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Le Due Italie

Ottobre 2005
di Dario Meschi

E' passato un anno dalla rivolta popolare scatenata contro l'inceneritore di Acerra nella Regione Campagna, guidata congiuntamente e insolitamente sia dal sindaco comunista, che dal vescovo. Nel frattempo i lavori sono stati interrotti, perché durante la loro esecuzione si è manifestata una falda freatica che ha provocato l'allagamento del cantiere, ponendo diversi dubbi sul modo con cui sono stati condotti i lavori, e sul metodo utilizzato nell'individuazione del luogo ove realizzare un impianto tanto importante, quanto delicato sotto il profilo ambientale. Sino ad ora non è dato sapere se siano state effettuate tutte le preventive ricerche geologiche prima di dare corso ai lavori, e mentre saranno accertate eventuali responsabilità per possibili carenze progettuali o operative, al confine tra la Campania e la Puglia è aperta da tempo una disputa sulla collocazione di un nuovo impianto di smaltimento dei rifiuti, che, come spesso accade, nessuno vuol ospitare sul proprio territorio.
Mentre i governatori rossi, Bassolino e Vendola, delle due Regioni interessate discutono non trovando un accordo, aumentano l'emergenza e il disagio. Nel frattempo in Sicilia pende un ricorso al Tar contro la realizzazione di quattro impianti di termovalorizzazione.
Sullo sfondo di un Sud incapace di affrontare le emergenze e quella dei rifiuti in particolare, lasciando spazio alle discariche abusive controllate dalla malavita, si manifesta evidente la spaccatura in due dell'Italia: quella Nord più efficiente, pratica e determinata, quella del Sud incoerente, fatalista, polemica, quasi incapace di attuare qualsiasi intervento di innovazione tecnologica. L'unità nazionale vacilla, e il martoriato Mezzogiorno è in ritardo su tutto, anche nella raccolta differenziata rimanendo in bilico tra un degrado urbano e ambientale sempre più evidenti, e il desiderio di un riscatto mai raggiunto, e di una modernizzazione civile e responsabile, sempre più lontana e difficile da raggiungere. Gli esempi di mal governo e la crescita dei disservizi aumentano col passare degli anni, nonostante le iniziative legislative, i finanziamenti e le deliberazioni delle singole amministrazioni locali, lasciando dubbi e molte perplessità sulla capacità di riscatto di questo Sud martoriato, tanto favorito dalla natura e dalle bellezze ambientali, quanto penalizzato da mentalità ristrette, da abitudini, da carenze culturali, e dall'inefficienza del potere politico. E' difficile comprendere come dal 1999, anno in cui fu dichiarata l'emergenza rifiuti in Sicilia, nonostante la Regione abbia avviato un piano d'intervento ispirato, almeno teoricamente, ai principi della sostenibilità, non si siano raggiunti risultati soddisfacenti. Il ciclo della raccolta differenziata, che prevede la separazione del secco dall'umido, la carta, la plastica, il legno, il vetro e i metalli, con la produzione di compost, un fertilizzante per usi agricoli, nonché la selezione e il riutilizzo dei rifiuti non riciclabili, e la produzione di energia attraverso una rete di termovalorizzazione, non riescono a divenire realtà. Durante il mandato del governatore Cuffaro, nominato Commissario straordinario per l'emergenza, la situazione è andata migliorando: sono diminuite le discariche ed è aumentata la raccolta differenziata, anche se la strada da percorrere è ancora lunga e piena di asperità. Il caso siciliano riassume emblematicamente tutte le contraddizioni che soprattutto nel Mezzogiorno si accompagnano nella "guerra dei rifiuti", dove prevalgono ancora le cattive abitudini, la mancanza di educazione civica, di igiene pubblica, sino ad assumere i contorni e la drammaticità di una vera e propria emergenza sanitaria.
Una mancanza culturale che porta alla montagna di rifiuti, con scatole, scatoloni, e sacchetti, ammucchiati intorno ai cassonetti o agli angoli delle strade. In Sicilia, come in Campania, in Puglia o altrove, tutti hanno il problema dei rifiuti da smaltire, ma nessuno è disposto a sacrificarsi, aumentando così il degrado e il pericolo di guasti maggiori.Il termovalorizzatore, può rappresentare una risposta moderna a un problema antico e sempre più grave. Non è un mostro e nemmeno un tabù, e com'è stato accettato a Brescia, dovrebbe essere accolto a Canicattì o in qualsiasi altro comune del meridione. Del resto gli impianti di questo genere funzionanti in Europa sono oltre trecento, a dimostrazione di come si possa smaltire i rifiuti generando energia in un'ottica di ambientalismo sostenibile, capace di garantire la salubrità pubblica

 
 
 
       

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