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“Il secolo appena trascorso”
Sprazzi di vita italiana

Novembre 2005
di Antonio Isacco


Esercitazione di Balilla nei primi anni trenta a Bosisio Parini


Il novecento è stato tante cose: anche il secolo che ha fatto registrare i più grandi progressi della scienza. La distanza è stata quasi del tutta eliminata: si andava da Parigi a Washington in due ore e quaranta con il Concorde, il tempo di fare una colazione; una volta la servivano con le posate d'argento, poi si sono accorti che c'erano troppi "collezionisti", e sono passati alla plastica.
Il secolo ventesimo, ovvero quello appena trascorso, lo hanno definito in tanti modi: "breve", delle "idee assassine", dell'era atomica, degli "ismi", della nascita del villaggio globale, quello di cui-- dopo il crollo del comunismo-- sarebbe dovuta finire addirittura la Storia.
Già, Storia: "la storia è maestra di vita", dicevano i latini, ma a ben guardare non è che l'uomo abbia dal suo svolgersi imparato qualcosa. Dobbiamo renderci conto che i motori che spingono l' umanità ad agire sono sempre gli stessi: la sete di potere, l'avidità, l'odio, la crudeltà, il desiderio… Rispetto a secoli lontani, è mutata solo la tecnologia: oggi disponiamo di strumenti di distruzione di massa, un tempo era richiesto un maggior impegno manuale, ma l'homo sapiens è rimasto sempre lo stesso.


Leandro Arpinati


Alessandro Corti


Luigi Binda


Don Giovanni Fornasini


Certo, se scavo nella memoria, è più facile che mi imbatta nel Male: il Bene, si sa, non fa notizia. Del resto anche la Bibbia, che mi pare un testo autorevole, il primo gesto che si racconta è quello di un fratello che uccide un fratello. E' sempre stato così: l'uomo cerca di stabilire una presunta supremazia di sé su gli altri, mentre tutte le leggi si impegnano a dire che gli uomini sono tutti uguali, e che tutti hanno diritto di battersi per la propria felicità.
Il ventesimo secolo: forse il più terribile della storia… Due guerre mondiali, più dittature che hanno sterminato milioni di individui, lo stalinismo, l'Olocausto, Hiroshima e Nagasaki, il Vietnam, i nuovi e antichissimi conflitti etnici, l'inizio del terrorismo di matrice islamica. Mai, come in quegli anni vicini e al tempo stesso remoti, nel nome di ideologie totalitarie furono sterminati milioni di persone. Fascismo, comunismo e nazismo cercarono (ognuno a modo suo) di creare un "uomo nuovo", un uomo che cancellasse e odiasse ogni eredità culturale del passato per costruire un mondo radicalmente diverso e che fosse riservato ai ceti più retrivi e conservatori (fascismo), ai proletari di tutto il mondo (comunismo), agli eletti della Razza Superiore (nazismo).
I risultati furono la più tragica e sanguinosa delle guerre mai combattute, l'eliminazione sistematica degli avversari politici o di intere classi della società. Il fascismo, in Italia, fu una burla tragica, ma offrì un modello che Hitler "perfezionò" e fece funzionare come una micidiale macchina di precisione e di distruzione. Il comunismo--il "Dio che ha tradito"-- divorò i suoi figli, si trasformò in un universo concentrazionario e costrinse milioni di individui che avevano creduto ai suoi messaggi di uguaglianza e liberazione a marciare per oltre settant'anni verso il nulla.
Un grande storico, di cui mi sfugge il nome, affermò che tutta la partita venne giocata tra il 1914 e il 1991, con precisazione che questa fu "l'epoca più violenta della storia dell'umanità". A seguito di ciò potremmo, ipoteticamente, rivivere quegli anni terribili, dominati da tiranni e lacchè con il fuoco nella mente, capaci-- di fronte ai loro fallimenti-- solo di uccidere con la furia che prova chi vede il mondo e l'uomo non adattarsi ai suoi deliranti disegni. Una lunga e assurda follia di come popoli civili siano diventati preda di criminali cinici e spietati.
Eppure in questi cento anni appena trascorsi, la gracile pianticella Uomo non è appassita, non è stata strappata o annientata: si è piegata quando il vento soffiava più violento e terribile e poi, con determinata fermezza e ostinazione, è tornata a sollevare la testa. Ritornando alla memoria penso, oltre ad orrori spaventosi, anche ad alcuni nostri personaggi positivi: chiamiamoli pure eroi. Salta alla mente un piccolo brigadiere dei carabinieri, Salvo D'Acquisto, che si fa fucilare dai tedeschi per liberare ventidue ostaggi. Anche i nostri Comuni, Rogeno e Casletto, hanno, purtroppo, pagato il loro pesantissimo obolo di vite stroncate dalle guerre.
Rogeno ha avuto anche la sventura di annoverare persino due martiri vigliaccamente fucilati dagli odiosi nazisti. E poi un prete, don Giovanni Fornasini, medaglia d'oro. Era un prete di montagna, e probabilmente neanche tanto colto. A Marzabotto dove i tedeschi stanno per uccidere quasi duemila persone, lui è libero: eppure torna indietro per morire con i suoi parrocchiani. Quando stanno per sparare contro di lui e i suoi compaesani, traccia un segno della croce nell'aria e dice: "Assolvo chi muore e chi uccide". Un maestro di scuola, ebreo, che accompagna i suoi alunni alle camere a gas: li lava tutti, fa indossare loro i grembiulini, li mette in fila, racconta una favola. E poi va a morire con loro. Non fanno notizia, questi personaggi. La gente tende a dimenticare.
Sono accadute cose che pensavamo inconcepibili: come quei vagoni che andavano a Auschwitz, Dachau e dintorni. Solo nel dopo guerra avemmo la prima notizia di quell'orrore. Certo, che gli ebrei non fossero graditi lo si sapeva: nel '38 erano pure promulgate delle leggi. Ma voglio credere che nessuno, in Italia, immaginava che in Germania ci fossero dei campi di sterminio, era inconcepibile che si potesse arrivare a tanto.
Sono cresciuto in un ambiente cattolico, e certa distinzione tra Bene e Male probabilmente l'ho assorbita.
Ho avuto sentori di personaggi positivi anche tra i fascisti. Come Leandro Arpinati: fu una persona molto intelligente, molto leale, che ha pagato con la vita, con molto coraggio. Una persona molto per bene. Sì, c'erano anche allora, perché nasconderlo? Se dovessi indicare degli eroi, dei personaggi positivi, direi: i soldati italiani. Dappertutto un soldato italiano non mangerebbe volentieri il rancio se ha di fronte un bambino che lo guarda con appetito. I nostri ufficiali medici si prodigano per i poveracci. La mentalità della nostra gente viene fuori: noi non siamo degli occupanti, degli imperialisti. Noi fraternizziamo. Anche quando volevamo conquistare delle colonie, inventammo una canzone che diceva: "faccetta nera, sarai romana". Poi si sono accorti che non andava bene e hanno rivisto il motivo. Noi italiani siamo così, anche se abbiamo la mania di autoflagellarci, di parlare male del nostro paese. Forse è una reazione provocata dal fatto che prima, per troppo tempo, eravamo stati abituati a esaltarci, a dire che eravamo gli eredi degli antichi romani: con tutto quello che è successo, c'è da avere qualche dubbio sulla provenienza. Il nostro Nazionalismo? Credo che nel '15 Trento e Trieste fossero dei traguardi per gli italiani. Ma oggi l'amor patrio c'è soltanto per le partite di calcio.
Il nostro popolo ha dato prove di grande solidarietà quando eravamo povera gente: in guerra, o durante l'alluvione del Polesine. Noi italiani siamo bravissimi nella disgrazia. Abbiamo inventato la colletta, e la società del mutuo soccorso. Ma quando stiamo bene, e c'è una torta da dividere, diventiamo litigiosi. Come adesso.
In questi anni abbiamo avuto fin troppe cose. Abbiamo vissuto al di sopra dei nostri mezzi. Si è predicato il successo come traguardo della vita. Mi sento a disagio: io, per diversi anni, ho vissuto un'Italia che era molto più povera, ma aveva più attenzione. Le nostre madri dicevano: prima fai i compiti e poi vai a giocare. Da un certo punto in poi la gente ha pensato solo ai propri diritti, dimenticando i doveri. Oggi è tornata la paura della guerra. Credo che, con quello che sta succedendo, il nostro tenore di vita dovrà ridimensionarsi. E' quasi fisiologico. Prima di tutto non si sa quando le guerre finiscono. Secondo, è evidente che si altera tutta l'economia: la depressione non è soltanto uno stato d'animo. Voglio dire: questo è un momento difficile, di crisi, e non si vedono in giro grandi figure di personaggi in grado di fare da punto di riferimento. Questo è un Paese che sembra non abbia speranza, che vive alla giornata, che si accetta così com'è. Dobbiamo forse tornare a vivere con più parsimonia, con più modestia. Una mia conoscente ha adottato una bambina ucraina di circa tre anni: a tavola tira su tutte le briciole che trova, si vede che nell'istituto dov'era prima non ce n'erano tante. E' lei che insegna qualcosa a noi. Quando la penso, sono molto contento: vuol dire che la vita va avanti.

E penso anche che questa piccola vicenda racchiuda la verità più importante: quando uno salva la vita di un altro, salva anche qualcosa di sé. Gli servirà nell'ora in cui dovrà rendere conto, senza imbrogli, di come è andata.
Ho visto poco più di sei decimi di secolo, e non ho nessuna autorità per giudicare. Ho soltanto il malinconico privilegio dell'anagrafe per poterlo raccontare. Abbiamo visto l'uomo passeggiare sulla Luna. Siamo stati testimoni di cose strepitose. La tecnica ha fatto progressi enormi. La morale no. Il fascismo, il nazismo, il comunismo…
Storie di ideologie che hanno travolto il destino di milioni e milioni di persone. Storie di esseri eccezionali che hanno votato la loro vita al bene dell'umanità… Quante storie in questi cento anni, quante tragedie, quanti trionfi, quante illusioni, quante idee…
Anch'io, nel mio piccolo, sono stato, in parte, testimone di tale periodo. Le esperienze di cui sono stato spettatore, fanno sì che devo lasciare alla coscienza di ognuno di noi giudicare che cosa sia stato il secolo appena trascorso, e non fidarci di quanti propongono Nuovi Mondi basati su ideologie che non abbiano al loro centro l'Uomo.
Antonio Isacco

 
 
 
       

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