
Il pozzo di Talete a cura di Lorenzo Buttini
Marzo 2007
L’ETICA SPORTIVA (seconda parte)
Pier Paolo Pasolini disse che il calcio
era l’unica rappresentazione sacra dei nostri tempi in quanto,
mentre le altre, messa compresa, avevano subito un declino, manteneva
intatto un carattere di sacralità; aggiungeva poi che tale
sport aveva soppiantato il teatro come forma moderna di spettacolo.
Le origini del calcio si perdono nella notte dei tempi: già
nell’ XI° secolo a.C., infatti, in Giappone si praticava
un gioco con la palla la cui finalità consisteva nel sospingerla
con i piedi nella porta avversaria costituita da due canne di
bambù unite tra loro da una rete. Nell’antica Cina
si giocava al “Tsu-chu”, letteralmente “calcio-palla”,
che ha lo stesso significato di “foot-ball” (piede-palla).
Per quanto riguarda la nostra tradizione occidentale il poeta
Omero nel canto VI° dell’Odissea ci narra di Nausicaa,
la principessa dei Feaci, che giocava a palla con le sue ancelle;
in Grecia era diffuso un gioco detto “episciro”, in
verità più simile al moderno “rugby”
perché finalizzato a portare una palla oltre la linea di
fondo del campo avversario.
Il commediografo Antifane, vissuto a cavallo del 400 a.C., ne
fornisce un’ampia descrizione: essendo caratterizzato da
molto movimento e continui cambiamenti di fronte (oggi diremmo
“ripartenze”) l’autore nel narrare la cronaca
di una partita esclama “Accidenti al demonio, mi sono preso
un tremendo torcicollo”. In Roma tale gioco fu detto “arpasto”,
dalla palla riempita di sabbia con la quale si giovava (“harpastum”),
il cui etimo è nel verbo greco “arpazo” (strappo
con la forza, afferro). Anche qui vi era l’esaltazione più
piena della “fisicità” e perciò non
era apprezzato da due intellettuali come Orazio e Virgilio, i
quali, sollecitati a giocare una partita a palla organizzata da
Mecenate, declinarono l’invito, il primo accampando una
finta congiuntivite, il secondo un mal di fegato probabilmente
vero. Anche un intellettuale moderno quale O. Wilde soleva dire
“quando mi prende la voglia di fare sport mi sdraio ed aspetto
che il desiderio mi passi”. Il “Calcio fiorentino”
trae sicuramente le sue origini dall’”arpasto”
romano, forse importatovi dai legionari romani, che lo diffusero
probabilmente anche in Britannia..Comunemente si ritiene però
che il calcio sia nato nell’800 in Inghilterra: indubbiamente
ciò è vero se pensiamo al calcio così come
è attualmente strutturato. Nel 2004 vi fu una mostra tedesca
itinerante dal titolo “Weltsprache Fussball” (calcio
lingua universale) che fu ospite anche presso il Liceo artistico
“Cassinari” di Piacenza. Scopo della mostra era certo
il voler pubblicizzare i mondiali del 2006, ma al tempo stesso
voleva trasmettere un messaggio: il calcio, al pari della poesia
e della musica, è una lingua universale che non necessita
di parole per mettere in contatto tra loro paesi, popoli e culture
diverse e il suo linguaggio è comprensibile dovunque. Ma
quale è l’attuale dimensione del calcio? Sembra che
abbia cessato di essere uno sport nel suo vero senso etimologico.
Il termine sport deriva dalla abbreviazione della parola inglese
“disport” debitrice verso il termine francese “desport”
(diporto, svago), che a sua volta derivava dal latino “deportare”(
uscire fuori le mura per dedicarsi ad attività di svago).
Anche nel linguaggio comune quando vogliamo dire che facciamo
qualcosa, anche se faticosa ed impegnativa, solo per diletto diciamo
“ lo faccio per sport”. Molti altri sport hanno situazioni
di criticità, ma nessuno come il calcio, come evidenziato
dallo stesso presidente del C.O.N.I. Eppure il calcio potrebbe
dare emozioni a non finire per quella armonia che lo connota.
Il filosofo Sartre nella “Critica della ragion dialettica”
mise in risalto l’equilibrio che esiste nel calcio tra prestazione
individuale e quella di gruppo: “ogni giocatore ha come
obiettivo la totalità da totalizzare”. Qualsiasi
campione, per quanto importante nella costruzione di una grande
squadra, non potrà mai raggiungere risultati se la sua
azione non s’inserisce armonicamente nel collettivo. La
prestazione del singolo si deve fondere con quella degli altri
giocatori. Il calcio sembra però privo di speranza, quella
speranza che per Plinio il vecchio era il pilastro della nostra
vita e per Aristotele costituiva il “sogno di un uomo sveglio”:
i suoi mali proiettano un’ombra fosca sul futuro di tale
sport, come evidenziato anche dalla ripresa dei campionati. Il
“Decreto Pisanu” ha potuto far da filtro all’immissione
negli stadi di oggetti atti ad offendere ma nessun filtraggio
potrà mai fermare quelli che il prefetto di Roma ha definito
“imbecilli”. Per non parlare dell’aggressione
all’arbitro al torneo giovanile di Viareggio o di quanto
accade nei campionati minori, vero e proprio “Far West”
di tale sport.
lbuttinifilos@alice.it
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