La
Pulizia Etnica
Marzo 2008
di Dario Meschi
Gli attenti osservatori avranno notato come
dalla caduta del governo sia iniziata una sorta di pulizia etnica
nelle file del centrosinistra. Veltroni, uomo dalla lunga storia
politica, esponente, fin dalla giovane età, del partito
comunista, comparsa o protagonista, secondo i successivi periodi
storici, delle sue evoluzioni, ex direttore del giornale di partito,
un tempo convinto ideologo di una sinistra intransigente, di lotta
e contrapposizione, ora espressione di un moderatismo a volte
eccessivo, stonato e poco credibile, sta presentando un programma
di destra in netta antitesi con quello, dallo stesso sottoscritto
e sostenuto in precedenza, enunciato nell’ormai famoso “libro
dei sogni” di Romano Prodi. Il re di Roma ha cancellato
dalla scena politica l’ex premier Prodi, attuale presidente
del suo partito, il Pd di cui quest’ultimo è ancora
presidente. Le notizie dell’ex premier, di cui si sono perse
le tracce, lo segnalano sportivamente impegnato sulle piste di
sci di alcune famose località turistiche invernali, e con
lui ha prontamente messo in naftalina il trio Bersani-Padoa Schioppa-Visco,
evidentemente ritenuti scomodi per le politiche (rapine) fiscali
intraprese, iniziando un’azione di trasformismo nel tentativo
subdolo di confondere le acque e attrarre il consenso dei moderati.
La campagna elettorale dei progressisti laico-cattolici è
simile, per toni e contenuti, a quella finora proposta da Berlusconi,
al punto che le differenze tra destra e sinistra appaiono, almeno
in apparenza poche, e da far presagire un possibile “inciucio”
post elettorale, che potrebbe portare ad un governo di larghe
intese, ma di profonde diversità culturali, politiche,
fiscali ed ideologiche. Basteranno l’abile maquillage e
l’operazione di marketing a far dimenticare l’esperienza
politica nefasta vissuta negli ultimi due anni? Se gli italiani
frugheranno nelle loro tasche non potranno avere dubbi, e si renderanno
conto di essere diventati ancor più poveri. Secondo le
statistiche i connazionali si dividono in tre gruppi: il primo
composto da quanti avrebbero migliorato il proprio reddito, il
tenore di vita e quindi la loro ricchezza, il secondo, stagnante,
che sostanzialmente tira a campare come in passato, ma senza significative
prospettive di miglioramento, e il terzo, composto dai poveracci
e dai diseredati che, dopo aver tirato la cinghia fino allo stremo,
non hanno nessuna possibilità di provvedere con dignità
al loro sostentamento, una quantità enorme di persone in
stato di assoluta indigenza, in particolare anziani e disoccupati.
L’esattezza dei dati statistici è sempre incerta,
se non addirittura dubbia, com’è dimostrato dai risultati
Istat che segnalano, in virtù di panieri alquanto incomprensibili
ed estemporanei, aumenti del costo della vita contenuti, che contrastano
nettamente con la realtà, basti pensare che tra i generi
di largo consumo la pasta è aumentata in poco tempo del
14% e il pane del 12%, mentre la pressione fiscale che colpisce
tutti, ricchi e poveri, ha indistintamente raggiunto il suo massimo
storico a quota 43,3%, con picchi ancora maggiori se si considerano
le gabelle imposte dalle amministrazioni locali. La situazione
generale in cui versa il nostro Paese è grave, il malgoverno
e gli scandali, come quello della gestione dei rifiuti in Campania,
che ha portato al rinvio a giudizio di numerosi esponenti politici,
tra cui il governatore Bassolino, richiedono un forte cambiamento,
anche se tutti propongono le stesse miracolose soluzioni, ed è
difficile comprendere le differenze sostanziali tra le proposte
di una e dell’altra parte politica, se non esistesse la
memoria storica a tracciare un solco netto tra i liberali e i
progressisti. La politica ha perso di credibilità, e deve
riscattarsi con un linguaggio comprensibile a tutti, e con fatti
certi e non solo con le parole. Gli argomenti trattati sono sempre
gli stessi, e le polemiche riguardano quasi tutti i protagonisti,
anche se non mancano eccessi che meritano di essere segnalati.
La scorsa settimana, per esempio, seguendo la trasmissione televisiva
di RAI 2 Annozero, condotta da Michele Santoro, abbiamo assistito
ai soliti minuetti, a dichiarazioni spesso gravi e roboanti, e
siamo rimasti turbati dall’enunciazione di verità,
presunte e incontrovertibili, come quelle esposte da Marco Travaglio.
Il fustigatore, apprezzato per l’impegno e la capacità
di analisi e di ricerca delle malefatte altrui, spesso eccede
per partigianeria, al punto di prestarsi ad un gioco di parte
meritevole di biasimo. Infatti, mentre il giornalista-scrittore
narrava di Montanelli, come se fosse stato il suo pupillo, ignorando
che quando il “toscanaccio” chiuse La voce portò
con se alcuni giornalisti escludendolo, si affrontò il
problema dell’opportunità di candidare gli inquisiti.
L’elenco enunciato era lungo, comprendeva i soliti Previti
e Berlusconi, ma non considerava, per evidente malafede, alcun
esponente del centrosinistra, evitando abilmente di coinvolgere
l’ospite Di Pietro, non rilevando nemmeno, in merito alla
novità (non è un obbligo) di potersi candidare per
un numero massimo di due mandati, servita a liquidare De Mita
e altri ingombranti personaggi, ma non l’ex magistrato,
che, se non incorriamo in errore, si candida per la quarta volta
consecutiva, come del resto altri parlamentari di tutti gli schieramenti.
Nulla di nuovo quindi, la politica come sempre si nutre di questi
fatti, di polemiche, di denunce e omissioni, e, nonostante s’invochi
la moralizzazione, ognuno persegue i propri scopi, diffamando
gli altri, con eccessi che non si riscontrano in altri Paesi.
L’ancièn regime non molla, e non vuole passare il
testimone. Agli elettori il compito di segnare una svolta o una
restaurazione: per quanto ci riguarda i dubbi li abbiamo già
chiariti da un pezzo.
Dario Meschi
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