
di Ilaria Fusi, Avvocato
Maggio 2005
Libertà d'informazione e di critica e la Polemica politica
L'asprezza di una polemica politica non
giustifica mai né il linguaggio usato e né l'ironia
se questi sono ispirati a compiaciuta volgarità e rozzezza
descrivendo il proprio avversario con chiaro intento di ferirne
la personalità morale. Tale comportamento contrasta con
quanto affermato dai principi deontologici sanciti dalla legge
professionale all'art. 2.
I diritti e i doveri del giornalista sono appunto fissati nell'articolo
2 della legge n. 69/1963: "E' diritto insopprimibile dei
giornalisti la libertà d'informazione e di critica, limitata
dall'osservanza delle norme di legge dettate a tutela della personalità
altrui ed è loro obbligo inderogabile il rispetto della
verità sostanziale dei fatti osservati sempre i doveri
imposti dalla lealtà e dalla buona fede. Devono essere
rettificate le notizie che risultino inesatte, e riparati gli
eventuali errori. Giornalisti e editori sono tenuti a rispettare
il segreto professionale sulla fonte delle notizie, quando ciò
sia richiesto dal carattere fiduciario di esse, e a promuovere
lo spirito di collaborazione tra colleghi, la cooperazione fra
giornalisti e editori, e la fiducia tra la stampa e i lettori".
Un diritto delicato e fondamentale quale quello della libertà
di stampa esige, da parte di chi lo esercita, cosciente senso
di responsabilità del proprio operare, oltre a una civile,
limpida e disinteressata visuale degli scopi da realizzare. Il
giornalismo è condizione e testimonianza di libertà
per l'affermazione delle idee sul piano democratico (Consiglio
Regionale Lombardia, 12.5.1969). L'informazione è diritto
insopprimibile del giornalista, com'è suo anche il dovere
di concorrere con i propri strumenti all'accertamento della verità
(Consiglio Puglia e Basilicata, 18.4.1979). È certamente
legittimo il diritto di critica da parte di chi svolge la professione
giornalistica che di per se stessa costituisce massimo esercizio
di una libertà di opinione; non solo, ma è noto
come in un regime di democrazia, la dialettica delle opinioni
sia la più ampia e anche vivace nell'esercizio di un diritto
insopprimibile (Consiglio nazionale Ordine dei Giornalisti 23.2.1984).
La Costituzione garantisce la libertà di pensiero, ma non
la libertà di recare impunemente offesa ai diritti inviolabili
della persona umana (Consiglio Lombardia, 4.2.1988). Chi si rivolge
ad un'alta autorità ecclesiastica chiedendone l'intervento
censorio al fine di reprimere la linea editoriale espressa da
un organo di stampa e rende pubblico tale suo intervento, compie
un atto lesivo del suo diritto-dovere di perseguire e rispettare
la libertà d'informazione e di critica e lede, al tempo
stesso, i doveri di lealtà (Consiglio Friuli Venezia Giulia,
12.5.1990). Nell'esercizio della propria funzione informativa,
che ben può essere critica, oltre che notiziale, è
necessario manifestare il proprio pensiero in termini sostanzialmente
e formalmente corretti. La libertà di manifestazione del
pensiero garantita dall'art. 21 della Costituzione va connessa
e correlata con tutte le altre previste nella vigente legge fondamentale
dello Stato e, in particolare, con quella della pari dignità
e uguaglianza dei cittadini (Tribunale di Milano, 21.6.1991, rif.
CNOG, 6.12.1990). Il diritto di informare non è un bene
assoluto, sopraordinato rispetto agli altri valori fondamentali
fissati nella Costituzione e innanzitutto ai diritti della persona
e al diritto del cittadino a ricevere un'informazione corretta
(Consiglio Lombardia, 13.4.1993, estensore Franco Abruzzo).
Compito del giornalista è quello di porsi nell'ottica
del lettore, e non quella di modulare, il proprio operato sulla
base della possibile suscettibilità delle persone coinvolte
nel proprio resoconto giornalistico. Unico limite, sancito dall'art.
2 della legge 69/63 è il rispetto della persona umana.
(Consiglio Lombardia, 13.7.1998).
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