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NATI DUE VOLTE LE CHIAVI DI CASA

Giugno 2008

di Giuseppe Pontiggia – Gianni Amelio

“Questi bambini nascono due volte. Devono imparare a muoversi in un mondo che la prima nascita ha reso più difficile. La seconda dipende da voi”.
‘Nati due volte’ racconta la storia di Paolo, venuto al mondo con un handicap che gli rende difficile l’articolazione della parola e il camminare. Franca e Giuseppe sono i suoi genitori e Alfredo suo fratello maggiore, che nutrirà sempre un senso di gelosia e non accettazione verso il fratello meno fortunato. Al momento della nascita di Paolo, i medici prospettano ai genitori che tutto si risolverà, che Paolo guarirà col tempo… ma il tempo passa e presto diventa evidente che le sue difficoltà non sono temporanee. Inizia dunque, per Giuseppe e Franca, la strada dell’accettazione e la presa di coscienza, tutta in salita. Giuseppe, padre e narratore, si sente in colpa per aver trascurato la moglie nel momento della gravidanza e racconta la sua lotta quotidiana nei confronti di un mondo che, troppe volte, non aiuta chi, come lui, vive una situazione di forte disagio e difficoltà. “Nati due volte’ non è scritto per suscitare compassione, pietà, ma per sensibilizzare su quanto sia difficile e talvolta frustrante essere il genitore di un ragazzo disabile: ogni piccolo gesto quotidiano è una lotta, ogni cosa che può sembrare ovvia è un muro davanti al quale non ci si può arrendere. Dal punto di vista del padre, ogni cosa viene passata ai raggi X, ogni pensiero, situazione. È come se da una parte del fiume ci fosse lui, dall’altra Paolo, il suo obiettivo e motivo di vita… e in mezzo c’è il fiume che scorre, tutto il mondo, da affrontare, veloce e inesorabile. Gianni ha passato la trentina, è sposato e da poco padre di Francesco. Anche Paolo però è suo figlio, anche se Gianni non lo vede dal giorno in cui la sua ragazza, giovanissima, è morta per darlo alla luce. Un parto che sembrava sotto controllo, il rifiuto per un cesareo e all’ultimo momento la situazione che precipita: si è dovuto usare il forcipe e Paolo ha riportato gravi handicap all’articolazione della parola e alle capacità motorie. Tutto questo però lo spettatore non lo sa, e ne viene a conoscenza solo quando Gianni, dopo quindici anni, si fa vivo e decide di accompagnare Paolo in una clinica tedesca di riabilitazione motoria. Lo spettatore quindi vede solo un ragazzino di 15 anni che si trascina sul suo bastone a tre piedi e fa fatica a parlare, ma la sua dolcezza non ha limiti. Attraverso Gianni in ‘Le chiavi di casa’ lo spettatore è portato a percorrere la strada che solitamente percorre una persona ‘normale’ davanti a un disabile: vergogna, voglia di scappare… che portano al primo bivio: c’è chi volta le spalle e chi non vuole arrendersi e piano piano, anche attraverso l’aiuto di chi conosce questa sofferenza, ne prende coscienza e prova grande affetto, di quello di cui non si può fare a meno. È un film senza troppe pretese, ma che riesce bene a descrivere le sofferenze di un bambino disabile: il suo modo di pensare e vedere la vita è quello di un ragazzo ‘normale’ della sua età, con gli stessi bisogni, desideri, sogni, e le sue abitudini, senza cui quasi non può vivere. “È sterminato il numero di cose che gli uomini sopportano, mentre negano di poterlo fare”. “È da non credere la reazione che i disabili suscitano in una specie ignorata di disabili, quelli normali”. “L’handicap ci aiuta a capire noi stessi”. “Possiamo immaginare tante vite, ma non rinunciare alla nostra”.

 
 
 
       

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