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IL SANTUARIO DELLA BEATA VERGINE
DEL ROSARIO DI POMPEI IN MERONE

Luglio 2005
di Giovanni Liga

L'attuale santuario della "Madonna di Pompei", o semplicemente "Pompei", come di solito viene chiamato in paese, fu fino al 1888 la chiesa parrocchiale, che serviva alle comunità di Moiana, di Merone ed, in parte, di Incino. E' chiesa antica. E' certa la sua esistenza fin dal 1285, perché nel testamento di Guglielmo Carcano si dava mandato ai figli di far celebrare annualmente una messa di suffragio per la sua anima nella chiesa di san Giacomo presso Merone: "…ad ecclesiam Sancti Iacobi prope Meronum".
Di una chiesa esistente in "locho Merone" parlò anche Goffredo da Bussero, vissuto nella seconda metà del XIII secolo e autore di un famoso catalogo di tutte le chiese della diocesi di Milano. Egli la citò tra quelle che costituivano la pieve di Incino, una delle più antiche di Lombardia, risalente alla metà del V secolo e raccolta attorno alla chiesa madre di Sant'Eufemia, che, con la sua bella torre campanaria, serviva da luogo di culto e di difesa. Un'altra notizia interessante risale al 1564, agli inizi dell'episcopato di san Carlo Borromeo. Nel Liber Seminarii Mediolanensis, pubblicato il 21 gennaio 1565, apprendiamo il nome di due rettori, don Antonio Pelizoni e don Francesco Carpani, ma anche per la denominazione della chiesa. Infatti la chiesa di Moiana, dedicata ai santi apostoli Giacomo e Filippo, era comunemente detta di "san Giacomo della Ferrera", per la località in cui era situata, o "san Giacomo in isola", perché spesso le acque del lago di Pusiano e del Lambro, straripando, la circondavano da ogni parte.

Da questo momento le notizie sulla chiesa si fanno più frequenti e si possono facilmente ricavare dagli atti delle diverse visite pastorali. Nel 1565 è una chiesa povera, in condizioni precarie, che rischia di rimanere abbandonata anche a causa della lontananza dalla casa del curato.
Il 22 giugno 1589 venne in visita pastorale monsignor Pietro Barchio, dottore in teologia e diritto canonico. Dalla sua relazione veniamo a sapere che, finalmente, era stata costruita la sacrestia e che la chiesa di san Giacomo della Ferrera era stata dotata di confessionale.
Il 1615 fu un anno veramente importante per la piccola chiesa dei santi Giacomo e Filippo. Si trattava di dare una nuova struttura alla parrocchia, ridefinendone i confini tra Moiana, Merone e Monguzzo, e di ridisegnare le aree di competenza per il culto delle rispettive chiese. L'elemento nuovo era, infatti, l'oratorio, che già san Carlo aveva voluto e che si stava costruendo o, più probabilmente, era in via di ultimazione, a Moiana. Per la constatazione che la chiesa della Ferrera era situata in piena campagna, al di là del Lambro, lontana dai paesi di Moiana e di Merone, scomoda da raggiungersi dai parrocchiani, si decideva che ogni esercizio parrocchiale per le famiglie di Moiana e per quelle abitanti al di là del Lambro si svolgesse nella chiesa che si stava costruendo a Moiana sotto il titolo dell'Assunzione della Beata Vergine Maria (l'attuale chiesetta di san Francesco); Invece l'abitato di Merone, i mulini, le fornaci, la cascina Ceppo e tutte le altre famiglie residenti al di qua del Lambro sarebbero passati sotto la parrocchia di san Biagio e sarebbero stati censiti come parrocchiani di Monguzzo. Intanto a Merone si sarebbe dovuto ampliare la chiesa di santa Caterina e dotarla di sacrestia e di torretta per le campane.
Però, mentre si attendeva la realizzazione di questo progetto, era necessario provvedere anche alla chiesa della Ferrera, la cosiddetta chiesa dei santi "Iacobi et Philippi in Insula", come, per la prima volta, veniva definita in un documento ufficiale, e così non fu chiusa al culto, nemmeno dopo la consacrazione della nuova cappella di Moiana e il trasferimento di parte della parrocchia a Monguzzo.
Il cardinal Visconti, in visita pastorale nel 1686, poté definirla chiesa di moderna ed elegante struttura . Il cardinale, inoltre, invece di lamentare, come sempre prima era successo, la posizione troppo isolata della chiesa, ne sottolineava la collocazione strategica, dal momento che era situata ad uguale distanza dai paesi di Merone e di Moiana.

Nel Settecento, nonostante la povertà restasse ancora una condizione comune, l'economia dei nostri paesi era in ripresa: migliorò l'agricola, ma soprattutto iniziò lo sviluppo dell'attività dei mulini, dei magli e dei torchi lungo il Lambro. Nell'Ottocento poi lo sviluppo fu veramente notevole e, assieme all'aumento demografico, andarono diffondendosi anche condizioni di vita meno misere.
Quando nel 1877 giunse a Moiana-Merone il nuovo parroco, don Carlo Moranzoni, egli si trovò subito di fronte al problema della inadeguatezza della chiesa, assolutamente incapace di contenere tutti i fedeli. Ritornò, quindi, impellente la necessità di costruire un nuovo edificio. E fu proprio don Moranzoni a concretizzare l'opera, da secoli sollecitata. Il progetto fu redatto dall'ing. Tiberio Sironi di Cantù: "Chiesa grande, capace, maestosa, in forma di croce latina, ad una sola navata". La prima pietra fu posata il 25 marzo 1880. Ma ben presto iniziarono le difficoltà: in breve i fondi di cui la fabbriceria disponeva e quelli offerti dalla generosità dei benefattori si esaurirono. Non serviva più nemmeno la prestazione d'opera gratuita da parte degli abitanti. Così già nel 1881 il parroco fu costretto ad interrompere i lavori e la nuova chiesa restò lì, incompiuta, con i muri eretti a sei metri circa fuori terra.
Qualcosa non aveva funzionato secondo le previsioni o, forse, secondo le attese. Il progetto dell'ing. Sironi prevedeva per la costruzione della chiesa una spesa di 61.583 lire. Il parroco, al momento di intraprendere i lavori, si era assicurato circa un terzo della somma
Intanto tra il 1881 e il 1886 i lavori restarono completamente fermi. Fu proprio il prefetto di Como a trovare una soluzione. Nel 1884 fu fatta una nuova perizia, fu modificato il progetto e la spesa per il completamento dell'opera fu ridotta a 19.600 lire. I lavori ripresero nel 1887 e nel 1888 erano ultimati. Il 12 ottobre dello stesso anno avvenne la consacrazione.
Anche la nuova parrocchiale fu dedicata ai santi Giacomo e Filippo. La vecchia chiesa della Ferrera dovette cederle le proprie suppellettili sacre, in particolare l'altare, ma in tal modo essa diventò inutilizzabile per il culto. Si ipotizzò di trasformarla in magazzino per deposito di materiali, visto che l'edificio era lontano solo 160 metri dal cimitero. Poi, però, l'idea di dare alla vecchia chiesa una destinazione civile fu subito abbandonata e si pensò di trasformarla in santuario dedicato alla Beata Vergine del Rosario di Pompei. Con tale titolo, infatti, fu registrata negli atti della visita pastorale, effettuata dal cardinal Ferrari nel 1898. Da questo momento la vecchia parrocchiale diventò definitivamente il santuario della Beata Vergine del Rosario di Pompei e subì poche trasformazioni di rilievo.

 
 
 
       

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