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Il pozzo di Talete a cura di Lorenzo Buttini
Luglio 2008

ULTERIORI RIFLESSIONI SUGLI EPISODI DELLA SANTA RITA


Al fine di dirimere ogni fraintendimento tengo a precisare che nel precedente articolo non ho affatto sostenuto che la responsabilità prossima o remota di quanto avvenuto alla Casa di Cura ( e non Clinica, come mi è stato fatto notare da un attento lettore) Santa Rita di Milano sia da addebitare in maniera esclusiva al sistema di rimborso delle spese sanitarie secondo il metodo mutuato dalla sanità americana e denominato Drg (Diagnosis related group) e cioè sulla base delle prestazioni effettivamente erogate e non su quella delle giornate di effettiva degenza ospedaliera. Ho solo voluto evidenziare come tale sistema sia stato artatamente utilizzato per guadagnare di più da parte di sanitari che si sono fatti orientare nelle loro scelte solo dal profitto, ricorrendo al bisturi anche quando non era strettamente necessario se non addirittura controindicato per le condizioni generali del paziente.
Parte dell’opinione pubblica ritiene che l’episodio della Santa Rita non sarebbe isolato e alcune statistiche diffuse sembrerebbero avallare questo sospetto. Nella sanità, infatti, si è avuto, come ci si augurava con l’introduzione del Drg, una sensibile riduzione delle giornate di degenza però di contro si è assistito ad un aumento di interventi chirurgici. Basti pensare ai parti cesarei: prima dell’introduzione del Drg costituivano in Italia solo l’11% del totale mentre in seguito sono passati al 38% a fronte di una media europea del 15%. Per non parlare del ricorso ai by-pass. C’è chi ha calcolato che la sola Regione Lombardia ha un numero di Centri cardiochirurgici pari a quelli dell’intera Francia e che a seguito del rimborso a prestazione le tracheotomie sono improvvisamente aumentate del 165% e così gli altri interventi divenuti ormai “routine”. Si ha l’impressione che le cure vengano erogate non per una loro effettiva necessità ma solo per generare una artificiosa espansione del mercato della salute.
Pare quasi che la parola d’ordine sia quella di operare il più possibile indipendentemente dalla stretta necessità e senza tener in debito conto ciò che è meglio o più conveniente per l’ammalato.
Come invertire la rotta? Il prof. Veronesi ha indicato tre strade da seguire, oltre ovviamente all’accrescimento del bagaglio etico del medico: un aggiornamento continuo e periodico delle tabelle dei Drg in modo da farle essere in stretta aderenza con i progressi della medicina e della chirurgia, un aggiornamento delle linee guida che possano costituire per il medico un obbligo morale e, infine, un aggiornamento costante e continuo di coloro che svolgono la professione medica, tenuto conto che i progressi della medicina sono all’ordine del giorno.
Indubbiamente gli episodi poco edificanti, pur essendo minoranza in quanto la maggior parte dei sanitari lavora con coscienza e competenza, ha finito col mettere in crisi il rapporto fiduciario che deve istaurarsi tra medico e paziente, il quale nel momento in cui viene a contatto con la malattia e le sue inevitabili conseguenze non solo di salute fisica ma psicologica deve avere l’assoluta certezza che chi lo ha in cura sia non solo valido professionalmente ma pure dal punto di vista umano.
Alcuni sono persuasi che i mali dell’attuale sanità vadano imputati alla pervasività della politica che, anziché limitarsi a progettare la sanità nella sua dimensione globale, ha voluto gestirla direttamente e non solo dal punto di vista tecnico, ma anche provvedendo alle nomine dei dirigenti ospedalieri pubblici così, se da una parte, cioè quella della sanità erogata dalle strutture private c’è una corsa ad ottenere quanti più rimborsi possibili, nelle strutture sanitarie pubbliche farebbero carriera i segnalati dalla politica e per meriti non solo professionali. Il medico in tale quadro di riferimento sembra aver dimenticato la “giusta misura” che dovrebbe caratterizzare le sue scelte: secondo, infatti, una corrente di pensiero che fa capo ad Isidoro di Siviglia il termine medico deriverebbe etimologicamente da “modus” che significa appunto giusta misura e, quindi, la medicina non sarebbe altro che una seconda filosofia. Per la verità l’etimologia più accreditata è quella che fa derivare il termine dal verbo latino “medeor”, prendersi cura, ma la quadratura del cerchio deve consistere nel prendersi cura di chi effettivamente ne ha bisogno, di curare solo coloro che hanno tale necessità e non intervenire chirurgicamente su coloro che o non ne hanno stretta necessità ovvero non devono per nulla essere sottoposti ad intervento. Il prof. Clifton K. Meador una quindicina di anni fa sarcasticamente osservò che le persone sane costituiscono una razza in via di estinzione perché non si riesce più a trovare chi non abbia necessità di assumere giornalmente un farmaco e non abbia un valore ematico alterato; viene il sospetto che si voglia aumentare le quote di mercato accrescendo a dismisura i fruitori ultimi di tale mercato.

lbuttinifilos@alice.it







 




 

 

 

 

 
 
 
       

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