
Il pozzo di Talete a cura di Lorenzo Buttini
Luglio 2009
CHE COSA E’
LA FILOSOFIA
L’Illuminismo, la cui affermazione fu resa possibile sia
dalle tendenze antitradizionali poste da Cartesio sia dalla ricerca
scientifica iniziata da Galileo, si era dato come programma un
riesame di tutto il sapere alla luce della fede nella ragione.
Wolff diceva che il filosofo è “colui che sa dare
ragione di ciò che è e di ciò che può
essere” e concepiva la filosofia come “sapere di tutte
le cose possibili e del come e del perché sono possibili”.
L’illuminismo francese aveva assegnato alla filosofia il
compito di organizzare il sapere allo scopo della sua comunicazione
sociale ed è perciò che il termine francese “philosophe”
fu utilizzato quale sinonimo di intellettuale. L’Illuminismo,
in pratica, si era prefisso il compito di traslare l’ordine
razionale, che era nella scienza, anche sul piano storico e a
tal fine da una parte si era posto il compito di utilizzare i
risultati che la scienza aveva raggiunto per migliorare le condizioni
di vita, dall’altra cercava di imporre un ordine razionale
alle stesse istituzioni.
Alla base di questo impegno illuministico sottostava un rapporto
tra scienza e filosofia che non era stato sufficientemente chiarito
in tutte le sue sfaccettature. Questo chiarimento sarà
uno dei principali compiti del “Criticismo” di Kant,
il quale contrapporrà la filosofia e la matematica, nel
senso che la matematica costruisce i suoi concetti, come il geometra
costruisce i suoi triangoli, e riesce ad estendere il proprio
sapere senza fare ricorso all’esperienza, mentre la filosofia
riflette su realtà date che non è lei a costruire.
Il sapere filosofico che si viene allora a delineare nelle tre
“Critiche” kantiane non estende la conoscenza umana,
ma prende solo atto e consapevolezza insieme delle condizioni
che rendono possibile detta conoscenza e la conseguenza sarà
che il sapere si presenterà certamente più solido
ma non ne guadagnerà in estensione.

Questo è il significato della concezione critica e trascendentale
della filosofia kantiana, accanto alla quale ci imbattiamo in
un uso, ad onor del vero molto limitato, del termine “metafisica”.
Una metafisica si badi bene non concepita alla maniera tradizionale
di sapere sistematico che vuole dimostrare la realtà di
Dio, dell’anima e della libertà (oggetti questi che
costituiranno solo i c.d. “postulati della ragion pratica”)
ma intesa più riduttivamente come possibilità data
alla filosofia trascendentale di fornire una descrizione delle
grandi strutture a priori della conoscenza (metafisica della natura)
e dell’agire (metafisica dei costumi). Egli diede il colpo
di grazia alla metafisica pura e ridusse la filosofia alla critica
dei nostri mezzi conoscitivi.
Kant da una parte fu l’ultimo grande rappresentante dell’Illuminismo,
che aveva cercato di porre la scienza alla base di un tentativo
di razionalizzazione del mondo, dall’altra aprì la
strada all’Idealismo che si prefigge di attuare tale razionalizzazione
concependo tutta la storia, ivi compresa la stessa scienza, come
momento di un unico corso che trova il suo culmine nella filosofia.
Per Fichte, Schelling ed Hegel questa concezione della filosofia
era riduttiva e, perciò, parlarono rispettivamente della
filosofia come “la scienza più alta”, “la
scienza dell’assoluto”, “la forma più
alta dello Spirito Assoluto”.
L’Idealismo trovò un terreno fertile per la sua fioritura
nella corrente del Romanticismo, specie in quell’anelito
dell’uomo romantico all’infinito, anelito che si colora
di una struggente nostalgia. L’artista romantico evade il
quotidiano, percepito come noioso e deludente, e ricerca una dimensione
in cui stabilire il contatto con l’infinito. Le realtà
che configurano questa dimensione sono tre: la prima è
l’amore, che per il suo coinvolgimento globale di anima
e corpo, è, come disse Novalis, “l’amen dell’universo”,
scopo ultimo della storia e suprema sintesi di tutto nelle braccia
dell’infinito. La seconda via è la natura, vista
come vitale e finalisticamente orientata; essa è, inoltre,
manifestazione dello Spirito. L’ultima strada per l’Assoluto
è la storia che, come evidenziò la crisi degli ideali
della Rivoluzione francese, non è sotto il dominio dell’uomo,
ma è agitata da forze che perseguono fini diversi se non
opposti a quelli umani. Se la storia non è più,
come volevano gli illuministi, un campo d’azione dell’uomo,
i vari eventi storici diventano parte necessaria di un “progetto
provvidenziale” e la stessa storia diventa la sede di un
tribunale che ha la funzione di giustificare ogni cosa che, quale
momento necessario del tutto, è necessitata ad accadere.
E’ l’anticipazione dell’hegeliana coincidenza
di reale e razionale.
In Fichte il problema dell’Assoluto viene posto, e trova
la sua soluzione, nello spazio dell’etica, in Schelling,
invece, nella sua romantica concezione della natura e dell’arte.
In Hegel l’Assoluto trova la sua espressione totalizzante:
tutto è visto e tutto è risolto dal punto di vista
dell’Assoluto.
lbuttinifilos@alice.it
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