Il
processo e Carlo Castagna
Ottobre 2007
di Enrico Viganò

Un anno fa, la sera dell’11 dicembre,
a Erba si verificava un’immane tragedia, che difficilmente
potrà essere dimenticata. Due vicini di casa in un condominio
di via Diaz , per motivi futili, facevano una strage uccidendo
quattro persone, di cui un bambino di due anni.
Lo scorso mese è iniziato a Como il processo, ma è
stato subito aggiornato al 29 gennaio prossimo. Olindo Romano
e Rosa Bazzi, gli imputati reoconfessi, hanno dichiarato nelle
fasi processuali preliminari di voler ritrattare la loro iniziale
deposizione, non solo, ma Olindo ha sostenuto di essere innocente.
Azouz Marzouk, il padre del piccolo Youssef e marito di Raffaella
Castagna, due delle quattro vittime, vuole la pena di morte per
i due imputati. Pure il suo avvocato, Roberto Tropenscovino, concorda
che la “pena di morte” possa essere utilizzata “in
questi casi così feroci e premeditati”. Alle fasi
preliminari del processo era presente Carlo Castagna, papà
di Raffaella, nonno di Youssef, marito di Paola Galli, tre delle
quattro vittime (la quarta è stata una vicina di casa,
Valeria Cherubini: suo marito, Mario Frigerio, anch’egli
colpito da Olindo, si è miracolosamente salvato, ed ha
accusato i coniugi Romano di essere gli autori della strage).

Anche durante il processo, come nei giorni
successivi alla tragedia, la profonda umanità e la statura
morale di Carlo Castagna sono emerse in tutta la loro grandezza.
Ha presenziato, come la legge consente in questi casi, all’udienza
svoltasi a porte chiuse, ma ha scelto di non costituirsi parte
civile rinunciando a qualsiasi risarcimento economico. Ha assunto
un comportamento defilato, pacato e silenzioso: nessuna intervista,
nessuna dichiarazione alla stampa, ma solo una frase di compassione
nei confronti di Olindo: “Vedere Olindo in quella gabbia
mi ha fatto molto pena. Pover’uomo!”.
Parole pronunciate proprio da chi era stato additato da Olindo
negli interrogatori resi nei giorni successivi all’arresto
come “il più bastardo di tutti”. Ma Carlo Castagna
è una persona che non sa odiare, ma amare. Quando Olindo
Romano e Rosa Bazzi confessarono di essere gli autori della strage,
Castagna disse che li perdonava: “No, io non posso odiare
la Rosy e l’Olindo per quello che hanno fatto. Erano oggetto
di un’azione demoniaca”. Un’azione demoniaca!
In quei giorni che seguirono la strage molti, dai politici, agli
psicologi, psicanalisti, editorialisti e chi più ne ha
più ne metta, si sono sentiti in dovere di dare un loro
parere, la loro spiegazione e in alcuni casi anche la loro sentenza.
Pochi, però, hanno avuto il coraggio di affermare che quando
l’uomo compie certi atti finisce per prestare la sua mano
ad una mente satanica. Anche Mario Frigerio, recentemente in occasione
del ritiro della benemerenza assegnata a lui e alla memoria della
moglie Valeria dal comune di Montorfano, ha dichiarato: “Con
me porto due ricordi: il volto sempre gioviale di Valeria e gli
occhi indemoniati dell’uomo che quella sera mi ha gettato
a terra per poi tagliarmi la gola”.

Erba è la città della laboriosità, della
solidarietà, dove sono attive innumerevoli associazioni
di volontariato. Ma è anche la città della preghiera,
della Madonna. Qui sono nate due radio (Radio Maria e Radio Mater)
conosciute ovunque. Radio Maria è addirittura la radio
più ascoltata in Italia. Satana voleva fare di Erba la
“città della strage”, la città dell’odio.
Ma Dio che sa scrivere dritto su righe storte, ancora una volta
ha trasformato la notizia di un efferato delitto in una notizia
di amore e di perdono sublime, grazie proprio alle persone che
più erano state provate.
Il giorno dopo la tragedia, Lidia Cavenaghi in Galli, l’anziana
mamma di Paola, ha invitato suo genero Carlo Castagna a “trovare
spazio nei nostri cuori anche per gli assassini dei nostri cari
e a chiedere al Signore il coraggio di sdraiarci sulla croce,
perché se non perdoniamo come possiamo recitare il Padre
Nostro”. Perdonare in circostanze simili è davvero
difficile. Ci diceva in un’intervista Carlo Castagna, “prima
di avere la forza di perdonare, ho pianto molto, e ho pregato,
pregato e ancora pregato. Gesù dice: io sto alla porta
e busso. Ma se noi non gli apriamo, egli rispetta la nostra libertà
e se ne va.
Chiedo continuamente al Signore che mi stia vicino, perchè
con Lui ‘anche se camminassi in valli oscure, non temerò
alcun male, di chi avrò timore?”.
Quel tragico 11 dicembre ha lasciato dietro di sé tanto
odio (e nella fase preliminare del processo lo si è potuto
constatare), ma in quella tenebrosa notte si è accesa anche
una luce di speranza che ha rischiarato tanti cuori e tanti animi
disorientati: la luce del perdono e dell’amore di mamma
Lidia e di Carlo Castagna.
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