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Andar per porcini e non solo

Maggio 2009

Siamo in maggio, stagione non certamente per andare a porcini (scusate Boletus edulis), ma uno seduto in poltrona, magari con un buon sigaro e un ottimo bicchierino di grappa a portata di mano, si mette a ricordare la stagione passata quando i boschi in pieno agosto erano in vegetazione ed anche nelle macchie più fitte e buie il calore e l’umidità facevano nascere tra il muschio e l’erba quelle misteriose creature che sono i funghi . Il pensiero và a quei momenti in cui magari facendosi largo fra le piante del sottobosco, ci si inoltra tra gli alberi di castagno oppure in un bosco di abete rosso sotto quei maestosi giganti che lasciano passare con facilità sopra un tappeto di soffici aghi morti della stagione passata ma dal quale fanno capolino molto mimetizzati i cappelli dei piccoli porcini nascenti. Affascinante è lo spettacolo di un gruppo coloratissimo di Amanite muscarie nella loro veste rossa puntinata dalle verruche bianche ,oppure una distesa di violacee Russole cyanoxante, oppure una macchia gialla di Cantharellus cibarius detti comunemente galletti o gallinelle. Alle volte penso, con rammarico, a quelle persone, che per un’avarizia della natura sono impossibilitate a camminare e che possono muoversi soltanto con una carrozzina, essi non possono minimamente immaginare quali emozioni possono suscitare le meraviglie di un bosco, magari di faggio con quei tronchi che paiono zampe di elefanti, con quel bellissimo sottobosco pulito ricoperto di un soffice strato di foglie secche o umide dalle quali sorgono come per incanto varie qualità di funghi sia i rinomatissimi boleti, sia le molteplici varietà di altri funghi, non a tutti noti, ma tra i quali vi sono delle specie non solo commestibili ma ottime, al pari, se non di più, dei normali comunissimi porcini. Non è certo ne il momento ne il luogo questo di fare una lezione di micologia, che tra il resto non interessa a nessuno o a poca gente appassionata . Ma lo scopo di questo scritto non è quello di descrivere le varie specie di funghi, che si possono raccogliere con la dovuta moderazione, ma di portare l’attenzione sul magico ambiente del bosco. Dal semplice boschetto di noccioli, betulle e robinie con qualche pino silvestre o qualche castagno dei nostri boschi delle colline che vanno da Mariano Comense fino a Montorfano, ai maestosi boschi della Valtellina o della vicina Svizzera. Non dimentichiamo che un ruolo importante lo sostengono il più delle volte proprio i funghi per farci andare per boschi, ma molto sovente quando si è immersi nell’ambiente montano i funghi sono solo un bellissimo ornamento e la loro presenza non è così essenziale, giacché ci si lascia permeare da quel senso di selvaggio e primitivo che è l’habitat della montagna, con i suoi valloni immensi, le balze di roccia che incutono anche paura a chi non ha familiarità con l’alta montagna. Non voglio entrare in merito all’alpinismo, che è al sommo del frequentare la montagna, chi non ha mai fatto una salita in roccia non può assolutamente capire cosa si provi ad arrivare su una vetta per una parete o per una cresta rocciosa dove ci si sente di danzare come una farfalla sul vuoto. Ma tornando ai boschi ,non è raro, alle volte che ci si può anche perdere,quando si gira in mezzo alle piante, anche se c’è il sole non si fa caso se si è girati in un valloncello o in un altro che si conosce e ad un certo punto si arriva sopra ad un salto di rocce che impedisce di proseguire ed allora viene lo sgomento: ma dove sono andato a finire? Certo si può tornare sui propri passi, è ovvio, ma da che parte ?Si era salito un versante magari al di sopra di un sentiero conosciuto, ma quanto più in alto si è salito? Nel bosco gli alberi non sono certo tutti uguali per cui ci si confonde facilmente. Normalmente non si và da soli nei boschi, c’è sempre almeno un amico che vaga più o meno nelle vicinanze ma certe volte anche lontano e può sempre tornare utile un richiamo o a voce alta o meglio con un fischietto che l’uomo prudente dovrebbe sempre portare con sé. A volte chiama, chiama, non risponde nessuno o perché l’amico è un po’ sordo come me oppure si è voltato in un vallone che disperde la nostra voce .Ecco che improvvisamente pare di trovarsi in mezzo alla foresta amazzonica. L’istinto di conservazione allora salta fuori ed ecco che ci si ricorda di un particolare raggruppamento di alberi o di un roccione che si era visto all’andata e che ci fa ricordare da quale direzione si era saliti ed in non pochi minuti, scendendo in mezzo a rovi o ginestre che avevano fatto deviare il nostro cammino all’andata, ci ritroviamo sul sentierone conosciuto.Queste sono piccole avventure che danno un senso di primitivo stato d’animo di pericolo passato e ci si sente un poco come un esploratore antico nella giungla. Certamente nel nostro subconscio si ha la certezza di essere in un bosco della Valtellina o della Val Chiavenna o magari se si è andati fuori regione, come ad esempio sull’Appennino Parmense, si sa che a poche centinaia di metri c’è il paesino o il colle dove abbiamo parcheggiato la macchina, allora ci si ridistende d’animo e si può godere della tranquillità del bosco, del canto degli uccelli, del passare lieve di uno scoiattolo, della bellezza del sottobosco fiorito di funghi e di fiori selvatici, o della maestosità di alcuni alberi giganteschi che incontriamo durante la passeggiata del rientro presso gli amici. Certo queste cose non possono accadere ai giovani, ma a quelli, che come me, hanno superato i settanta anni fanno vivere momenti di avventura, non angosciosa, ma eccitante e il bosco si presenta nella sua primitiva bellezza e austerità che poi, quando si è a casa tra le proprie mura domestiche, sovente fanno tornare alla mente questi luoghi selvaggi con una nostalgia che fa sperare di poter tornare l’anno prossimo e rivivere momenti di emozione già vissuti. Chi ha superato i settanta anni è purtroppo portatore di piccoli o grossi acciacchi che alle volte limitano le nostre possibilità di andare in montagna per cui, per il cuore affaticato o per le ginocchia doloranti od altro, le cime dei tremila o quattromila metri non sono più alla nostra portata e ci si deve accontentare di salire qualche centinaio di metri di dislivello, partendo da un colle o da un paesino sui 1500 o 1800 metri d’altezza che ci consentono di fare delle escursioni alla portata del nostro fisico e di raggiungere luoghi di montagna, nell’ambiente grandioso sotto le alte cime, che furono teatro delle nostre scalate di gioventù e ci fanno rivivere momenti di felicità passata.

Paolo UGO

 
 
 
       

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