SATIRA
ADDIO?
Giugno 2006
di Dario Meschi
I comici, i vignettisti e gli umoristi schierati
in maggioranza a sinistra stanno vivendo un periodo difficile
di forte smarrimento, infatti, dopo aver abusato della satira
utilizzandola con costante e sprezzante veemenza contro il presunto
regime berlusconiano, ora devono affrontare una nuova stagione
dove il potere è saldamente nelle mani dei “prodi”
rappresentanti del centrosinistra: i nuovi potenti, i nuovi nemici
da criticare e da contrastare.Nonostante gli avvenimenti sconcertanti
degli ultimi giorni, si è impedita la partecipazione ad
alcune pubbliche manifestazioni ai rappresentanti del centrodestra,
le ardite penne paiono spuntate, prive di creatività e
fantasia, e l’oratoria assillante e denigratoria dei critici
in camicia rossa ha perso la verve di un tempo non avendo più
di fronte il solito nemico, ma un nuova classe dirigente che,
almeno dalle premesse, non sembra migliore di quella che l’ha
preceduta.Il centrosinistra ha esultato in tutto il Paese per
una vittoria dal peso specifico ridotto. Poco più di ventiduemila
voti di differenza tra vincitori e vinti non giustificano l’arroganza
e la spocchiosità dimostrata da molti leader dell’attuale
maggioranza.Prodi e i suoi compagni hanno iniziato la rivoluzione
proletaria dando inizio alla distruzione dei simboli del passato
e nefasto regime, iniziando così una nuova era democratica
e socialista, mentre gli sconfitti umiliati, derisi ed offesi
si sono dati alla macchia, alcuni disperdendosi sulle montagne
per organizzare la resistenza, altri, i più fortunati,
per attraversare i mari e i cieli con le loro lussuose barche
e a bordo di jet privati.Ormai i “sinistri” affollano
la scena e le pubbliche manifestazioni in un tripudio di bandiere
rosse, di inni e canti popolari, ed è stata vietata agli
sconfitti la partecipazione alle manifestazioni in occasione di
ricorrenze storiche, allontanandoli dai cortei del 1° maggio
perché i lavoratori sono solo di sinistra, e dalla commemorazione
del XXV Aprile, la più importante festa di libertà,
ma anche di pacificazione celebrata nella Repubblica Italiana.In
alcune città è scattata la caccia all’untore,
ossia al fascista e al democristiano rimasto ligio ai principi
della Fede e della cristianità, e qualche ben informato
annuncia l’introduzione dell’obbligo, come accadeva
ai tempi di Mao, di partecipare alle pubbliche manifestazioni
con abiti tutti uguali dal taglio proletario, mettendo al bando
i colori che potrebbero ricordare il recente e buio passato, e
quindi l’azzurro il nero e soprattutto le cravatte a pois
e privilegiando evidentemente il rosso.
Si defilano tempi difficili per i comici e i satiri nostrani e
per i lacchè della nuova nomenclatura, che dovranno adeguarsi
al nuovo corso, non potendo ironizzare sui nuovi potenti e non
potendo disporre dei soliti e comodi bersagli: non potranno criticare
il discorso inaugurale del presidente della Camera e dei Centri
Sociali Bertinotti, e nemmeno irridere i rappresentanti del nuovo
governo per l’attaccamento dimostrato alla ragion di Stato,
ma anche e soprattutto alla poltrona.I guzzantini, i morettiani
e i ricchi comici televisivi se ne dovranno fare una ragione,
e dovranno inevitabilmente allinearsi alle posizioni già
assunte da Maurizio Crozza e Marco Travaglio, che ripetono inascoltati
che lo sberleffo della satira non può essere esercitato
nei confronti dell’opposizione, ma dei detentori del potere
politico.
Dario Meschi
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