PIO
XI, Papa Ratti, che alpinista!
Novembre 2009
Giovedì 22 ottobre, presso la chiesa
“piccola” di Asso -quella del SS. Crocifisso-, è
stato presentato il libro su Achille Ratti; “Il prete alpinista
che diventò Papa” . Anch’io, quale vice presidente
del CAI Asso, e appassionato frequentatore delle montagne, ero
stato invitato all’evento per esprimere qualche considerazione,
da uomo di montagna. La serata però, vista l’importanza
del personaggio raccontato, il suo legame con Asso, Rogeno, Barni
e la Vallassina, è trascorsa veloce e intensa, “bruciata”
dagli interessanti interventi dei primi oratori. Il mio ed altri
interventi, sono così saltati, ma sono stati ampiamente
compensati dall’apprendere molte sfaccettature, meno note,
sul prete alpinista eletto Papa nel febbraio del 1922, col nome
di PIO XI. Scorrendo poi il libro, ho potuto notare come molto
di quello che avrei voluto dire era già stato menzionato
nelle presentazioni dal presidente nazionale del CAI e dal presidente
della sezione di Milano, alla quale Achille Ratti si era iscritto
nel 1888, diventando poi attivo componente del Consiglio Direttivo.
Nel corso dei secoli, la frequentazione delle montagne -le cattedrali
della terra- da parte del clero, è sempre stata intensa
e, a volte, foriera di importanti osservazioni, scoperte o conquiste.
I 28 anni di attività alpinistica documentata, del futuro
PIO XI, hanno avuto picchi stagionali veramente intensi, a volte
eccezionali, soprattutto rapportati al periodo storico nel quale
si sono svolti. Ha realizzato, tra l’altro, la prima salita
italiana alla punta Dufour (m. 4637), salendo da Macugnaga (m.
1327), lungo la gigantesca parete est del monte Rosa, la più
alta d’Europa. Il 29 luglio 1889 con l’amico e compagno
di ascensioni don Luigi Grasselli, la guida alpina Giuseppe Gadin
e il portatore Alessio Proment lasciano Macugnaga e raggiungono
la capanna Marinelli a 3036 m. di quota, dopo averla svuotata
dalla neve che vi era penetrata, effettuano un breve bivacco,
dormendo, per poco tempo, sul nudo assito. A notte fonda, per
maggior sicurezza, riprendono la salita e, il 30 luglio, dopo
una lunga giornata di ascensione, giungono in vetta dopo aver
superato non poche difficoltà. La discesa dal versante
Svizzero, per motivi vari, è lunga e travagliata. Scendono
per una trentina di metri, tra forti raffiche di vento, fino a
un piccolo e sicuro vano libero da neve e ghiaccio. Alle ore 20,30,
a 4600 m. sostano per trascorrere la notte.
Il gruppo raggiungerà Zermatt il I° agosto. Il 3 agosto,
dopo un giorno di riposo, don Achille, affascinato dal profilo
del Cervino, effettua una ricognizione sul versante della “Gran
Becca”. Il giorno 4, dopo aver celebrato la messa domenicale,
incontra la guida Francesco Bich di Valtournanche al quale chiede
di accompagnarlo, il giorno successivo, assieme ai compagni Gadin
e Proment sulla vetta del Cervino. Ancora oggi, una impresa del
genere, completata in pochi giorni, non è certo alla portata
di molti! Figuriamoci la situazione di oltre 120 anni fa, con
i mezzi e l’equipaggiamento di allora! Per fare un raffronto,
magari banale, dirò che, nel 2007, ero sul monte Rosa,
con amici, di ritorno dalla Capanna Margherita. Era luglio, la
giornata era stata fredda, con vento, ma serena. Abbiamo pernottato
nel confortevole rifugio città di Mantova a circa 3500
m., dove abbiamo incontrato tre coppie di tedeschi. Come consuetudine,
anche loro, erano saliti, usando nella parte iniziale, qualche
funivia. Il giorno seguente, anch’essi, si sono incamminati
verso i 4559 m. della capanna Margherita ma…, il tempo è
cambiato e si è annuvolato. Nonostante i molti alpinisti
presenti in quei giorni, la cartografia e le relazioni del luogo,
hanno perso la via di salita e hanno trascorso la notte vagando
sul ghiacciaio. Nonostante il moderno equipaggiamento una delle
donne è morta, un’altra è stata trasportata
a valle in elicottero in gravissime condizioni e non so che fine
abbia fatto. Se penso alle condizioni descritte nel libro su Papa
Pio XI…!
Molte altre sono state le cime salite e le nuove vie aperte dal
futuro Papa. Anche sul Monte Bianco la via “normale”
porta il nome Ratti-Grasselli.. Da Rogeno, dove ancora esiste
la casa, proveniva la sua famiglia. Ad Asso veniva sovente a trovare
lo zio Damiano Ratti, Prevosto del borgo Vallassinese. Tutte le
montagne del Triangolo Lariano e le Grigne erano luoghi che sovente
frequentava per ritemprarsi dai lunghi e faticosi studi e prepararsi
a salite ben più impegnative. La Parrocchia di Asso gli
ha dedicato l’ampio salone-teatro dove, in più occasioni,
anche il CAI Asso ha avuto modo di organizzare interessanti incontri
legati al tema alpino. Le montagne, diverse e varie in ogni stagione,
hanno da sempre svolto ruoli vari e importantissimi nei secoli.
Chi ha spirito di sacrificio e trova piacere nel salirle e percorrerle,
sa cosa vuol dire osservare dall’alto il vasto e minuscolo
panorama che si perde laggiù, fra le brume della pianura.
Nella vastità dell’ambiente circostante, gli uomini
non si vedono, i problemi e le miserie umane assumono un’altra
dimensione. Pensando al Cervino, mi sovviene spontaneo un raffronto
fra i due versanti della stessa montagna, che, chi conosce la
zona, capirà benissimo. L’abitato di Cervinia è
ridotto a un bruttissimo ammasso di cemento condominiale, il villaggio
di Zermatt è sempre più ambito, perché ha
saputo conservare e valorizzare nel tempo il suo ambiente, naturale
e antropizzato. Per questi e tanti altri motivi le montagne, le
Cattedrali della Terra, solcate anche da molti Papi, devono continuare
a esistere nella loro integrità, non devono essere mercificate
o banalizzate, triturate per farne cemento, materiale da costruzione,
o riempite di seconde o terze case. Altrimenti vorrà dire
che la nazione che permette ciò, avrà vita breve
…e.. .grama!.
Franco Bramani
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