
Il pozzo di Talete a cura di Lorenzo Buttini
Maggio 2005
LA FILOSOFIA UTILE A RISOLVERE I PROBLEMI DELL'UOMO D'OGGI
Ringrazio "La Goccia briantea"
per la possibilità datami di una rubrica su temi filosofici:
non vuole essere una storia della filosofia succinta né
una presentazione di filosofi imbalsamati nella loro epoca, ma
trattare alcune tematiche filosofiche e capire come possano essere
utili per la soluzione dei problemi dell'uomo d'oggi. Progetto
forse ambizioso, ma che spero di conseguire anche grazie al contributo
di quesiti che voi lettori vorrete porre.
Perché "Il pozzo di Talete": cosa è?
Talete è considerato il primo filosofo anche se, a causa
della scarsità di notizie, alcuni giudicano più
documentabile far iniziare la filosofia con Anassimandro, autore
del primo di natura filosofica "Intorno alla Natura".
Platone nel "Teeteto" riferisce un aneddoto: Talete,
che fu anche uomo politico, astronomo, fisico e matematico "mentre
era intento a scrutare le stelle e guardava in alto cadde in un
pozzo. Una servetta tracia, garbata e spiritosa, lo prese in giro
dicendogli che egli si preoccupava di conoscere le cose del cielo
e non si avvedeva delle cose che gli stavano davanti e tra i piedi".
Tale aneddoto è stato più volte ripreso nel corso
dei secoli per significare l'incapacità pratica del filosofo,
il quale, assorto com'è nella sua speculazione, non si
accorge di quanto avviene attorno a lui perché "dis-tratto".
E' un cliché ricorrente: il filosofo, che secondo la commedia
di Aristofane, vive sulle nuvole non è in grado di fronteggiare
i problemi quotidiani, nei quali anzi è impacciato forse
perché ha cose più elevate da attenzionare.
L'aneddoto può però avere un'altra valenza: le persone
semplici e ignoranti, nella fattispecie la servetta tracia, legate
come sono alla superficialità dell'esperienza sensibile,
non sono in grado di comprendere il filosofo che si innalza alle
vette del pensiero puro, perciò lo deridono. Non riescono
a capire che Talete è "dis-tratto" dal mondo
terreno, popolato di oggetti che nascono e muoiono incessantemente,
perché vuole guardare più in alto, vuole guardare
gli eterni moti degli astri che si ripetono sempre identici in
ossequio alle immutabili leggi celesti. Talete non aveva forse
detto che le cose di questo mondo non sono affatto quelle che
sembrano a prima vista, ma sono tutte "acqua" o "umido"?
Questo è allora il vero principio di fondo che fa sì
che esse,molteplici e cangianti, possano riunirsi in un "tutto"
omogeneo ed eterno ove superano la loro apparente singolarità.
E' da escludere che Talete sia giunto a vedere il principio di
tutte le cose nell'acqua constatando che tale elemento in natura
si presenta in un triplice stato: gassoso, liquido e solido, perché
fu un'intuizione di Anassimene il processo di rarefazione/condensazione.
Quello che è importante rimarcare è che la filosofia
già dal suo inizio opera una scissione tra le cose che
nascono e periscono, e che costituiscono solo mere apparenze,
il cui vero essere sta altrove, e le cose che sempre sono e non
conoscono nascita e morte, e sono perciò la vera "realtà".
A dire il vero nella lingua greca la parola realtà non
ha un corrispettivo: realtà viene dal latino "res",
in greco, invece, per indicare realtà si usava il participio
presente neutro plurale del verbo essere "ta onta",
"le cose che sono" col quale in seguito Platone indicherà
le "idee". Sempre a proposito di Talete c'è un
altro aneddoto, riferito questa volta da Aristotele, ove viene
messa in luce la sua abilità di uomo d'affari ovvero la
possibilità offerta dal sapere di realizzare cose concrete.
Narra Aristotele che a Talete, povero in canna, molti rinfacciavano
l'inutilità della filosofia. Egli, invece, in base a complessi
calcoli astronomici, previde già dal cuore dell'inverno
che ci sarebbe stata un'abbondante raccolta di olive per cui,
riuscendo a disporre di una modesta somma di danaro, prese a nolo,
a prezzo irrisorio, tutti i frantoi di Mileto e di Chio. Avveratasi
la previsione vi fu un'ingente e forte domanda di frantoi che
egli, a sua volta, riuscì a sub-affittare, e questa volta
a prezzo molto più elevato, anche agli stessi proprietari
ricavandone molte ricchezze. Dimostrò così che la
scienza non è inutile, anche se in genere gli scienziati
o i filosofi non si preoccupano di arricchirsi.
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