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Considerazioni sui 4 Referendum
del 12-13 Giugno 2005

Maggio 2005
di Francesco Fusi

Con profondo rammarico mi trovo a commentare una paradossale situazione, generata dalla incomunicabilità tra sordi. Da un lato infatti la legge 40/2004 contiene diversi elementi di inadeguatezza, che rendono di fatto più frustrante per le coppie la fecondazione in vitro, e che rendono la pratica medica in questo settore in Italia arretrata rispetto al resto del mondo, dall'altro la vittoria dei quesiti referendari porterebbe di fatto alla eliminazione di ogni limite a ciò che si possa fare in un laboratorio di fecondazione assistita.
Come operatore del settore, ho potuto vivere e toccare con mano gli effetti della legge 40, in vigore dal 10/03/2004, e ritengo di poter dire la mia timidamente, senza dare indicazioni di voto, che appartengono alle coscienze di ognuno, sui quesiti proposti.
1) L'eliminazione dell'articolo 1. L'articolo 1 rappresenta il punto di forza della attuale legge, ciò intorno a cui ruota tutta la serie di norme e di regolamenti che la caratterizzano. Stabilisce che l'embrione ha il diritto di individuo. Tale affermazione ha una valenza importantissima, in quanto dal punto di vista biologico, dopo la penetrazione dello spermatozoo nell'ovocita, non esistono end-point o start-points, a partire dai quali si possa stabilire che l'embrione è o non è un essere umano, ma esiste un processo in continuum, durante il quale esiste una severa selezione naturale, che porta in poche settimane l'embrione a diventare feto e poi bambino. Eliminare questo principio, cioè non considerare l'embrione un individuo, per quanto fragile e con poche possibilità di sopravvivenza e sviluppo, significa banalizzare e umiliare l'origine stessa della nostra vita. Se quindi l'embrione è un individuo, ne consegue che non solo eticamente, ma anche legalmente debba avere un "diritto", e quindi non sia lecito scartarlo per qualsiasi motivo, selezionarlo, o congelarlo.
2) Il quesito sulla sperimentazione è di fatto un falso quesito. Se noi affermiamo il diritto di individuo dell'embrione, ne consegue che non possiamo mutilarlo, ucciderlo, produrlo solo per fare ricerca. Ciò però non significa che dobbiamo fermare la scienza e non fare ricerca. Mi fanno ridere quei cattolici che fanno il "partito delle cellule staminali adulte" contro il "partito delle cellule staminali embrionarie". Il punto fondamentale torna ad essere il diritto dell'individuo. Nel momento in cui l'embrione non esiste più come unità individuale, in quanto da criteri oggettivi e scientificamente validi non è in grado di sopravvivere e svilupparsi in un utero materno, l'uso di alcune sue cellule a scopo scientifico può essere configurato come il prelievo di un organo da cadavere. Faccio l'esempio degli embrioni attualmente congelati: se la coppia desidera lo scongelamento ai fini dell'ottenimento della gravidanza, e allo scongelamento sopravvive meno del 20% delle cellule dell'embrione, questo viene buttato perché incapace di impiantarsi, perché "morto" come individuo. L'uso delle cellule sopravvissute per promuovere le cellule staminali embrionarie in questo caso non vedo perché debba essere vietato.

Non può esistere una dicotomia tra cellule staminali adulte ed embrionarie, la ricerca deve andare avanti in entrambe le direzioni, solo il futuro ci dirà cosa è meglio. Purchè si parta dal diritto dell'embrione. Noi cattolici dobbiamo solo porre dei paletti, come il diritto dell'individuo, poi saranno i ricercatori che, nell'ambito di quei paletti, permetteranno alla medicina di progredire. Non possiamo metterci a priori nelle condizioni di dovere chiedere scusa a Galileo. Il vero problema di questo quesito referendario è che ciò che si vuole non è fare scienza, ma avere il diritto di analizzare un embrione per scartarlo nel caso sia malato. Posto che la diagnosi pre-impianto è lontana dall'essere sicura (tanto che chi la esegue consiglia comunque l'esecuzione della villocentesi), le percentuali di impianto dell'embrione biopsiato sono molto più basse di quelle di un embrione integro, e dubbi sono stati sollevati anche sui danni alla espressione genica embrionaria dopo biopsia (il cosiddetto imprinting). E' vero che esistono malattie gravi, come la talassemia o la distrofia muscolare, che potrebbero essere diagnosticate pre-impianto, ma perché non spingere la ricerca sulla diagnosi sull'ovocita, col primo globulo polare, che eviterebbe l'inseminazione degli ovociti malati, senza la necessità di eliminare gli embrioni malati. I fautori del quesito referendario sottolineano che la diagnosi pre-impianto eviterebbe alle madri il trauma di un aborto dopo villocentesi o amniocentesi: attenzione, il punto di partenza è distorto. La legge 194 sull'aborto non permette l'aborto di un embrione poichè malformato, permette la interruzione di una gravidanza per gravi motivazioni psicologiche della madre. Se con questa motivazione si permettono comunque gli aborti di tutti i bambini malformati, tuttavia la legislazione italiana non consente una "selezione della specie" sulla base delle malformazioni. Ammettere il principio della selezione embrionaria significa creare e avallare una "rupe Tarpea" nella legislazione italiana ( e da qui a concedere l'eutanasia per i bambini down o ritardati il passo non è poi lungo). Alla luce di queste considerazioni ritengo che in questi termini il quesito sulla libertà di ricerca vada respinto, post che poi si mettano in atto dei correttivi sulla legge.
3) Il quesito sulla eliminazione del limite di inseminare tre ovociti è quello che mi trova più favorevole. Il limite come è posto dalla legge è ridicolo e gravemente penalizzante per le coppie che si sottopongono alla fecondazione assistita. E' come imporre per legge il numero di punti di sutura per un appendicite, non tiene conto della enorme diversità tra situazioni cliniche. Se ho una coppia di trent'anni, con un fattore maschile di sterilità, l'ottenere tre embrioni può mettere a rischio per una gravidanza trigemina. Nella donna invece di 38 anni, con endometriosi, o nella coppia il cui marito è azoospermico e gli spermatozoi devono essere tratti dal testicolo, inseminare tre ovociti può condannare al fallimento perché non ci sono embrioni da trasferire. Molto grossolanamente, e in maniera sorda a tutti gli appelli degli addetti ai lavori, i nostri legislatori si sono impuntati su questa norma che ci rende ridicoli di fronte al mondo scientifico internazionale. Da anni nel nostro centro all'Ospedale San Raffaele abbiamo lavorato su una accurata selezione delle coppie, con la inseminazione di un numero di ovociti comunque limitato, ma variabile a seconda delle caratteristiche cliniche della coppia, in modo da ottenere sempre un numero di embrioni necessario per un unico e contemporaneo impianto, senza necessità di buttare via o congelare embrioni in eccesso. Sarebbe stato sufficiente che la legge 40 parlasse appunto di un numero di embrioni necessario per un unico e contemporaneo impianto, per rendere la legge accettabile. Invece l'ottusità di chi ha voluto a tutti i costi imporre un numero prefissato di embrioni, confondendo l'ovocita con l'ovocita fertilizzato e con l'embrione, ha portato ad una netta riduzione delle gravidanze, con un aumento opposto dei rischi per le donne e della spesa sanitaria. Tale assurda norma ha anche determinato una notevole fuga verso i centri esteri delle coppie infertili, che sanno di poter avere più possibilità altrove. Il quesito referendario, se accolto, rischierebbe di fare tornare alla situazione precedente con la inseminazione di molti ovociti e la selezione o il congelamento degli embrioni in eccesso, ma se permane il diritto dell'embrione ci sarebbe la necessità di una revisione parlamentare dell'articolo, per evitare che due articoli della stessa legge dicano cose opposte, situazione che auspico.
4) Il quesito che riguarda la proibizione alla inseminazione impropriamente detta eterologa (l'eterologa è la inseminazione tra due specie diverse), è un altro pastrocchio derivante dalla nostra legge. La regolamentazione della eterologa avrebbe dovuto essere stralciata dalla legge sulla fecondazione assistita, e fatta oggetto di una regolamentazione a parte, data la complessità della questione. Si pone il presupposto che oggi, dato che il fattore maschile di sterilità può essere risolto con la ICSI nella quasi totalità dei casi, si parla soprattutto di ovodonazione. L'ovodonazione è la pratica grazie alla quale l'ovocita di una donatrice viene inseminato con gli spermatozoi del marito della donna sterile, e l'embrione viene impiantato nella moglie della coppia, che quindi porta in grembo per nove mesi il figlio di suo marito e di un'altra donna. Il magistero condanna tale pratica sia per la frattura dell'unità della coppia, sia per il venir meno del diritto del concepito a conoscere le sue origini. Pertanto, il cattolico rifugge da tale pratica. Ma viviamo in uno stato laico, in cui, posto fermo il diritto di individuo del concepito, possono coesistere sensibilità diverse. Non può essere sancito per legge il diritto a conoscere l'origine del proprio DNA (quanti figli adottivi non la conoscono?). E soprattutto, viviamo in una società aperta, e in tutti i Paesi dell'Unione Europea l'eterologa è regolamentata ma consentita. Pertanto ciò che osserviamo oggi è un crescente turismo riproduttivo verso centri di altri paesi, come la Spagna, la Croazia, l'Ucraina. E' meglio, o è meno peggio, vietare completamente sapendo che con il costo di una vacanza le coppie che clinicamente necessitano dell'ovodonazione andranno all'estero? Oppure non sarebbe più logico introdurre una severa regolamentazione, con colloqui psicologici alle coppie che ne facciano richiesta, in modo da rendere ben presenti tutte le difficoltà e le implicazioni psicologiche e relazionali di tale scelta, e con il divieto assoluto alla mercificazione, cioè alla vendita dei gameti, che oggi invece fiorisce in paesi come la Croazia e l'Ucraina? Se poi uniamo il divieto alla inseminazione di più di tre ovociti al divieto in Italia dell'eterologa, osserviamo un fenomeno, sempre più crescente ed aberrante, dopo la entrata in vigore della legge 40, che cioè le quarantenni, sapendo di avere pochissime chances per colpa della legge in Italia, vanno all'estero a fare l'eterologa, anche se non c'è indicazione clinica, ma solo perché l'eterologa ha più possibilità di successo, usando gameti di donne giovani ( e se devono spendere 8000 euro preferiscono farlo con il 50% di probabilità di successo rispetto al 20%).

In conclusione ritengo che il fatto di dover ricorre ai referendum per regolamentare una questione così complessa sia un fallimento legislativo importante, dovuto alla ottusità degli opposti estremismi. Mi auguro che comunque vada ci sia la volontà poi di intraprendere un cammino di revisione serena della legislazione, con la tutela ed il rispetto di tutti i soggetti coinvolti, compresi la scienza, la ragione e l'etica della società.

 
 
 
       

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