Il
tuo danaro e la tua etica
Novembre 2008
di Osea Coratella
Nel
corso della vita capita a quasi tutti, chi più chi meno,
di mettere da parte qualche soldo. E a quel punto, soddisfatte
le esigenze di base, ci si pone la questione di come investire
questi risparmi per garantire il ritorno più ragionevole
possibile. Curiosamente però come uomini ci preoccupiamo
molto poco delle implicazioni etiche di queste scelte, preferendo
puntare solo sull’opzione più redditizia e affidandoci
al fiuto (e all’onestà) di un agente che non sempre
ha i nostri stessi parametri morali. Non si tratta di malafede
quanto di disattenzione. Una disattenzione sorprendente, considerando
che in altri settori la nostra soglia di attenzione è ben
più alta: siamo sensibili alla provenienza dei prodotti
alimentari; firmiamo petizioni contro la schiavitù moderna
che, in alcuni Paesi dell’estremo oriente, permette di produrre
a costi irrisori; siamo capaci di arrabbiarci perché un
azienda propone capi di abbigliamento realizzati grazie a manodopera
minorile. Eppure, per quanto riguarda i nostri fondi, ci accontentiamo
di scorrere la colonna dei ricavi senza chiederci chi abbiamo
finanziato per raggiungere il nostro guadagno. Attraverso i cocktail
azionari e obbligazionari potremmo aver finanziato un governo
che discrimina i cristiani oppure un’azienda che vende non
si sa’ cosa. O una banca che compie operazioni spericolate.
Che non sia solo un particolare secondario lo si può dedurre
dagli ultimi rovesci di borsa: perché la mancanza di etica,
l’avidità, l’estrema spregiudicatezza si ripercuotono
non solo sui dipendenti ma anche, presto o tardi, sui risultati
finanziari. Nei giorni scorsi Pieremilio Gadda, Giornalista, esperto
di fondi etici, dalle colonne dell’Osservatorio finanza
etica, raccontava della Iccr, Interfaith center on corporate responsability:
un coordinamento interdenominazionale e internazionale di finanzieri
con dei valori morali e spirituali. Si tratta di agenti finanziari
di estrazione evangelica, cattolica, ebraica (ma anche di altre
religioni e laici) che, attraverso una preparazione finanziaria
e dei saldi principi, esercitano un attento controllo al comportamento
delle aziende nelle quali investono per conto dei propri clienti.
Insomma, un portafoglio titoli eticamente orientato, per il bene
di tutti. Uno degli affiliati, il reverendo William Somplasky-Jarman,
è stato addirittura il primo a intravedere il rischio-Lehman:
la Iccr aveva fatto presente, con anni di anticipo, i rischi dei
mutui subprime, ottenendo un impegno formale da parte della banca
d’affari a sviluppare migliori procedure di analisi nel
settore del credito. Promessa a quanto pare disattesa, con le
conseguenze che sappiamo. In Italia i numeri sono diversi, e di
conseguenza cambia anche il possibile impatto. Ma non è
scontato che sia così. Non mancano gli investimenti e non
mancano gli operatori finanziari attenti all’etica. Viene
allora da pensare che se anche in Italia almeno coloro che si
definiscono cristiani e uomini coerenti badassero al loro portafoglio
titoli andando oltre i numeri, qualcosa potrebbe cambiare.
Osea Coratella
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