Caro
direttore
Giugno 2008
di Carlo Bonfanti
Caro Direttore,
io non sono di sinistra, rispetto il pensiero di tutti e ho l’abitudine
di annotarmi su di un quadernetto le frasi che mi colpiscono.
Chiedo a Bisqui (pag 15 la goccia briantea di Aprile 2008) di
leggere queste parole:
Odio gli indifferenti. Credo che vivere
voglia dire essere partigiani. Chi vive veramente non può
non essere cittadino e partigiano. L’indifferenza è
abulia, è parassitismo, è vigliaccheria, non è
vita. Perciò odio gli indifferenti. L’indifferenza
è il peso morto della storia. L’indifferenza opera
potentemente nella storia. Opera passivamente, ma opera. E’
la fatalità; è ciò su cui non si può
contare; è ciò che sconvolge i programmi, che rovescia
i piani meglio costruiti; è la materia bruta che strozza
l’intelligenza. Ciò che succede, il male che si abbatte
su tutti, avviene perchè la massa degli uomini abdica alla
sua volontà, lascia promulgare le leggi che solo la rivolta
potrà abrogare, lascia salire al potere uomini che poi
solo un ammutinamento potrà rovesciare. Tra l’assenteismo
e l’indifferenza poche mani, non sorvegliate da alcun controllo,
tessono la tela della vita collettiva, e la massa ignora, perchè
non se ne preoccupa; e allora sembra sia la fatalità a
travolgere tutto e tutti, sembra che la storia non sia altro che
un enorme fenomeno naturale, uníeruzione, un terremoto
del quale rimangono vittime tutti, chi ha voluto e chi non ha
voluto, chi sapeva e chi non sapeva, chi era stato attivo e chi
indifferente. Alcuni piagnucolano pietosamente, altri bestemmiano
oscenamente, ma nessuno o pochi si domandano: se avessi fatto
anchíio il mio dovere, se avessi cercato di far valere
la mia volontà, sarebbe successo ciò che è
successo? Odio gli indifferenti anche per questo: perchè
mi dà fastidio il loro piagnisteo da eterni innocenti.
Chiedo conto a ognuno di loro del come ha svolto il compito che
la vita gli ha posto e gli pone quotidianamente, di ciò
che ha fatto e specialmente di ciò che non ha fatto. E
sento di poter essere inesorabile, di non dover sprecare la mia
pietà, di non dover spartire con loro le mie lacrime. Sono
partigiano, vivo, sento nelle coscienze della mia parte già
pulsare líattività della città futura che
la mia parte sta costruendo. E in essa la catena sociale non pesa
su pochi, in essa ogni cosa che succede non Ë dovuta al caso,
alla fatalità, ma è intelligente opera dei cittadini.
Non c’è in essa nessuno che stia alla finestra a
guardare mentre i pochi si sacrificano, si svenano. Vivo, sono
partigiano. Perciò odio chi non parteggia, odio gli indifferenti.
Antonio Gramsci, 1917

la presenza e il confronto in parlamento e nella società
con questa sinistra qui non mi dispiacerebbe!
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