SCELTA
O PRESUNZIONE?
Marzo 2008
Il “miracolo” rappresentato
dall’improvvisa nascita del nuovo partito, “Il Popolo
della Libertà”, pur essendo un’evoluzione positiva
nell’ambito del confuso quadro politico nazionale, si dimostra
per ora come una necessaria operazione di marketing in grado di
affrontare il prossimo impegno elettorale ad armi pari con gli
avversari del Partito democratico, che, per primi, si sono mossi
dando vita ad un contenitore di centrosinistra, scremato dall’estremismo
della sinistra radicale, e dalla negazione komeinista dei verdi
e di altri gruppi oltranzisti. Veltroni ha scosso, rinnovandolo,
un ambiente in stato di decomposizione e di assoluto immobilismo,
con coraggio ha escluso quanti osteggiavano una politica di ampie
vedute e di possibili convergenze, fondata su un programma preciso,
e, nel tentativo di far dimenticare Prodi e compagnia briscola,
ha indossato nuovi panni, con una foggia diversa, e ha iniziato,
grazie alla sua capacità dialettica, il pellegrinaggio
per l’Italia con un pullmann altamente inquinante, dispensando
sermoni e prediche da buon samaritano. L’arte della parola
trova in lui il suo massimo esponente, riuscendo così a
millantare un credito tutto da dimostrare, ma anche a porre le
basi per un confronto politico più pacato e collaborativo.
Berlusconi, per adeguarsi e limitare l’influenza dei piccoli
partiti presenti nello schieramento di centrodestra, ha prontamente
reagito, e con coerenza ha promosso la fusione tra Forza Italia
e Alleanza Nazionale, federandosi al nord, come al sud, con la
Lega di Bossi e Lombardo. Il leader del Pd, dopo aver dichiarato
ai quattro venti che avrebbe corso da solo, ha cambiato prontamente
idea, e, per disporre di qualche possibilità di vittoria,
ha aperto le braccia a Di Pietro e, fatto che ha inquietato i
cattolici e il Vaticano, ai radicali, unendo il diavolo all’acqua
santa. Le reazioni non sono mancate e un settimanale cattolico
come “Famiglia cristiana” ha bollato la scelta definendola
“un pasticcio veltroniano in salsa pannelliana”: un’affermazione
dura che peserà sulle scelte politiche dei cattolici, gettando
discredito sulla credibilità del novello astro nascente.
La critica proveniente dagli ambienti curiali si trascinerà
per inerzia e per volontà degli avversari fino alla conclusione
della campagna elettorale, nonostante alcune precisazioni di Fioroni,
tese a minimizzare l’accaduto, in cui si sostiene con presunta
convinzione, che “i radicali si dovranno riconoscere nel
programma del Pd”, imponendo di fatto regole che difficilmente
potranno essere rispettate. Il Cavaliere ha abboccato all’amo,
e per dimostrare l’introduzione dello stesso processo di
rinnovamento ha chiuso la porta in faccia a Casini e Storace,
mettendo così a serio rischio la possibilità di
vittoria. I sondaggi sono altalenanti e contraddittori, e, nonostante
assegnino sempre la maggioranza relativa al PdL, propongono differenze
percentuali abbastanza contenute, che potrebbero delineare una
situazione simile a quella vissuta recentemente dal governo Prodi,
e tutto questo, se dovessero essere confermate le previsioni sui
risultati elettorali, non gioverebbe di certo al Paese, alle grandi
e necessarie riforme, ed agli elettori. Alcuni osservatori manifestano
scetticismo, e non comprendono le reali intenzioni di Berlusconi.
Qualcuno ipotizza che esista un accordo segreto con Veltroni per
un governo post elettorale di larghe intese, magari utile per
mitigare la riforma Gentiloni, e salvare le reti televisive di
Mediaset, altri pensano che l’uomo di Arcore, per presunzione,
sottovaluti la situazione e si dimostri troppo sicuro di sé.
Entrambe le ipotesi inquietano, sia chi opta per convinzione per
una o l’altra parte politica, sia chi spera ardentemente
di archiviare il periodo nefasto segnato dalla falcidia fiscale
introdotta dal governo Prodi, e gli elettori del centrodestra
si chiedono perché non si sia giunti ad un apparentamento,
unendo i simboli dell’Udc e de La Destra di Storace e della
Santachè a quello del Partito della libertà. Questa
confusa situazione alimenta le speranze dei sostenitori del Pd,
in ripresa non per ragioni politiche, ma per il trasformismo parolaio
del suo massimo leader, prospettando un nuovo periodo di ingovernabilità.
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