
Il pozzo di Talete a cura di Lorenzo Buttini
marzo 2009
VIVERE LA PROPRIA VITA E NON AFFANNARSI
A CERCARNE LE RADICI
Gli articoli sulla Casa di Cura Santa Rita hanno suscitato curiosità
e acceso un dibattito con molti lettori, che mi hanno chiesto
cosa ne pensassi da un punto di vista strettamente filosofico
ovvero se la filosofia ha qualcosa da dire in proposito e non
solo riguardo allo stravolgimento dei valori etici.
Per rispondere adeguatamente e, mi auguro, esaurientemente mi
rifaccio a quanto recentemente sostenuto dal filosofo tedesco
Gerd B. Achenbach, che circa trenta anni fa “invento”
la c.d. “Consulenza filosofica”, anche se lui rifiuta
il termine di inventore preferendo essere definito il “fondatore”
di tale branca della filosofia, che non vuole proporsi o valere
come terapia alternativa a quelle che sono attuate attraverso
il ricorso alla psicologia, alla psicoanalisi ovvero alla psichiatria.

Per meglio evidenziare come gli esponenti di queste terapie delle
c.d. “malattie esistenziali” si relazionano con il
problema di chi si rivolge loro non c’è modo migliore
di quello di servirsi della “metafora del giocatore di scacchi”
proposta dal filosofo israeliano Ran Lahav. Mentre è in
corso di svolgimento una partita di scacchi, cui assistono lo
psicologo, lo psicanalista, lo psichiatra e il filosofo, uno dei
giocatori muove un pezzo e alla domanda rivolta dagli spettatori
suddetti sul perché di tale mossa risponde che ha messo
in atto tutto un meccanismo strategico per arrivare alla fine
a catturare, o a meglio dire “a mangiare”, una delle
torri del suo sfidante. A tale risposta ognuno degli spettatori
darà una sua interpretazione sulla base della propria visione
del mondo e del proprio modo di risolvere i conflitti interiori.
Lo psicologo vorrà indagare sulle cause profonde, al di
là del semplice “voler mangiare la torre”,
che hanno spinto il giocatore a quella determinata mossa e ipotizzerà
che si è in presenza di un atteggiamento aggressivo derivante
da precedenti frustrazioni subite dall’individuo nel periodo
dell’infanzia. La stessa risposta data allo psicoanalista
lo indurranno a farsi raccontare dal giocatore tutta la storia
della sua infanzia, specie relativamente alla “prima infanzia”,
per arrivare alla conclusione che l’attuale atteggiamento
aggressivo-possessivo trova la sua ragion d’essere in una
insicurezza repressa la cui causa andrà sicuramente cercata
in uno svezzamento precoce dall’allattamento al seno materno.
Lo psichiatra, pur concordando con i primi due di essere in presenza
di un individuo aggressivo, cercherà la causa di quel meccanismo
aggressivo-possessivo in serie turbe della personalità
su base certamente organica, come lesioni cerebrali od altro,
e prescriverà farmaci per combattere la sintomatologia.
Il filosofo, al contrario degli altri tre, non cercherà
le cause della mossa perché non la ritiene l’effetto
di una causa antecedente, ma cercherà di capire come il
giocatore la valuta nell’attuale contesto della partita,
a quali sviluppi futuri quella data mossa potrà portare
e che significato il giocatore le attribuisce, cercherà
di vedere “quale progetto” il giocatore ha. A tal
proposito vale la pena ricordare ciò che diceva il filosofo
Lou Marinoff: “Io ritengo che sia assai più salutare
vivere la propria esistenza anziché continuamente scavare
in cerca delle sue radici. Se si continua a farlo, neppure la
pianta più robusta riuscirà mai a prosperare, per
quante cure tu le dedichi. La vita non è una malattia”.
Ritornando ad Achenbach possiamo, dopo questa digressione esplicativa,
dire con lui che la nostra vita deve avere un senso, al di là
di ogni possibile malinteso e di ogni banalizzazione, ma per trovarlo
non dobbiamo più usare come metri di giudizio il successo
raggiunto ad ogni costo, il danaro guadagnato in maniera anche
poco lecita, il carrierismo ad “ogni piè sospinto”
perché in tal caso vivremo la nostra vita in maniera inautentica
e ci collocheremo su un piano inclinato che ci porterà
alla perdita progressiva di ogni senso morale e faremo intorno
a noi terra bruciata e ci troveremo prigionieri della mancanza
di senso dell’esistenza avendola ridotta ad un deserto emozionale.
Cosa occorre fare allora? Capire quali obiettivi ci proponiamo
e soprattutto che siano oltre che degni di essere raggiunti anche
raggiungibili. Porsi come meta un obiettivo irraggiungibile, perdendo
di vista o addirittura disprezzando ciò che è possibile
avere, è la strada più facile per raggiungere la
propria infelicità.
Diceva Hegel che la filosofia è la domenica della vita
e l’obiettivo della filosofia è di collocare al posto
di un pensiero senza cuore o di un cuore irragionevole un cuore
che invece pensi.
lbuttinifilos@alice.it
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