
Il pozzo di Talete a cura di Lorenzo Buttini
Luglio 2005
LA FILOSOFIA E' UNA GRANDE SCUOLA DI DEMOCRAZIA
Seguendo un mio percorso tematico avrei
parlato oggi delle conseguenze della nascita della filosofia,
ma, come dissi, sono aperto ai contributi d'interesse dei lettori.
Mi è stato chiesto se oggi la filosofia abbia ancora qualcosa
da dire all'uomo, se abbia un futuro o piuttosto non sia una "lingua
morta" come il greco o latino.
La filosofia può sembrare morta nella misura in cui si
tradisce la sua vera essenza e ci si limiti a fare una storia
della filosofia scolasticamente intesa, perché una cosa
è mandare a memoria quello che hanno detto Platone, Aristotele
o Cartesio, altro è leggere un dialogo platonico, la Metafisica
aristotelica o il cartesiano "Discorso sul metodo".
Non solo leggerli ma meditarli e ripensare criticamente i problemi
posti.
Faccio due esempi per chiarire. Prendiamo il canto V° dell'Inferno,
quello di Paolo e Francesca: una cosa è studiarlo anche
sul miglior manuale di letteratura italiana, sapere chi sono i
due, la loro storia, la nascita del loro amore, apprendere che
Dante pur mosso da "simpatia" verso di loro li condanna
ugualmente alla pena eterna per il suo rigorismo religioso, ecc.;
altro è leggere quei versi immortali, farsi rapire dalla
magia della parola e, per incanto, sentirsi presenti all'incontro
con quelle "anime affannate…quali colombe dal disio
portate" e avvertire pure noi il bisogno di dire col Poeta
"Francesca i tuoi martiri / a lagrimar mi fanno tristo e
pio" quando Francesca, con quella totalità che solo
le donne sanno avere, in tre terzine, tutte inizianti con la parola
"amore", ci narra la parabola del suo amore per Paolo.
Leggendo la prima terzina "Amor che al cor gentile ratto
s'apprende….." ci sentiamo proiettati nell'essenza
della "poesia cortese" e percepiamo che Dante ha avvolto
i due amanti nell'atmosfera della poesia provenzale e stilnovista
che aveva idealizzato l'amore. Nella seconda i nostri cuori vibrano
all'unisono con Dante e gli infelici amanti e sottoscriviamo senza
riserve "Amor, ch'a nullo amato amar perdona / mi prese del
costui piacer sì forte / che, come vedi, ancor non m'abbandona"
e quando nella terza Francesca continua "Amor condusse noi
ad una morte…." ci sentiamo turbati per l'epilogo della
storia.
Poi una cosa è studiare che due giovani onesti vogliono
unirsi in matrimonio ma, a causa di un malvagio e della viltà
di un curato, coroneranno il loro sogno dopo infinite peripezie,
altra cosa è godersi la lettura dei "Promessi sposi".
La filosofia non si esaurisce nella conoscenza di ciò che
hanno detto i filosofi del passato ma è soprattutto un
fare filosofia: chi legge un filosofo del passato è sempre
un uomo d'oggi, il suo è uno sguardo del presente che interroga
il passato ,lo ascolta e lo fa rivivere.
Fare filosofia in questo modo avrà inevitabilmente ripercussioni
sulla condotta dell'uomo, perché dal libero pensiero deriva
anche il libero agire che conduce alla ricerca della migliore
convivenza possibile.
La filosofia attraverso il confronto critico educa alla democrazia,
perché la filosofia è sempre comprensione tra due
orizzonti. La "conditio sine qua non" della filosofia
è confrontarsi con le ragioni dei filosofi precedenti,
non tanto e non solo per conoscere il loro punto di vista, ma
per abituarsi a mettere in atto la capacità di ricerca
del sapere. E' qualcosa che va al di là della propria soggettività
e tende all'universale mostrando che la verità non è
mai qualcosa di dato, ma è un cammino sempre in atto.
Alla base della filosofia c'è il dialogo. Chi rinuncia
al dialogo, chi non vuole o teme il confronto dialettico con gli
altri, ha la presunzione di avere già la ragione dalla
sua parte e di non necessitare perciò di alcuna verifica
del proprio punto di vista.
In tale ottica l' "altro" che ho di fronte è
incapace di darmi qualcosa, perciò lo giudico "inutile",
mi è allora "indifferente" e non mi importa nulla
di lui, di cosa pensa o fa; in altre parole è il "diverso"
e mi infastidisce pure, perchè può mettere in discussione
le mie certezze. Questa è la logica aberrante che sta alla
base del rifiuto del dialogo.
Solo attraverso il dialogo le persone possono arrivare al reciproco
rispetto perché in esso possiamo e dobbiamo sforzarci di
comprendere le altrui ragioni. Sulla funzione e valore del dialogo
tornerò a proposito di Socrate e Platone.
Questi accenni solo per far capire come la filosofia, intesa come
problemi posti da filosofi vissuti secoli fa, sia sempre attuale.
Consideriamo il mito più noto di Platone, quello della
caverna, narrato nel VII° libro della "Repubblica".
E' l'allegoria del processo della conoscenza umana, simboleggia
il percorso per elevarsi dall'opinione alla verità. L'uomo
che si affida solo ai sensi è uno schiavo incatenato dall'infanzia
in una caverna, con la faccia rivolta verso la parete di fondo
ove si proiettano le ombre delle cose reali che passano tra l'apertura
della caverna e un gran fuoco che splende dinanzi ad essa. Lo
schiavo scambierà quelle ombre (conoscenza sensibile, opinione)
con la realtà e solo se, spezzate le catene, riuscirà
ad evadere dalla caverna potrà contemplare, dopo aver assuefatto
l'occhio alla luce del sole, le cose quali sono (conoscenza intelligibile).
Non è forse anche l'uomo d'oggi rinchiuso nella moderna
caverna della televisione dove non fa esperienze dirette ma vive
solo quelle indirette, si abitua alle opinioni che questo mezzo
elargisce e lo rende incapace di pensare con la propria testa,
di comprendere e di attingere una verità che sta al di
là dell'opinione.
Continuate a scrivermi a "lbuttinifilos@aliceposta.it"
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