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Il pozzo di Talete a cura di Lorenzo Buttini
Ottobre 2008

IL CORRETTO RAPPORTO MEDICO PAZIENTE

I due recenti articoli su quanto avvenuto alla Casa di Cura Santa Rita di Milano hanno suscitato inevitabilmente molte ed accese polemiche e, quindi, accanto all’apprezzamento di vari lettori che hanno trovato interessanti ed istruttivi gli articoli, se non altro per aver alzato il velo sui modi di funzionamento dell’attuale sistema sanitario e su quello che vi gravita intorno, ho dovuto registrare anche alcune critiche riassumibili nell’accusa più o meno velata di aver cavalcato una sorta di qualunquismo contro la professione sanitaria.
Sono spiacente di aver dato questa impressione, che ritengo non fondata sia perché ho espresso il mio sincero apprezzamento per quei tanti medici che lavorano con senso di responsabilità e in armonia con il motto di Ippocrate “Primum non nocere” sia perchè ritengo di essermi attenuto a considerazioni di carattere generale sulla falsariga di valutazioni etiche, che erano non solo mie personali ma rispecchiavano quanto detto da illustri personalità quali il prof. Veronesi ed il prof. Bianco, presidente dell’Ordine dei Medici, i cui pareri ritengo di avere riportato fedelmente senza fraintendimenti o forzature.
Se quanto avvenuto ha travalicato i confini dell’etica, o meglio li ha completamente annullati, facendo rientrare la relazione medico-paziente in un rapporto di tipo affaristico non sono stato io ad inventarmelo. Basti leggere quanto detto dal prof. Bonadonna, ritenuto uno dei padri fondatori della moderna oncologia, il quale, benché colpito da un ictus oltre un decennio fa, continua a farsi paladino per una battaglia senza esclusione di colpi che porti ad una sempre maggiore “umanizzazione” della medicina ovvero realizzi l’obiettivo di una medicina che si riappropri della propria umanità ridiventando professione e non affarismo. A suo avviso perché ciò avvenga occorre che agli studenti di Medicina si parli sempre meno di azienda, manager ecc. e si parli sempre più di approccio alla malattia e di comprensione della sofferenza. Lo stesso prof. Bonadonna, disgustato oltre misura da quello che ha definito “macelleria emergente dai verbali della Procura di Milano”, ha dichiarato che avrebbe voluto porre una semplicissima domanda a quei medici della Santa Rita e cioè se i loro pazienti siano stati curati allo stesso modo in cui avrebbero voluto essere curati loro se le parti fossero state invertite. Ha poi messo il dito sulla piaga dell’ingerenza della politica così che si finisce con il premiare i medici non in base a specifiche competenze ma a quella dell’ “appartenere o meno”.
Questo ci porta all’altrettanto spinoso problema della meritocrazia che viene disattesa non solo nella sanità ma anche in altri importanti settori della società e la cui mancanza costituisce un grave handicap per il progresso civile, morale ed economico del nostro paese perché non vengono premiati i migliori indipendentemente dalla loro provenienza sociale e familiare ma solo quelli che possono vantare determinate “appartenenze”.
Sulla meritocrazia ci sarebbe molto da dire. Innanzitutto che è stata la secolare debolezza dello Stato a generare scarsa fiducia nelle Istituzioni e ciò ha portato ad avere come termini di riferimento la famiglia ed il cerchio delle proprie personali conoscenze, su cui fare completo affidamento e poi si aggiunga la nostra atavica sfiducia verso una scuola selettiva che premi i migliori, anche con incentivi economici, preferendo una scuola massificata. Per cambiare occorre un grande coraggio e soprattutto darsi nuove regole al riguardo, ma nell’atto stesso di approntare queste regole nuove occorrerebbe ricorrere a quello che Rawls definiva il “principio del velo di ignoranza” e che riassumeva nel seguente modo “quando una qualsiasi società deve darsi delle nuove regole è bene che ognuno degli attori chiamati a decidere si nasconda dietro un velo di ignoranza in modo tale da non sapere se alla fine farà parte di coloro che dalle nuove regole avranno privilegi oppure ne resterà immancabilmente escluso”. Questo principio secondo Rawls è l’unico in grado di garantire che vi sarà una reale equità.
Il prof. Bonadonna ha infine riassunto la professione medica in una frase che agli esordi della propria carriera aveva visto allo Sloan Kettering di New York “Qui dentro pochi lavorano incessantemente affinché molti possano vivere”.
lbuttinifilos@alice.it

 







 




 

 

 

 

 
 
 
       

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