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Quel tratto del “nostro” lago ...

Luglio 2005
di Antonio Isacco

La memoria è ciò che costituisce l'identità di ciascuno di noi: senza il ricordo delle vicissitudini precedenti non sarebbe possibile alcuna conoscenza di sé e del mondo che ci circonda, né tanto meno alcuna comunicazione con gli altri. La memoria è anche un labirinto in cui si rischia di perdersi. Anche quello che cercherò di, modestamente e con molta semplicità, raccontarvi è il risultato di un percorso mnemonico costituito da più fatti che spero abbiano a offrire molteplici stimoli per ravvedersi su notevoli problematiche che ci toccano individualmente.
Parto dall'immediato ultimo nostro dopoguerra. Anni molto bui. La tessera annonaria era ancora in pieno vigore e la fame si faceva sensibilmente sentire. Io, appena bambino, ero solito trascorrere le vacanze scolastiche estive recandomi, mattina e pomeriggio, al lago. Il meraviglioso lago di Pusiano che dal versante di Casletto si godeva uno stupendo colpo d'occhio da rimanere ammutoliti di fronte a tanta bellezza e dolcezza di paesaggio lacustre, incastonato in un fantastico verde circondato da lievi colline e maestose montagne. Anche se, fin d'allora, una macchia bianca faceva intravedere l'esistenza di una cava. Si accedeva a tanta magnificenza da due stradine inghiaiate che rispettavano con molta naturalezza i prati e i campi tanto laboriosamente coltivati. Non vorrei esagerare ma, ai miei occhi, tutto era paradisiaco. A queste sponde non ero il solo ad accedere ma con i bambini della mia età e tutti quelli poco più "anziani", fino a giungere agli 11, 12 anni, facevamo un piccolo esercito inoffensivo che ogni giorno, gioiosamente, avevamo eretto le sponde, le spiagge , le acque e il bosco del lago a nostro unico e supremo luogo di ritrovo e di delizie.
Il mattino lo si dedicava quasi esclusivamente alla caccia dei "besiot" o delle "sghirle" oltre, naturalmente, agli immancabili vermi, cioè tutte le esche naturali disponibili di allora. Di primo pomeriggio, e cioè verso le tredici, e anche prima, scorazzavamo lungo tutta la spiaggia dedicandoci alle più disparate "attività": c'era chi si dedicava alla pesca, chi all'affannosa costruzione, con la finissima sabbia, di un circuito o un percorso molto più articolato comprendente anche la salita che, comunemente, veniva definita "Ghisallo", e con le palline dei platani, allora veramente più numerosi e monumentali, si iniziava a giocare e, di regola, dopo due o tre ore, si finiva col distruggere il gioco tanto accuratamente edificato. Questo epilogo era altamente creativo perché il giorno seguente si inventava qualcosa di alternativo a quello precedente e così di seguito di giorno in giorno fino, purtroppo, al termine delle vacanze.
Ma i più si affrontavano in interminabili partite di calcio frammentate da spericolate corse in acqua culminanti in tuffi a mo' di "delfino" con relative bevute d'acqua cristallina, tanto per dissetarci, per poi ritornare, ben rinfrescati, al campo di calcio e nuovamente al gioco e così per ore e ore. Il campo di calcio veniva ricavato nella zona chiamata "la sabbia", dopo un'accurata pulizia dei gusci delle ostriche morte, onde evitare di tagliarsi i piedi perché, questi, erano doverosamente nudi. Che dire degli interminabili bagni? Si conoscevano uno ad uno ogni sasso lungo tutta la spiaggia: il più famoso era quello in cima alla punta cioè quello detto "dell'asen", poi quello "della buscina", quello "aguzzo", il "primo", il "secondo", il"terzo"….. e via di seguito fino al "sassello" della riva oltre il quale non si toccava più il fondo per cui era indispensabile saper nuotare e immancabilmente, tutti, ma proprio tutti, per spirito di emulazione e più o meno bene, lo sapevamo fare. C'era il periodo dei "mazagatt", quello delle ninfee e quello dei giunchi. Questi ultimi venivano tagliati, sul fondo del lago, assiemati in modo tale da formare come due fascine perfettamente galleggianti, sulle quali ci divertivamo, come pazzi, a scorrazzare per il lago finché, dopo innumerevoli tuffi e capriole, la primitiva imbarcazione si sfasciava lasciandoci immersi nelle acque anche a centinaia di metri dalle sponde. Alcuni giorni, per non dire quasi quotidianamente, ci si inoltrava nell'adiacente bosco e un ragazzo, il più dotato fisicamente, impersonava "Tarzan": il Re della giungla.
Questi si sceglieva, fra gli altri ragazzi, il suo "Gorilla" e, fra i più piccoli, la sua "Cita"; mentre gli altri, cioè i più giovani o mingherlini, usavano interpretare la parte dei "cacciatori bianchi", i quali temevano molto il "Gorilla" ma avevano il terrore di "Tarzan" che, con il suo inconfondibile urlo, avvertiva della sua imminente presenza facendoci fuggire dal suo territorio, debitamente segnalato da alberi inconfondibili, e nella fretta di scappare abbandonavamo "Cita", la scimmietta, che era il bottino di caccia dei "cacciatori bianchi".
Vi sarete accorti che erano giochi molto semplici ma tanto creativi con note di puro, sano e piacevole divertimento, e di grande socialità. Altri tempi! Certo, altri tempi! Direi molto migliori di quelli odierni: non esisteva il "branco" e il "capo branco".
C'erano, inoltre, diverse sorgenti naturali di limpida e freschissima acqua. Le più note erano: il "curnin" e il "corno". Il "corno", esiste tuttora con conficcato dentro un tratto di tubo in polietilene!..... Fantastico! Comunque, allora, diverse compagnie di giovanotti e signorine erano solite mettere a bagnomaria, nelle freschissime acque, delle invitanti angurie che, tra una risata e l'altra, venivano letteralmente divorate in questo angolo stupendo di frescura.
Costituita la Pro-Loco Casletto-Rogeno, provvedeva, oltre ad altre ammirevoli iniziative, a collocare un piatto doccia, in prossimità della Via al Lago, la quale permetteva, a tutti coloro che lo ritenessero, di darsi una vigorosa sciacquata con acqua potabile.
Sempre nell'immediato dopoguerra arrivavano sulle nostre spiagge, nel periodo estivo, specialmente le domeniche e nei giorni festivi oltre al, allora, limitato periodo di ferie, frotte di bagnanti di ogni età, ceto e ordine sociale. Arrivavano con i più disparati mezzi di locomozione che andavano dal treno ai camion stracarichi, oppure con innumerevoli biciclette dove, vuoi per i copertoni lisi, vuoi per le strade quasi tutte inghiaiate, poche di esse passavano immuni dalle inevitabili forature. Per cui, alcuni avveduti nostri compaesani, si premunirono e con oneste fatiche operavano fino a tarda sera per le necessarie riparazioni. Da calcoli, credo per difetto, alcune domeniche dei mesi di luglio e di agosto, sulle nostre spiagge si potevano contare, più o meno, dieci-quindicimila bagnanti. Una moltitudine che per chi non ha vissuto quel periodo, potrebbe sembrare una di quelle "balle" che popolarmente vengono attribuite ai cacciatori, ai pescatori e non ne sono privi nemmeno i cercatori di funghi, (non me ne abbiano a male nessuno di queste categorie). Credetemi è la verità!
C'era un embrione di commercio turistico che consisteva nell'indispensabile servizio di vendita di "penagie" di ottimo gelato artigianale, oltre alle rinfrescanti granite condite con buonissimi sciroppi dai vari gusti, il mio preferito era al tamarindo. C'era anche chi vendeva pasticcini, "straccadenti", veneziane e altre delizie dolciarie che, o per il troppo sole, o per l'"età", finivano per diventare particolarmente appiccicose. Erano decisamente altri tempi! Esisteva, fin d'allora, anche una bellissima barca a quattro remi con timoniere incluso. Era letteralmente presa d'assalto dai bagnanti più "facoltosi". A noi bambini o ragazzi, era quasi inavvicinabile. L'unico modo per salirci era quando doveva ritornare al molo di Bosisio Parini, così si faceva a turno nel remare e giunti in porto si ritornava, in quel di Casletto, a piedi o a nuoto lungo le sponde del lago.
Succedeva spesso che arrivasse in cielo il "puiàn". Allora, come dei provetti coristi, ci mettevamo a gridare, a squarciagola, "la brusa la ca' del puiàn" finché, il rapace, forse intimorito dal sonoro coro, riprendeva con decisione la rotta che portava al Cornizzolo ove, probabilmente, aveva insediato il proprio nido. A proposito del monte Cornizzolo: ho accennato che una macchia bianca identificava una cava. Era, allora, una piccola ma inquietante macchia, ora è diventata, per inerzia e inettitudine di chi era ed è preposto alla tutela del paesaggio, un'enormità tale da interessare anche persone prive di un benché minimo buonsenso e buon gusto. Una cosa raccapricciante, vomitevole, indegna di una qualsiasi possibile definizione letteraria. Questo po', po' di deturpazione paesaggistica è il risultato di inconcepibili mancanze di sensibilità e non solo ambientale. Ma dov'erano e dove sono quelle "tipiche formazioni politiche" che hanno il loro cavallo di battaglia nella salvaguardia dell'ambiente?
Ha, o hanno, paura ad esporsi perché, come prerogativa dei deboli, sono grandi nelle piccole cose e piccoli nelle grandi cose? Anche qui si deduce che hanno "sarà ul stabièl dopo che lè scapà ul purcèl"!..… Efficienti!
Diversi anni, purtroppo, sono trascorsi da allora ma, visto che ancora la memoria non mi fa difetto e penso, con modestia, di non essermi perso in nessun labirinto, posso tranquillamente affermare che in quel tratto del "nostro" lago: c'erano e anche tante….., tante….., tante altre cose, tutte erano molto….., molto….., molto belle!
E ora?..... Anche ora si avverte la necessità del lago. Senz'altro meno di allora, anche perché con l'avvento del "progresso", si è portati a un altro tipo di svago: finire incolonnati in una fantozziana coda di automobili!..... Originale!
E ora?..... Lo squallore e la sporcizia regnano sovrane. Sulle nostre, dovrei dire spiagge ma proprio non posso, perché la sabbia, la finissima sabbia ci è stata succhiata avidamente da persone in assoluta malafede. Al suo posto ci hanno lasciato la melma più schifosa.
I nostri Amministratori Comunali, trascorsi e attuali, hanno teso e tendono alla propria sopravvivenza quotidiana, infischiandosene altamente del lago, delle sue sponde, delle sue, ormai inesistenti, spiagge!..... Geniale!
E ora?..... Ora è decisamente tardi per i nostri Amministratori Comunali! (Soltanto un Comune si è distinto in maniera positiva, tralascio di nominarlo perché è facilmente identificabile, ma ho il timore che è l'eccezione che conferma la regola).Di certo ci sono rimaste ancora due cose: la speranza dell'alba e la serenità degli incantevoli tramonti!
Penso che, malgrado tutto, un filo tenue di speranza ci sia, ma mi accorgo che è proprio l'ultimo: quella istituzione che è stata definita: "Parco della Valle del Lambro", dove anche il lago di Pusiano è stato inserito e mi, o meglio, ci auguriamo che non diventi un altro "carrozzone" da mantenere e basta!
Spero?..... Speriamo!.....

 
 
 
       

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