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Gli eccessi dell'ecologismo

Ottobre 2007
di Dario Meschi

I rappresentanti dei Verdi, Paolo Cento, sottosegretario all’Economia, ed Ermete Realacci, rappresentante della Fondazione per le Qualità Italiane, nei rispettivi ambiti e in un progetto complessivo di riforma, si stanno occupando di alcune problematiche ambientali. La commissione parlamentare, denominata “Bilancio Ambientale”, sta affrontato le tematiche legate all’introduzione del Piq (prodotto interno qualità), ossia di un nuovo indicatore, nato, secondo alcuni, da una suggestione di Bob Kennedy, che si pone in concorrenza con il Pil, in quanto, quest’ultimo, misurerebbe tutto salvo le attività in grado di migliorare la qualità della vita. Il bilancio ambientale ricorda quello sociale, e il confronto tra Piq e Pil nasce, secondo i promotori, dalla necessità di maggiori investimenti per le attività ecologiche e per il rafforzamento delle politiche di tutela ambientale, e il confronto tra i due indicatori dovrebbe servire a sensibilizzare le aziende e lo Stato, favorendo interventi sinergici di salvaguardia del territorio. L’analisi compiuta dagli ecologisti conferma la presenza di un notevole costo ambientale, che deriva dalla necessità delle aziende di svilupparsi, aumentando la produzione e generando occupazione e ricchezza per sé e per l’intero sistema Paese, ma causando danni anche gravi, o addirittura irreparabili, all’ambiente. Proprio per questo motivo nascerebbe l’esigenza di addebitare all’impresa, ponendoli nel conto economico, una parte dei costi necessari alla salvaguardia ambientale, e per raggiungere lo scopo si potrebbero percorrere due sole strade: quella dell’aumento della tassazione, evidentemente ritenuto troppo penalizzante dagli imprenditori, oppure della proibizione, del rigido controllo o del divieto di esercitare attività potenzialmente nocive. Le normative in materia non mancano di certo: esistono norme nazionali ed europee che già regolano la materia in maniera esaustiva, ma spesso sono disattese per gli alti costi che comportano. Gli industriali si dicono impossibilitati ad affrontarne spese che penalizzerebbero la diffusione dei loro prodotti, e, in conseguenza di ciò, i tempi di intervento continuano a dilatarsi con gli effetti nocivi ormai noti; è presente inoltre una sorta di tacita tolleranza che non consente di affrontare il problema in maniera radicale, e l’unica soluzione possibile dovrebbe essere rappresentata dalla disponibilità di finanziamenti agevolati, con rimborsi a medio e lungo termine, per non penalizzare le imprese, e nel frattempo non trascurare un aspetto importante per la tutela ambientale e per la vivibilità. Gli ambientalisti tendono spesso ad estremizzare il confronto, e i rappresentanti dei Verdi che siedono al governo dovranno, per ottenere risultati concreti, non eccedere, anche se in linea di principio potrebbero avere tutte le ragioni per farlo, e non ripetendo gli errori del passato, quando con evidente miopia fermarono le centrali nucleari, o come ancor oggi accade di fronte all’ostruzionismo dimostrato nei confronti di fonti energetiche pulite e compatibili come quella eolica.Evidentemente, non esiste una soluzione veramente ottimale e risolutiva, qualche compromesso andrà sempre sottoscritto: sarà però importante evitare gli eccessi pur dimostrando rigore ed avvedutezza.

Dario Meschi

 
 
 
       

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