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Luglio 2008
di Stefano Ratti

continua dal numero precedente

Seduto sull’autobus, appoggio la testa al finestrino, e rimango per tutto il tragitto con il naso incollato sul vetro appannato dal mio respiro. Arrivo all’aeroporto, mi siedo nella sala adibita alle partenze e aspetto, mentre ogni quarto d’ora un aereo prende il volo e un altro atterra.Attendo molto poco, l’avvocato non ha avvisato il suo cliente, i lividi che ha sul corpo gli hanno sconsigliato di farlo. Dopo meno di mezz’ora, lo vedo. Nonostante cerchi di coprirsi con un berretto calato sugli occhi, degli occhiali da sole portati in pieno inverno e un giubbotto dal collo alto. E’ lui! Sul naso ha un grosso cerotto, una medicazione fatta in fretta e furia, dopo il regalo che gli ho lasciato l’altra notte. Probabilmente ha raccontato la sua bravata al “papi”, e “il papi”, che ha quanto pare conosce qualcuno al distretto, ha deciso di mandarlo in vacanza all’estero per il tempo necessario a far calmare le acque. Ma io non sono d’accordo. Lui si guarda attorno, impaurito e sospettoso. Mi avvicino da dietro e lo afferro per il colletto del giubbotto. Mi osserva, ma non mi riconosce.Urlo come un ossesso: “Devi pagare per quella ragazza, bastardo!” E’ spaventato, lo leggo nei suoi occhi. Così decido di rincarare la dose. Estraggo la pistola e appoggio la canna sul suo naso rotto, premendo e facendogli un male del diavolo. Intorno a noi c’è gente che urla, ma io non ci faccio caso, e spingo ancora di più la canna della pistola sul volto del ragazzo. “Non volevamo! Era solo uno scherzo!” urla terrorizzato. Lo colpisco con il calcio della pistola sul naso facendogli volare via gli occhiali. Voglio che senta male. Si inginocchia piangendo, sento puzza di urina, vedo il pavimento e i suoi pantaloni bagnati. “Non è stata colpa nostra. L’ubriaco, è stato l’ubriaco!” dice con le lacrime gli rigano il viso. “Lui si è messo a dare pugni, lei si è avvicinata per aiutarlo ad alzarsi e lui la colpita. Ha picchiato la testa contro il muro, ci siamo spaventati. Non è stata colpa nostra! Lo giuro! Lo giuro!” Si accascia a terra piangendo e supplicando: “La colpa e dell’ubriaco, perché non volete credermi.” I poliziotti della sicurezza sono intorno a noi e puntano le pistole. Guardo il ragazzo e…gli credo. La pistola si è fatta pesante nelle mie mani e il mio mal di testa si è fatto ancora più intenso. Sì… non credo che migliorerà.

 
 
 
       

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