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Giuseppe Parini: il poeta bistrattato
(parte quinta)

Maggio 2006
di Eros Baseotto

Avete messo in garage la vostra auto? Siete pronti per saltare sopra un bel tiro a quattro e, frusta alla mano, via… spronare i cavalli della fantasia per dirigere la vostra carrozza verso il ‘700? Si? Bene! Allora riprendiamo la nostra biografia informale di Giuseppe Parini.
Ci troviamo a Milano, in una sala del potere dell’impero austriaco. Il ministro plenipotenziario Firmian sta leggendo l’ultimo numero pubblicato di quello che dovrebbe essere il giornale ufficiale dell’impero. Misura la sala a lunghi passi, ora accartocciando la pubblicazione, ora distendendola davanti a suoi interlocutori per segnalare gli articoli del quale non è contento. No… decisamente quel giornale non gli va giù. Non è per niente soddisfatto di come il giornale viene redatto, così cambia il titolo trasformando la dicitura “Ragguagli di vari paesi” in “La Gazzetta di Milano” e nel contempo affida la direzione della testata a Parini.
Francesco Reina scrisse in proposito:
«Scontento il buon Ministro delle gazzette nostrali zeppe di bugie e stese senza critica, e senza mirar punto allo scopo filosofico, cui intendeva tutte le sue cure, volle, che Parini scrivesse la Gazzetta avente per motto Medio tutissimus ibis.»
Il motto, tratto dalle metamorfosi di Ovidio (Ovidio, Metamorfosi, II, 137), significa nella traduzione letterale “Nel mezzo camminerai sicurissimo”. La locuzione nel libro di Ovidio viene pronunciata da Elio, dio del sole, ed è indirizzata al figlio Fetonte che si accingeva a guidare il carro del sole. Il significato attribuito alla frase da Firmian è quello di mantenere la via di mezzo, lontana da ogni estremo perché sicuramente si tratta del percorso più sicuro da seguire.
Parini era in perfetto accordo con il motto de “La Gazzetta di Milano” poiché lo condivideva appieno e questo suo desiderio di cercare il punto mediano, ma non certo mediocre, in ogni cosa viene trasposto nelle sue opere e anche nel suo insegnamento.
In ogni caso, per tornare al giornale, va detto che si trattava di una specie di diario politico riferito alla città di Milano. Il periodico usciva ogni mercoledì ed era pubblicato dalla Regia Ducal Corte, ad opera dello stampatore Richino Malatesta. Naturalmente il giornale non riportava solo notizie locali, ma anche le novità provenienti dall’Alemagna (Germania), Polonia, Russia, Francia, ma anche da a altre città italiane quali Napoli, Roma e Livorno.
Naturalmente Parini si gettò, come si dice “anima e corpo” nella direzione della testata e il tutto sembra filare liscio, ma in un’occasione ci fu un evento che costrinse il poeta bosisiese a un lavoro straordinario e, ora, incita me a raccontarvi l’aneddoto del quale egli fu protagonista. Naturalmente non vi racconterò direttamente gli accadimenti, ma affiderò la tastiera… pardon… la penna alla più autorevole mano di Francesco Reina.
«Soleva Parini esporre i materiali della gazzetta in una certa nicchia, donde toglievali lo stampatore. Vennero essi una mattina visti a caso da un sartore, che avendo bisogno di carta, per farne misure, se li prese; né potendo Parini rifare a memoria l’intero foglio, finse a capriccio una data in Roma, in cui dicevasi con bell’apparato di termini: il S. Padre Ganganelli avere ordinato, che per allontanare dal delitto della castratura, non si ammettessero più castroni nelle Chiese, e ne’ Teatri dello Stato Romano. Questa bizzarria riferita tosto dalla gazzetta di Leida, e da tutti gli altri giornali si diffuse romorosamente in Europa: grandi elogi ne diedero al Pontefice i Protestanti; e lo stesso Voltaire gl’indirizzo la bella Pistola sur ce qu’il ne veut plus de castrats.»
Dunque quali furono i fatti? Parini ripose, come d’abitudine, i testi per la pubblicazione imminente della Gazzetta nella solita nicchia ma un sarto bisognoso di carta li trova e li usa per dar forma ai suoi cartamodelli.
A questo punto la situazione è disperata! La Gazzetta di Milano deve essere pubblicata e non c’è neppure uno straccio di articolo pronto per la stampa! Che fare? Sicuramente al momentaneo sconforto subentrò il pragmatismo del poeta che cominciò a riscrivere, febbrilmente, gli articoli basandosi unicamente sulla sua memoria o magari su qualche misero appunto, ma la memoria, si sa, per quanto buona non è certo infallibile e dunque per “chiudere” il giornale manca ancora qualche articolo. L’ultima pagina del periodico presenta un orribile campo bianco che esige di essere arato da una penna intinta nel nero inchiostro.
Parini non si perde d’animo e inventa, di sana pianta, la notizia di cui riferisce il Reina: “I castrati non potranno più cantare nelle chiese e nei teatri romani”. Da tempo di parla di questo annoso problema che vietava alle donne di prender parte a commedie e cantorie ma ora sembra che proprio il papa, afferrando il toro per le corna, ponga rimedio a questa mancanza di “par condicio” e soprattutto ponga fine a quell’ignobile usanza di evirare giovanetti al solo scopo di preservare la loro voce bianca.
Certo si tratta di una notizia sensazionale e ben presto attraversa i confini italiani per giungere in Europa dove ottiene il favore di personaggi illustri quali Voltaire. Chissà come sarà stata la faccia del pensatore francese quando apprese che la notizia da lui così bene accolta, e per la quale inviò addirittura una lettera per complimentarsi con il papa, altro non era che una facezia inventata da un Parini bisognoso di chiudere il nuovo numero del suo periodico, ma anche in vena di celiare!
Come avrebbe detto Shakespeare: “Molto rumore per nulla”.
Beh, lasciamo Parini che se la ride sotto i baffi per il pandemonio scatenato dalla sua falsa notizia e dirigiamo la nostra carrozza verso casa: verso il 2006. Lo ritroveremo nella prossima puntata esattamente dove lo abbiamo lasciato, con un sorrisetto sornione sulle labbra e magari mentre scrolla la testa in direzione di Voltaire.

Eros Baseotto

 
 
 
       

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