UNA
STORIA VERA
Novembre 2006
di Lorenzo Gerosa
Sono sicuro che la maggior parte dei lettori
conosce a memoria la formazione della propria squadra del cuore,
o almeno della nazionale italiana, tuttavia ci sono personaggi
le cui gesta hanno veramente migliorato l’esistenza dell’umanità
intera e tuttavia non sono diventati così popolari e i
loro nomi sono rimasti solo in certi libroni consultati solo di
rado dagli specialisti. Questa volta vi voglio raccontare la storia
di uno di questi personaggi. Come Sigfrido e San Giorgio hanno
affrontato e sconfitto dei draghi, tutti noi nella nostra vita
siamo chiamati a farlo anche se i draghi si presentano sempre
in forme molto diverse e molte volte sono difficili da riconoscere.
I
draghi affrontati dal nostro eroe erano altrettanto terribili
e pericolosi, ma non erano mostri enormi, anzi erano piccoli e
talmente piccoli da non poter nemmeno essere visti: si trattava
di microrganismi e più in particolare di mycobacteria.Per
affrontare questi draghi la spada e la lancia si rivelano inefficaci,
ma i batteri si combattono con un’arma scoperta nella prima
metà del ‘900 da Alexander Fleming: gli antibiotici.
Dopo la seconda guerra mondiale avevamo a disposizione antibiotici,
fondamentalmente penicilline e cefalosporine (queste ultime scoperte
da un ricercatore italiano nelle acque del porto di Cagliari),
però vi erano batteri resistenti a questi antibiotici perché
protetti da una sorta di “corazza” impenetrabile ad
essi: si trattava appunto dei mycobacteria, i draghi della nostra
storia. Nella famiglia dei mycobacteria ci sono i batteri che
causano (gli scienziati amano chiamarli “agenti eziologici”)
la tubercolosi e la lebbra, terribili e molte volte fatali malattie.
A questo punto trovo opportuno fare un breve inciso per spiegare
cosa sono gli antibiotici nel modo più semplice possibile.
Gli antibiotici sono sostanze naturali o parzialmente modificate
(se qualcuno è interessato spiegherò in un altro
scritto cos’è la “semisintesi”) che vengono
prodotte da alcuni microrganismi per uccidere altri microrganismi.
Ma perché vengono prodotti? I latini citerebbero il detto
“mors tua vita mea” ed infatti il microrganismo che,
producendo antibiotico uccide i suoi vicini, si accaparra sostanze
nutritizie e spazio vitale tutti per sé. La buona idea
è stata quella di coltivare microrganismi produttori di
antibiotici, isolare queste sostanze e somministrarle a pazienti
la cui malattia era causata da un microrganismo che per quell’antibiotico
sarebbe morto (avendo cura di non far morire anche il paziente).
La mia opinione personale di farmacologo è che la scoperta
degli antibiotici, insieme a quella degli anestetici sia tra le
più grandi scoperte in campo medico e forse anche in campo
umano in generale. Torniamo ai nostri mycobacteria: perché
la storia possa proseguire, oltre al terribile drago deve esserci
un eroe che possa sconfiggerlo e nel nostro caso è stato
trovato nel Dr. Sensi. Durante il mio corso di studi ho conosciuto
il Dr. Sensi che mi ha raccontato come è andata la storia.
Era il 1958 e il Dr. Sensi lavorava in un laboratorio come ricercatore
e con i suoi colleghi cercava batteri in grado di produrre antibiotici.
Arrivava l’estate, tempo di vacanze, e si accordarono, per
aumentare le possibilità di trovare qualche cosa, che ognuno,
durante le sue ferie, avrebbe portato a casa dal suo luogo di
villeggiatura un campione di terra per analizzarne i batteri contenuti.
Il Dr. Sensi andò in ferie in Costa Azzurra e portò
un campione di terra ivi raccolto e, tornato in laboratorio, vi
trovò una specie di batteri chiamati Nocardia mediterranea
in grado di produrre una sostanza di cui riporto la formula: EMBED
ISISServer In quel periodo era molto popolare un film francese
la cui protagonista si chiamava Rififì e, siccome il campione
proveniva dalla Francia, il Dr. Sensi decise di chiamare Rififì
questa sostanza prima di archiviarla in attesa di saggiarne le
proprietà. Con grande sorpresa scoprì che questa
sostanza non solo aveva proprietà antibiotiche, ma era
anche in grado di combattere i terribili mycobacteria. A questo
punto non restava che rendere pubblica la scoperta e presentare
il nuovo antibiotico a qualche congresso, ma non era opportuno
presentarlo con il nome goliardico di Rififì e allora pensò
di adattarlo a Rifamicina. In seguito questa sostanza ha subito
modifiche per migliorarne l’attività ed è
diventata la capostipite di una famiglia di antibiotici: le rifamicine
appunto di cui un’importante rappresentante, la Rifampicina
è a tutt’oggi farmaco di elezione nella terapia della
tubercolosi e della lebbra.
Oggi queste malattie sono per noi solo un brutto ricordo e si
spera che presto lo diventeranno, grazie alla cooperazione internazionale,
anche per i paesi più poveri.
Dr. Lorenzo Gerosa
Dottore in Chimica e
Tecnologia Farmaceutiche
Specialista in Farmacologia
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