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Governo e immigrazione

Luglio 2007
di Dario Meschi

Il governo ha cestinato la legge Bossi-Fini sull’immigrazione per sostituirla con un nuovo provvedimento legislativo firmato dai ministri Amato e Ferrero. Il “golpe” ha scatenato le polemiche, destando la preoccupazione dei partiti dell’opposizione e di una parte considerevole dell’opinione pubblica, che non lo dichiara apertamente, ma ama più il bastone e la carota dei messaggi propagandistici, spesso illusori, di certa sinistra, abituata a parlare bene per poi razzolare male: il Dpef prevede negli anni a venire riduzioni minime delle imposte, mentre si sta inasprendo con un’inaudita violenza la pressione fiscale, evidenziando ancora una volta l’abissale differenza tra le facili promesse e i risultati concreti. Mentre l’eco del discorso di Veltroni al Lingotto non si è ancora spento, grazie ai giornalisti di regime, che hanno riservato al sindaco di Roma entusiasmanti reportage, e lo hanno incoronato anzitempo nel ruolo di leader, capace di traghettare il Paese verso un futuro ricco di certezze, di sicurezza e di pace sociale, già si sta mitizzando un personaggio rispettabile, abile politico dalla dialettica fabulatrice, ma comune mortale, e come tale incapace di miracoli, così com’è già stato dimostrato dalle gravi problematiche che attualmente, dopo un lungo periodo di veltronismo, coinvolgono la capitale, penalizzando soprattutto le fasce sociali più deboli e a rischio, che, non è un caso, esprimono una messe enorme di consensi a favore della destra di Fini. Veltroni, tra le numerose argomentazioni trattate, ha espresso la volontà di garantire sicurezza, e questo proprio nel momento in cui i suoi compagni di viaggio stanno attentando all’incolumità dei cittadini, già sottoposti a dura prova, aprendo le porte a schiere d’immigrati, a volte barbari violenti votati al malaffare e al rapido arricchimento, attratti dal paese di bengodi, dove tutto è lecito e possibile, e dove la libertà di commettere reati è sacra e inviolabile, soprattutto nelle aule dei tribunali dove i giudici, per lassismo o per le carenze legislative, lasciano in libertà schiere di delinquenti pericolosi colti con le mani nel sacco. L’ordine è una priorità e nel frattempo un’emergenza, ed è sempre stato considerato una prerogativa della destra o dei regimi totalitari comunisti. Gli eredi dei sessantottini, ora al governo, continuano a sognare ad occhi aperti e, invece di affrontare l’emergenza nella sua cruda realtà, approvano l’indulto, cambiano i responsabili delle forze armate e della polizia, e anziché stringere la morsa, adottando provvedimenti e destinando risorse, preferiscono la demagogia e il facile perdonismo, credono nella riabilitazione, e mettono a repentaglio le famiglie che sono insicure anche tra le quattro mura di casa. Le nuove regole allenteranno i controlli e favoriranno l’afflusso di stranieri e prevederanno la programmazione triennale anziché annuale dei flussi. I tempi di permanenza saranno più lunghi, e chi dispone di un contratto di impiego inferiore ai sei mesi potrà restare un anno, chi avrà un contratto più lungo potrà soggiornare per due anni. Il ventaglio delle novità concederà permessi a tutti, i Cpt saranno progressivamente svuotati per giungere alla loro chiusura, verrà introdotto lo stop alle espulsioni e la facoltà di eleggere i sindaci. Inoltre gli sponsor locali (enti, associazioni professionali o sindacali) potranno “adottare” i dipendenti, fornendo per loro garanzie di carattere patrimoniale, da utilizzare come merce di scambio al momento del voto, in un palese tentativo di strumentalizzare a proprio vantaggio la situazione. Ma, indipendentemente dalle novità previste che saranno oggetto di approfondimento e di una dura battaglia parlamentare, stupisce, di fronte all’emergenza criminalità e dall’aumento di fatti di cronaca delittuosi, che si possa immaginare una società multietnica nella quale convivere pacificamente, senza favorire un processo di accoglienza programmato, per garantire agli immigrati una vita decorosa, senza cadere nelle mani di profittatori o di organizzazioni malavitose. Il processo in corso andrebbe affrontato con rigore nell’interesse dei nostri connazionali e degli ospiti desiderati, evitando un’invasione di disperati destinati a sconvolgere gli attuali e già precari equilibri. Se non prevarrà il buon senso bisognerà, gioco forza, manifestare con veemenza il dissenso, affinché la situazione non precipiti e degeneri. Il ruolo della politica e il confronto tra opposizione e maggioranza sono determinanti e insostituibili, anche se il Parlamento, in particolare il Senato della Repubblica, vive una paralisi gravemente nociva alle istituzioni e al Paese.
Dario Meschi

 
 
 
       

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