
di Antonio Isacco
Ottobre 2006
I DESIDERI
Mi sono spesso chiesto che cosa accadrebbe
se un giorno mi capitasse di non avere più nessun desiderio.
Certamente morirei. O piuttosto: avrei, nonostante tutto, un ultimo
desiderio, quello di morire (che non è un desiderio da
poco). In realtà siamo prede e vittime, ma prima di tutto
artefici, dei nostri desideri. Solo la persistenza d’una
sia pur minima brama ci consente di esistere. Che poi si tratti
d’una aspirazione appena abbozzata o di una bramosia violenta,
non importa; rimane comunque il fatto che chi è privo di
desideri è già morto, prima ancora di essersene
reso conto. Ma questo non significa che il desiderio sia soltanto
su base sensoriale: sessuale, alimentare, economica. Ho cercato
spesso di rendermi conto fino a che punto l’esaurirsi d’un
desiderio sia stato soddisfacente e benefico. Ma desiderio di
cosa? Di una pelle straordinariamente liscia e compatta da accarezzare?
Di una distesa di neve intatta e candida su cui scendere con gli
sci? Tutti desideri che sollecitano i nostri apparati sensoriali
e tutti desideri che, una volta saziati, non troveranno mai una
loro vera saturazione.Devo convenire insomma che il raggiungimento
d’una aspirazione a lungo accarezzata non è mai stata
altrettanto soddisfacente quanto il desiderio iniziale della stessa.
Il suo appagamento non lascia che cenere e rimpianto, Ma a questo
punto occorre chiedersi: è proprio sicuro che tutti i desideri
cui accennavo siano “personali”; o invece il più
spesso dipendono dalla particolare circostanza sociale in cui
ci veniamo a trovare? C’è chi vorrebbe estendere
il campo d’azione molto al di là di queste elementari
circostanze. E’ vero che non esiste un desiderio che non
sia condizionato, manipolato dall’ambiente, dal marketing,
dal gusto dominante. E’ anche vero, peraltro, che esistono
dei desideri non solo paradossali ma anche contrari ad ogni vincolo
etico, estetico, religioso, politico. Questi desideri possono
rientrare persino in quella che definirei una autopunizione. E’
solo così che potremmo spiegare la smania di autodistruzione
(kamikaze), di offuscamento della coscienza (drogati), di non
adeguamento, ai costumi, alle leggi, alle mode. Si pensi, ad esempio,
al caso dei suicidi fondamentalisti, ai digiunatori politici,
eccetera: nessuno di questi individui avrebbe agito dunque desiderato
di agire – senza almeno una speranza: la sicurezza di essere
visto, denunciato, televisionato. Dunque: il “desiderio
di apparire” risulta una delle molle più potenti
in qualsiasi circostanza. Come si spiegherebbero altrimenti gli
infiniti casi di desideri post mortem? (essere cremati, avere
un monumento funebre; la propria fondazione culturale, legare
il proprio nome a una istituzione, a una biblioteca, eccetera).
Non a caso “nell’amore si desidera una persona, o,
ancora meglio il suo desiderio”. Spesso chi sa di essere
desiderato, per questa sola ragione tende a desiderare di meno.
Ebbene, è proprio questa brama, spesso inconfessata, di
suscitare negli altri il desiderio di se, che spinge l’individuo
a promuovere complesse azioni coll’illusione di poter accendere
nei posteri un tardivo desiderio, direi meglio un rimpianto.
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