L'Arca
di Nina
Luglio 2008
di Anna Sartorio
… Sempre più l’uomo vive in una scatola, una
scatola che si costruisce da solo, sopra la sua testa. Una scatola
che lo tiene lontano da quello che c’è fuori, cose
brutte, ma anche cose belle, che gli impedisce di comunicare con
l’altro, che gli impedisce di vedere il cielo. Sempre di
più vive in modo frenetico, corre, il tempo lo insegue…
senza dargli l’opportunità di fermarsi, guardare
il cielo, chi lo circonda, e pensare, riflettere, forse capire.
Tutto è scontato all’interno della scatola, tutto
è lì, a portata di mano, facile da raggiungere,
finché capita qualcosa e d’improvviso anche la cosa
più banale, la quotidianità, la routine, alzarsi
la mattina per andare a lavorare… diventa così lontana,
così difficilmente afferrabile e raggiungibile.
Anna Sartorio ha una vita piena, è
giornalista ed è sposata con una bimba. La sua vita corre,
anzi galoppa. Neanche il sesto mese di gravidanza la ferma, lei
continua a correre. Finché un giorno, d’improvviso,
le si rompono le acque, e per avere una possibilità su
mille di salvare la sua piccola, i Custodi, come chiama i medici,
devono farla partorire, non c’è scelta. Nina nasce
alla ventisettesima settimana di gestazione, con parto cesareo,
è lunga poco più di 30 centimetri, ci sta in una
scatola di scarpe, e ha ancora la faccia da feto. Le sue condizioni
sono molto gravi a instabili, ha continue crisi cardiache e di
respirazione, i suoi organi sono formati a metà.
Anna non ha nemmeno il tempo di rendersene conto e non è
più padrona della sua vita.
Che illusione, quella di poter controllare la nostra vita…
“La Terra è un mondo di universi paralleli, tutti
convivono e si sfiorano, ma spesso non si ha la curiosità,
la voglia, la forza, di volerci entrare”. Questo universo
parallelo si chiama TIN, Terapia Intensiva Neonatale: Tin sembra
il dolce suono di un carillon, ma in realtà sono altri
i suoni che cullano le giornate. In questo mondo sono ospitate
persone in miniatura, “piccolissimi pazienti ma con enormi
problemi”, che sopravvivono grazie all’Amore dei Custodi.
Qui tutto è a dimensione dei piccolissimi pazienti, aghi,
cannule, respiratori… e un bambino nato all’ottavo
mese pare un gigante; un germe può uccidere, una semplice
influenza essere letale. Ed è per questo che ogni persona
che vi mette piede, dopo il lungo corridoio che separa dalla realtà,
deve essere completamente ‘sterilizzata’.
Per Anna ogni giorno è una lotta contro i minuti, le ore,
contro quel maledetto monitor che prende a suonare, bip bip bip,
ogni volta che Nina ha una crisi, e contro la bilancia: alla sua
nascita era di 830 grammi e il suo peso non aumenta. Nina diventa
la sua unica priorità di vita e il reparto di Terapia Intensiva
Neonatale la sua casa. Dopo la degenza in ospedale Anna va alla
TIN ogni giorno, dalle 13 alle 21, ma solo perché questo
è l’orario di visita. Qui si riscopre mamma, parla
con la sua piccola attraverso l’arca che la tiene in vita,
cuce un copri incubatrice con gli animaletti, piange, soffre,
si commuove per le altre mamme: si intrecciano qui storie, più
o meno tristi, ma sempre con una cosa in comune: la vita è
appesa a un filo e se ne ha la tangibile consapevolezza. La vita
è così fragile, basta un attimo per spezzarla, un
attimo per capovolgere il senso che si cerca di darle in anni.
“Ognuno piange e soffre qui, per sentirsi piccolo…
e diventare grande”.
Anna si arrabbia perché il mondo fuori continua inesorabile,
senza accorgersi di nulla, non capisce Ma. è così,
perché “dietro ogni finestra, ogni faccia sbiadita,
c’è una storia che meriterebbe di essere raccontata”;
oggi tocca a me, domani a te, e il resto prosegue, corre, galoppa.
Senza sosta.
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