Il
Dramma Africano
Luglio 2005
di Dario Meschi
La situazione dei popoli africani è
sempre più drammatica: aumenta la povertà, addirittura
superiore rispetto a trent'anni fa; continuano le guerre e gli
stermini; aumentano le malattie e dilaga l'Aids, togliendo un
futuro e una accettabile prospettiva di vita alle nuove generazioni.
Per approfondire le problematiche e ricercare i possibili rimedi
di questo immenso territorio è nata la Commissione per
l'Africa, istituita dal primo ministro Blair, che ha affermato
un concetto inequivocabile ed essenziale: pace e sicurezza sono
le condizioni fondamentali per lo sviluppo, e rappresentano l'unica
possibilità in grado di garantire benessere, e prospettive
di vita una dignitose. Prevenire i conflitti deve diventare la
parola d'ordine capace di unire i popoli africani a quelli del
resto del mondo per giungere ad un cambiamento radicale, che sappia
generare progresso, ricchezza e crescita civile e sociale, e per
riuscire nel nobile intendimento occorrerà combattere le
cause profonde che sono alla radice di ogni conflitto. Molte delle
responsabilità in merito alla drammatica condizione in
cui versa il continente nero, dipendono dagli stessi africani,
i cui leader dovrebbero comprendere l'importanza del buon governo,
inteso come espressione di democrazia, di pace sociale, e del
riconoscimento dei diritti umani e civili, impegnandosi strenuamente
contro la corruzione che dilaga, dimostrandosi inoltre capaci
di dichiarare e risolvere alcune delle sfide culturali che li
attendono, senza per questo rinunciare la propria identità.
Il mondo esterno dovrà sentirsi obbligato a collaborare,
impegnandosi a non nuocere, e a non ostacolare la crescita dei
popoli africani, lasciando ai loro rappresentanti il compito di
promuovere lo sviluppo e la programmazione, pur mantenendo una
stretta collaborazione e aumentando gli aiuti, favorendo così
la crescita sociale, economica e tecnologica. I responsabili della
Commissione hanno lanciato un appello alle nazioni del G8 ed agli
altri paesi ricchi e industrializzati, affinché, sin d'ora,
rispettino alcune regole fondamentali, cominciando dall'impegno
di non vendere armamenti ai paesi in conflitto, giungendo inoltre
ad un trattato internazionale capace di disciplinare la vendita
delle armi nei paesi poveri, e in quelli in via di sviluppo. Solo
così, con uno sforzo comune e con obiettivi precisi, si
potrà in qualche misura invertire un processo di decadimento,
che costringe centinaia di milioni di persone a convivere con
la fame, e la malattia, esposti a soprusi e in mancanza dei più
elementari diritti umani. L'occidente sarà chiamato ad
una vigilanza non invasiva, impegnandosi a non riconoscere i regimi
insidiatisi con colpi di Stato militari, o con insurrezioni armate,
come l'Ua (l'Unione africana) sta facendo dal 1999, quando ha
rifiutato il riconoscimento del regime militare in Costa d'Avorio,
al contrario di quanto, nel frattempo, faceva l'Ue (l'Unione europea)
che lo accettava e sosteneva. In questi giorni c'è molta
attesa per le decisioni che saranno assunte sulla questione africana
dal G8 a Gleneagles, che potranno cambiare il futuro dell'Africa
per far si che tra vent'anni, nessuno possa ancora definirla "una
cicatrice sulla coscienza del mondo". Dario Meschi
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