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Il pozzo di Talete a cura di Lorenzo Buttini
Luglio 2007

L’ETICA SPORTIVA
(sesta parte)

Cosa c’è stato di moralmente inaccettabile in tutta la vicenda dello scandalo del calcio? Lo sport dovrebbe avere una finalità educativa verso i giovani, mentre la lezione che essi hanno ricavato è che ad aver successo, ad arrivare primi nella corsa della vita sono i più “furbi” e non quelli che si impegnano di più.Un adagio che spesso usiamo è “mens sana in corpore sano”. A prescindere che esso in origine aveva un significato molto diverso, in quanto è ricavato da un verso di Giovenale “orandum est ut sit mens sana in corpore sano” con il quale il poeta latino voleva dire “bisogna pregare gli dei affinché ci diano uno spirito forte ed un fisico robusto in grado di sopportare le fatiche e sostenere la paura della morte”, mentre è stato tramutato in “per essere individui eccezionali bisogna avere una mente ed un corpo efficienti” (la traduzione “di comodo” fu fatta durante il fascismo, allorché divenne quasi un corollario del motto “libro e moschetto, fascista perfetto”), ci si dovrebbe impegnare seriamente ad uno sviluppo armonico delle qualità fisiche, psichiche e morali delle giovani generazioni. Per Montaigne il bambino non è una bottiglia d’acqua che bisogna riempire, ma un fuoco che bisogna accendere. K.G. Jung diceva “Se c’è qualcosa che desideriamo cambiare nel bambino dovremo prima chiederci se non sia qualcosa che faremmo meglio a cambiare in noi stessi”.

Occorre anteporre sempre il benessere fisico e psicologico del bambino al proprio desiderio di vederlo vincere e considerare il proprio figlio un uomo da educare e non un campione da allenare, ricordando loro che l’aspetto più importante della competizione sportiva non è il risultato. Qual è, invece, lo scenario che abbiamo davanti? Basta frequentare le scuole di avviamento al calcio per notare genitori che si sbracciano a bordo campo come esagitati “ultras” della squadra in cui gareggia il figlio e guai a quell’allenatore che dovesse sostituirlo o all’arbitro che assuma un provvedimento nei confronti del ragazzo o della sua squadra. Tutto ciò è diseducativo ed è dettato solo dalla personale ambizione di far diventare il proprio rampollo un futuro componente dello “star system” del calcio, un “eroe sportivo” da immettere al più presto nella “macchina economica” anche al prezzo di farlo triturare dal sistema consumistico e fargli perdere ogni dignità culturale ed etica. Sarebbe, invece, da auspicare un approccio diverso alla pratica sportiva, un atteggiamento che rimetta in primo piano l’aspetto ludico, creativo e di benessere e crescita morale. Ho già detto in precedenza che la vera dimensione dell’etica sportiva si ha quando si rispetta l’altro, l’avversario. L’etica non è qualcosa che può essere confinata in un recinto, ma deve riguardare tutte le sfere della nostra vita collettiva. Dobbiamo mantenere questa dimensione, che forse è quella della speranza, ma senza di essa la nostra epoca diventerebbe quella che il poeta Holderlin definiva “tempo di povertà”, tempo in cui “gli dei sono scomparsi ed il sole è tramontato”. Per il filosofo Bloch, il cui assunto di base era “la ragione non può fiorire senza la speranza, la speranza non è in grado di parlare senza la ragione”, la speranza costituiva l’impulso primordiale della vita, è una specie di molla che spinge gli uomini a trascendere il presente e ad incanalarlo in direzione del futuro, perché nel caso in cui non si avesse più alcuna speranza da coltivare lo stesso agire umano diventerebbe impossibile. La speranza è come un faro che all’improvviso e nel buio, diffondendo la sua luce, apre squarci di serenità. E’ senz’altro possibile procedere sulla strada della lealtà e del rispetto incondizionato dei propri doveri se e solo se si è consapevoli di una dimensione etica della vita che si traduce nel rispetto di se stessi e degli altri, nel rifiuto di qualsivoglia compromesso con la propria coscienza e nella certezza che esiste una sfera di valori che trascende la vita stessa. Non è allora tanto importante parlare di un nuovo codice etico per il mondo del calcio, perché l’etica non si può instaurare dall’oggi al domani attraverso una imposizione dall’alto. La morale non è soggetta ad essere legiferata ma si crea solo attraverso un circolo virtuoso che inizia il suo cammino con l’applicazione incondizionata delle regole. In sostanza non è tanto importante un codice etico quanto il quotidiano impegno di tutti per punire coloro che non rispettano i doveri, gli impegni e le regole di probità sportiva, premiando ed elogiando, al contrario, coloro che lo fanno. Il modello vincente non deve più essere quello della furbizia, dello scambio di favori o dell’amico giusto al posto giusto perché l’etica viene svuotata di ogni significato se la contraddiciamo quotidianamente con i nostri comportamenti.

lbuttinifilos@alice.it (Continua 6)





 

 

 

 

 
 
 
       

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