La
Polizia, Vasco Rossi e Pierpaolo Pasolini
Il mio amico Alberto fa il poliziotto: tutti
i giorni vede liberare chi ha catturato ieri e tutte le domeniche
viene insultato allo stadio . Rischia la vita
per me e per la mia famiglia per poco più di 1.200 euro
al mese. Queste righe di Macloce raccontano come in tanti dicano
forte: grazie Alberto!

Quasi come Pasolini. Vasco Rossi non ha
mai amato le rivoluzioni di piazza. È una questione di
radici e lui sotto le scarpe continua a portare un po’ di
polvere contadina, in questi giorni di fantasmi brigatisti, di
slogan riciclati, roba da altro secolo, di teppisti da stadio
che sprangano e uccidono, dice che lui, quello della Vita spericolata,
sta dalla parte dei poliziotti. È un colpo di rullante.
È qualcosa di non banale, perché le rockstar di
solito non guardano le divise negli occhi. È lasciare per
un attimo il fronte del palco e sedersi a chiacchierare con gli
sbirri, quelli con il manganello, con gli occhiali da sole anche
di notte, l’ordine contro il disordine. Lui li guarda e
dice: grazie. Grazie per il vostro lavoro. Queste parole Vasco
Rossi le dice in un’intervista su Poliziamoderna, che dedica
alla morte dell’ispettore Filippo Raciti e alla violenza
negli stadi. Non si parla di Br, ma tra teppisti e guerriglieri
la distanza è breve. Il rocker di «bevi la Coca-Cola
che ti fa bene», quello che per la polvere bianca è
finito in manette, quello che le mamme non volevano per casa,
dice che la «vera vita spericolata è quella dei poliziotti».
Quel testo cantato a Sanremo nel 1983 è stato per anni
un marchio, il segno di un’utopia. Ma molti l’hanno
letto solo come una voglia di far casino, di vomitare nel salotto
buono di casa, l’orizzonte balordo di chi va a letto la
mattina presto con il mal di testa e quando si guarda allo specchio
sogna Steve McQueen. C’era dell’altro: «Mi dispiace
che spesso il messaggio di quella canzone sia stato travisato
e strumentalizzato per sostenere che inneggiavo al non rispetto
delle regole. Allora avevo 31 anni e desideravo una vita spericolata,
nel senso di non ordinaria, non piatta o fatta di sole certezze.
Ma chi del resto quando è giovane non sogna di fare esperienze
emozionanti e straordinarie?».

Vasco Rossi voleva solo rivendicare il diritto
di scommettere su se stesso. Rischiare. Mettersi in gioco. Forse
ci è riuscito. Pier Paolo Pasolini a Valle Giulia, in quel
lontano ’68, stava con i poliziotti perché «sono
figli di poveri». Pasolini voleva la rivoluzione, ma non
gli piacevano gli attori. Non gli piaceva l’odore: «Avete
facce di figli di papà. Buona razza non mente. Avete lo
stesso occhio cattivo. Siete paurosi, incerti, disperati (benissimo)
ma sapete anche come essere prepotenti, ricattatori e sicuri».
Pasolini stava con i poliziotti, anche se erano i nemici. Ma gli
piaceva l’odore: «Conosco assai bene il loro modo
di esser stati bambini e ragazzi, le preziose mille lire, il padre
rimasto ragazzo anche lui, a causa della miseria, che non dà
autorità». Vasco Rossi sta con i poliziotti perché
è gente che ci mette la faccia, che i pugni qualche volta
li dà e spesso li prende, perché sta lì nella
mischia per lavoro e non per cazzeggio. E, dopo tutto, anche al
vecchio rocker piace sudare. «Problemi con la giustizia
- dice - li ho avuti e sono noti. Ma ora ho un rapporto splendido
con i poliziotti. Adesso se mi fermano è per chiedermi
un autografo. Prendo multe, ma neanche tante, e solo per eccesso
di velocità di cinque chilometri oltre il limite».
Bazzicare al confine del limite è quello che in fondo gli
ha salvato la vita. L’abilità del Blasco è
stata quella di guardarsi in faccia e non bluffarsi addosso. Il
cinquantenne di Zocca è un anarchico senza illusioni, uno
che si fa gli affari suoi, che la sera legge i saggi di sir Raymond
Popper e non lo confonde con l’omonimo cocktail di droghe.
Vasco ha già vissuto la sua stagione in provincia accanto
ai venditori di illusioni. Il suo disincanto gli è rimasto
addosso in quelle poche strofe di Stupendo: «E mi ricordo
chi voleva al potere la fantasia. Erano giorni di grandi sogni,
sai. Erano vere anche le utopie. Ma non ricordo se chi c’era
aveva queste facce qui. Ma non mi dire che è proprio così.
Non mi dire che sono quelli lì. Sì. Stupendo! Mi
viene il vomito». E poi chiude: «È la vita
ed è ora che cresci. Devi viverla così».
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