
di Antonio Isacco
Maggio 2006
Credo valga la pena di far conoscere a tutti
i Cittadini , almeno a coloro che non la conoscono, questa stupenda
“ballata” cantata da Giorgio Gaber e la composta risposta
di Fausto Bertinotti.Due bagliori di splendida prosa con note
valenti di poesia.Notevolmente lungimirante la conclusione della
risposta di Fausto Bertinotti, che è di questi giorni la
sua nomina a Presidente della Camera dei Deputati. Tanta lungimiranza
non è certo la migliore dote, ammesso che ne abbiano, degli
attuali Amministratori del Comune di Rogeno.
Casletto di Rogeno, 18 maggio 2006
Antonio Isacco
QUALCUNO ERA COMUNISTA
Qualcuno era comunista perché era nato in Emilia.
Qualcuno era comunista perché il nonno, lo zio, il papà…
la mamma no.
Qualcuno era comunista perché vedeva la Russia come una
promessa, la Cina come una poesia, il comunismo come il paradiso
terrestre.
Qualcuno era comunista perché si sentiva solo.
Qualcuno era comunista perché aveva avuto una educazione
troppo cattolica.
Qualcuno era comunista perché il cinema lo esigeva, il
teatro lo esigeva, la pittura lo esigeva, la letteratura anche…
lo esigevano tutti.
Qualcuno era comunista perché glielo avevano detto.
Qualcuno era comunista perché non gli avevano detto tutto.
Qualcuno era comunista perché prima… prima…
prima… era fascista.
Qualcuno era comunista perché aveva capito che la Russia
andavo piano, ma lontano.
Qualcuno era comunista perché Berlinguer era una brava
persona.
Qualcuno era comunista perché Andreotti non era una brava
persona.
Qualcuno era comunista perché era ricco ma amava il povero.
Qualcuno era comunista perché beveva il vino e si commuoveva
alle feste popolari.
Qualcuno era comunista perché era così ateo che
aveva bisogno di un altro Dio.
Qualcuno era comunista perché era talmente affascinato
dagli operai che voleva essere uno di loro.Qualcuno era comunista
perché non ne poteva più di fare l’operaio.Qualcuno
era comunista perché voleva l’aumento di stipendio.
Qualcuno era comunista perché la rivoluzione oggi no, domani
forse, ma dopodomani sicuramente.ìQualcuno era comunista
perché la borghesia, il proletariato, la lotta di classe….
Qualcuno era comunista per fare rabbia a suo padre.Qualcuno era
comunista perché guardava soloRai TRE.Qualcuno era comunista
per moda, qualcuno per principio, qualcuno per frustrazione.Qualcuno
era comunista perché voleva statalizzare tutto.Qualcuno
era comunista perché non conosceva gli impiegati statali,
parastatali e affini.Qualcuno era comunista perché aveva
scambiato il materialismo dialettico per il Vangelo secondo Lenin.
Qualcuno era comunista perché era convinto di avere dietro
di sé la classe operaia.
Qualcuno era comunista perché era più comunista
degli altri.
Qualcuno era comunista perché c’era il grande partito
comunista.
Qualcuno era comunista malgrado ci fosse il grande partito comunista.
Qualcuno era comunista perché non c’era niente di
meglio.
Qualcuno era comunista perché abbiamo avuto il peggior
partito socialista d’Europa.
Qualcuno era comunista perché lo Stato peggio che da noi,
solo in Uganda.
Qualcuno era comunista perché non ne poteva più
di quarant’anni di governi democristiani incapaci e mafiosi.
Qualcuno era comunista perché Piazza Fontana, Brescia,
la stazione di Bologna, l’Italicus. Ustica eccetera, eccetera,
eccetera….
Qualcuno era comunista perché chi era contro era comunista.
Qualcuno era comunista perché non sopportava più
quella cosa sporca che ci ostiniamo a chiamare democrazia.
Qualcuno credeva di essere comunista, e forse era qualcos’altro.
Qualcuno era comunista perché sognava una libertà
diversa da quella americana.
Qualcuno era comunista perché credeva di poter essere vivo
e felice solo se lo erano anche gli altri.
Qualcuno era comunista perché aveva bisogno di una spinta
verso qualcosa di nuovo.
Perché sentiva la necessità di una morale diversa.
Perché forse era solo una forza, un volo, un sogno era
solo uno slancio, un desiderio di cambiare le cose, di cambiare
la vita.
Sì, qualcuno era comunista perché, con accanto questo
slancio, ognuno era come … più di sè stesso.
Era come… due persone in una. Da una parte la personale
fatica quotidiana e dall’altra il senso di appartenenza
a una razza che voleva spiccare il volo per cambiare veramente
la vita.
No. Niente rimpianti. Forse anche allora molti avevano aperto
le ali senza essere capaci di volare… come dei gabbiani
ipotetici.
E ora? Anche ora ci si sente come in due. Da una parte l’uomo
inserito che attraversa ossequiosamente lo squallore della propria
sopravvivenza quotidiana e dall’altra il gabbiano senza
più neanche l’intenzione del volo perché ormai
il sogno si è rattrappito.
Due miserie in un corpo solo.
Ci deve essere una ragione se, passati dieci anni da quel dannato
scioglimento del P.C.I., la sua mancanza, il vuoto di quello che
Pier Paolo Pasolini chiamò un paese nel paese, ci viene
rappresentato in una ballata piuttosto che in un libro di storia
o in una storia politica.
Forse, l’arte, l’immaginazione possono vestire il
lutto, quando ancora esso non è elaborato, più della
dottrina, O, forse, una nostalgia struggente prende una forma
poetica perché solo così può rinviare di
nuovo ad un sogno che (ancora) non ha preso il corpo di una storia
futura.
Qualcuno era comunista e adesso rivive nella voce di Gaber, nella
musica, in tutti quei perché e in quei malgrado. Sono storie
di donne e di uomini veri, di una vita, di un frammento, di una
grande politica, di un tic. Compongono la storia di un popolo.
C’è un popolo quando ci sono le Tavole; c’è
un popolo quando si passa tra le acque che si separano, verso
la terra promessa. E quando c’è un popolo, dentro
ci sono insieme miserie e nobiltà (d’animo).
Quante volte abbiamo ascoltato le ultime strofe della canzone
e provato un’emozione, come ascoltando l’autobiografia
di una generazione… Lo dobbiamo ad un artista di talento,
un artista che amiamo, che ci ha spesso costretti al rasoio della
cultura critica e dell’ironia. Qui, come in una sospensione,
c’è un abbandono, tanto grande è il rimpianto
e l’amputazione di noi.
E ora? Ora è il tempo della pena. Ma, domani, quelli ritorneranno.
Fausto Bertinotti
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