicarono ad una “banda
di cann”, una banda di canne, adottando quello strumento
che i nostri nonni, contadini brianzoli, costruivano personalmente:
il flauto di Pan, in dialetto firlinfeu. Il nome Bej nasce da
un appellativo con il quale erano conosciuti gli abitanti di Erba.
Tutti i suonatori si autotassarono per per potersi presentare
in pubblico con un costume adatto al nome scelto. Erba, però
non ha una propria maschera alla quale ispirarsi, ma ricordandosi
del soggiorno di Alessandro Manzoni ad Erba, decisero di ispirarsi
a Renzo e Lucia. Per evitare errori di lesa tradizione,per la
confezione dei costumi i fondatori si rivolsero alla sartoria
teatrale di Caramba, costumista del Teatro “La Scala”
di Milano.
Nacque così il costume brianzolo, che da più di
settant’anni i Bej portano in giro per il mondo, con le
“Lucie” con in testa la famosa raggiera di spilloni
d’argento e ai piedi gli inseparabili zoccoli. La prima
partecipazione fu fatta al Carnevale di Varese, dove però
il corpo musicale era composto da soli uomini. Subito ci si accorge
che mancava qualcosa e così il gruppo è stato integrato
con la presenza delle Lucie. Il primo ballo proposto dai Bej è
lo “Scottis campagnolo”. Oggi, a distanza di molti
anni, l’associazione è uscita dai confini della Brianza
e di strada ne ha fatta molta, diventando conosciuta in Italia
ed all’estero.
I Bej hanno partecipato ai più importanti Incontri Folcloristici
Internazionali in Belgio, Danimarca, Francia, Germania, Inghilterra,
Jugoslavia, Lussemburgo, Norvegia, Olanda, Polonia, Repubblica
Ceca, Slovacchia, Romania, Russia, Spagna, Svezia, Svizzera, Turchia,
Ungheria, Lituania, Slovenia, Bulgaria, Grecia, Estonia, Finlandia
e in tutte le principali città italiane.
L’attività artistica del gruppo dei Bej è
documentata da diverse loro pubblicazioni. Sul mercato europeo
sono presenti due CD, “Flutes de Pan du monde – I
Bej di Erba”. Per rispondere alle numerose richieste di
esibizione, i Bej vestono il costume 30 o 35 volte l’anno,
anche con non pochi sacrifici. Dal 1927 ad oggi ben 143 hanno
gettato la spugna, hanno restituito il costume, ma fortunatamente
sono stati subito rimpiazzati da altri neofiti. Nonostante questo
susseguirsi di cambi della guardia, l’attività dei
Bej continua a ritmo sostenuto e non vengono mai a mancare i riconoscimenti
del pubblico e della critica. Il 16 Ottobre 1977, l’amministrazione
comunale di Erba ha conferito al Gruppo la Medaglia d’Oro,
con la conseguente motivazione: “ L’amministrazione
Comunale, nel 50° di fondazione conferisce al Gruppo Folcloristico
Città di Erba I Bej la medaglia d’oro, quale alto
riconoscimento per avere tramandato e diffuso, in ogni parte d’Europa
e del Mondo, il messaggio culturale insito nelle tradizioni brianzole”.
Sempre il sindaco diErba, in occasione del Settantesimo d’attività
ha attribuito al gruppo l’Eufemino, poichè “portavoce
della cultura e delle tradizioni della gente della Brianza in
italia ed in tutto il mondo”.Altri riconoscimenti sono stati
assegnati al Palio Provinciale al Folclore, al Trofeo del Folclore
della Regione Lombardia, al Premio Brianza dalla D’Anzi
Editore, la Zampogna d’Oro di Erice e innumerevoli altre
medaglie, coppe ed attestati. Le platee di mezza Europa hanno
applaudito le loro esibizioni.
Perché essere Bej ancora ai giorni nostri? Perché
le musiche, i balli e i canti che propongono sono di ieri, ma
i Bej sono gente di oggi, splendidamente inseriti nella realtà
moderna. Perché hanno buone radici e sentono forte l’esigenza
di riappropriarsi della cultura del territorio su cui vivono,
recuperando i valori ed insegnando a ritrovarli. Perché
sanno che le culture se rimangono aperte fra loro, comunicano,
operano scambi e sono soggette a imprevedibili processi di simbiosi.
Perché è ben scolpito nella loro mente un pensiero
di Giovanni Paolo II: “Sulla fedeltà al loro passato,
i popoli costruiscono il loro futuro”. Si tratta, quindi,
di un vivo bisogno di cultura che è iscritto nella vita
dell’uomo, alla ricerca delle forme espressive e comunicative,
dei rapporti da stabilire con il passato e il presente, con gli
altri, con i valori e con il futuro. Le tecniche sono in pieno
sviluppo e possono rientrare nella prospettiva se interpretate
sul loro significato per l’uomo.
Viola Castelletti
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